Come immaginano il Natale in Brasile? Esattamente come noi, con tanto neve e slitta (a 40°C). La samba delle feste del Sior Mirkaccio: intervista.

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Cranio glabro, baffi ottocenteschi, pallore lunare e occhi azzurri segnati con la matita nera. Ed è proprio così, come si legge nella sua biografia ufficiale, che Sior Mirkaccio (all’anagrafe Mirko Dettori) ci fa entrare nel suo antro romano, quella Conventicola degli Ultramoderni che da qualche anno è diventata la sua seconda casa, anzi anche qualcosa di più. Un luogo senza tempo, o meglio un ambiente che il tempo lo scrive da sé e in cui l’atmosfera rarefatta riporta in vita spettacoli e racconti del secolo scorso.

Davanti ma soprattutto dietro il palco, la sensazione è quella di attraversare una cortina invisibile che trasporta altrove. Grazie alla musica, ovviamente, ma anche a una serie di dettagli che costruiscono un mondo dal sapore lontano. L’occasione per chiacchierare con Sior Mirkaccio ce la offre Natale d’Estate (follia del Brasil), il recente singolo in digitale interpretato da Madame De Freitas che ne ha anche ispirato la nascita.

Sior Mirkaccio
Foto da Ufficio Stampa 361comunicazione

“Dovete sapere che questa straordinaria artista, con cui mi pregio di lavorare da anni e con cui ho aperto questo locale, è brasiliana”, ci spiega Mirko. “Una volta mi raccontò com’è il Natale in Brasile e l’immaginario è invernale come il nostro. C’è Babbo Natale in spiaggia, a 40 gradi, vestito come lo pensiamo noi, viene dalla Lapponia … mettono la neve finta sui tetti delle case, ci sono degli alberelli di Natale. Insomma ci sono dei rimandi natalizi in spiaggia, una cosa assolutamente inimmaginabile!”.

“Allora ho pensato di scrivere questa canzone che nasce quattro o cinque anni fa per i nostri spettacoli di Natale. Cercavo un brano che suonasse come un classico, con un recitativo iniziale come si utilizzava negli Anni Trenta, nelle canzoni di Giovanni Danzi e nelle canzoni da rivista che portava in scena Wanda Osiris. E poi c’è questo samba che parta all’insegna dell’esotismo un po’ all’italiana”.

Una samba per Natale

Così, se il Brasile guarda alla tradizione invernale del nostro Natale, noi guardiamo ai suoni brasiliani come in un gioco di specchi. “Eh sì, è proprio la formula del varietà e della contaminazione che c’era agli inizi del secolo scorso”, conferma Sior Mirkaccio. “Quando l’esotismo era il tema ricorrente negli spettacoli di teatro di rivista, nei varietà e nei caffè. Quando sulla fine dell’Ottocento si è cominciato a viaggiare, e poi col Novecento anche a volare, i pochi fortunati viaggiatori tornavano a casa con molte chincaglierie. Quelli che oggi sono i souvenir e allora erano dei veri e propri reperti che venivano esposti. Il clima era di grande curiosità verso il resto del mondo e lo vediamo anche in musica e in pittura”.

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A proposito di arti visive, ad accompagnare Natale d’Estate è un videoclip arricchito dalle illustrazioni di Fefè Catarinelli. “Le illustrazioni danno la possibilità di accedere al brano con più facilità”, ci dice l’artista. “Non essendo proprio un reggaeton con il rap in mezzo, le immagini danno la possibilità di poterlo ‘guardare’ e entrare dentro questo clima. Poi, sai, quando scrivo le canzoni penso che già che la musica e le parole per come sono scritte sul foglio bastino da sé ma la loro rappresentazione visiva è un compendio in più. Devo ringraziare l’immaginazione di Federico Catarinelli che ha interpretato perfettamente il nostro spirito. Quindi tutto suona anche poetico ma soprattutto simpatico, senza pretese”.

