Cosa può accadere ad una fidanzata quando, per la prima volta, incontra i genitori del proprio compagno durante il più classico dei pranzi in famiglia?
E’ quello che viene raccontato con occhio cinico e spietato da Laura Girolami la quale, oltre ad essere regista cinematografica, si è cimentata in alcuni ben riusciti esperimenti teatrali, l’ultimo dei quali ‘Pranzo a Casa dei miei’ andato in scena al Teatro Lo Spazio fino all’8 dicembre.
Lo spettacolo inizia un po’ in sordina e lascia lo spettatore in attesa di capire cosa stia per accadere. Le frasi che si scambiano i due genitori nei primi minuti sono leggermente ‘stonate’, lasciano fin da subito l’impressione che qualcosa non vada per il verso giusto, ma tutto ciò a cui si pensa è una totale astrazione del padre ed uno spiccato senso di protezione della madre nei confronti del figlio che sta per arrivare con la nuova fidanzata.
Da qui in poi, in un crescendo di follia, si arriverà alla tragica conclusione.
Il dipanarsi degli eventi lascia sempre di più l’amaro in bocca, nonostante alcuni momenti veramente esilaranti. Il meccanismo è talmente ben architettato che, alla fine, sembra quasi normale il fatto che Daniela (Eleonora Vanni) sia una spietata serial killer che uccide vicini e venditori porta a porta per motivi meno che futili e che suo marito (Fabio Galadini, che dello spettacolo è anche regista) assecondi questa situazione perché, come dice al figlio Fabrizio (Jacopo Fazzini), la ama e quindi che altro può fare?
E così la povera Viviana (Roberta Aiolfi), si trova ad affrontare una situazione fuori dalla sua portata ancor prima di capire che cosa stia succedendo sul serio.
Viviana, le cui enormi colpe sono quelle di avere un nome sgradito a Daniela, di aver dovuto abbandonare gli studi a causa della sua vita difficile, di essere una fervente cattolica e di indossare abiti inguardabili, si scontra con una famiglia apparentemente perfetta, dove la cultura la fa da padrona e l’ipocrisia cozza coi modi schietti e sinceri della ragazza, rea di non essere all’altezza di Fabrizio secondo i rigidi canoni imposti dai suoi genitori.
Durante la messa in scena si assiste, tra l’altro, alla trasformazione di questo figlio cresciuto secondo criteri pesantemente radical chic e che passa dall’essere desideroso di spiccare il volo liberandosi dai preconcetti inculcatigli dalla famiglia di origine, all’essere fermo e deciso nelle sue scelte, fino ad intraprendere il percorso inverso per tornare il bimbo descritto all’inizio durante il primo dialogo tra i genitori, tirando fuori il peggio di sé.
La falsa leggerezza che contraddistingue questa commedia dal sapore acido e che fa venire in mente piccoli gioielli cinematografici come ‘La signora ammazzatutti’ o ‘La famiglia omicidi’ abbandona il palco un attimo prima del finale quando, di leggero, non rimane davvero più niente.
Tutta la follia accumulatasi, tutti i rancori ed i risentimenti esplodono all’improvviso lasciando lo spettatore interdetto, come è giusto che sia.
Una delle battute più riuscite è quella pronunciata da Galadini mentre Viviana, la sottovalutata e bistrattata fidanzata, arriva all’esasperazione: ‘La mediocrità uccide‘, ed è proprio quello che la mediocre ragazza fa.
Bravi Fabio Galadini ed Eleonora Vanni, ma un plauso va senza dubbio alla giovane Roberta Aiolfi che veste perfettamente i sofferti panni di Viviana e, soprattutto, a Jacopo Fazzini la cui naturalezza e la fortunata mancanza di un troppo diffuso manierismo nella recitazione, fanno del suo Fabrizio un personaggio quanto mai credibile.