Traendo spunto dal sottotitolo, follia del Brasile, chiediamo cosa rappresenti la follia nella creazione artistica. “Pensare al termine ‘follia’ per il sottotitolo è stato normale, perché fa parte del repertorio di parole immaginifiche della storia del varietà. Certo, poi, del concetto di follia si può parlare a lungo ma a me sinceramente non piace tanto l’idea di mettere della follia, a me piace parlare di normalità”, risponde Mirko.

“Io penso che si debba divulgare il fatto che ci sia una normalità e non una supposta anormalità”, spiega. “Perché quando tu individui una follia significa che la releghi la tua normalità in un altro spazio e metti la follia fuori dall’ordinario. Invece, secondo me si possono avere vite che possono essere considerate folli dai banali ma essere vite assolutamente normali e anche molto serie. Perché suonare è una cosa seria, non si fa dall’oggi al domani. Anche il fatto di fare questo tipo di spettacolo è una forma di generosità, di missione che abbiamo verso il prossimo perché la nostra vita, altrimenti, è totalmente inutile”.

“O almeno la mia vita è utile solo nel momento in cui io riesco a portare un sorriso e far distrarre la gente da un problema che ha”, afferma sicuro Sior Mirkaccio. “Il mio ingrediente è questo, è la mia normalità, questo è il mio lavoro e questa è la cosa con cui, con abnegazione, lavoro da anni e non credo che sia folle credo che sia normale”.

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Credo che sia da folli, invece, buttare via la propria vita rincorrendo delle vane chimere, senza riuscire a raggiungere neanche uno scopo nella concretezza”, continua Mirko. Credo che sia da folli consumare l’ultimo prodotto uscito e pascersi del consumismo perché con i soldi che la gente si spende per comperarsi delle scarpe che non valgono niente potrebbe vedersi un concerto, andare a teatro… si potrebbero fare tantissime cose. Per me quella è una follia, la follia della nostra società. Qua dentro c’è la normalità e noi vogliamo riportare la normalità”.

“C’è differenza tra leggerezza e superficialità perché la leggerezza può avere anche profondità e si può andare in profondità con leggerezza”, prosegue Mirko. “Le nostre vite sono molto intense e piene, simbolicamente vitali. Veramente io credo di campare da tempo una vita che vale la pena vivere, e questa credo che sia il più grande regalo che abbia mai ricevuto. Questa è la mia normalità”.

Il pubblico e l’esperienza dal vivo

Ma che tipo di pubblico frequenta la Conventicola degli Ultramoderni? “Nella mia esperienza personale, vedo tantissimi giovanissimi anche appena maggiorenni. E quando vengono nel mio locale restano tutti molto colpiti tanto che poi ritornano”, risponde Mirkaccio. “Non c’è niente di male nell’usare le tecnologie ma una cosa non esclude l’altra ed è inutile attaccare una o trascurare l’altra. A vedere i miei spettacoli sono venuti anche artisti noti che magari non seguo ma, per esempio, ogni tanto viene Carl Brave, ci venivano spesso i Måneskin tempo addietro, Motta, Le Vibrazioni”.

Sior Mirkaccio madame de Freitas
Foto da Ufficio Stampa 361comunicazione

“Di televisione non ho ne fatta molta, anzi ho rifiutato anche alcune cose perché mi parevano trash e non sembravano valorizzarmi”, prosegue a proposito del suo percorso. “Ne ho accettate altre alcune molto interessanti e altri di cui non mi vergogno ma che non per forza ho amato. Sono sempre stato un po’ il promotore di me stesso, quindi sono sempre a cercare locali e a fare centinaia di date all’anno, non ne tengo più il conto ormai. Ogni cosa ti insegna e quello che poi porti sul palco è il ritmo che viene dalla musica, viene dal teatro, viene dal fare e dal saper gestire gli spazi di comunicazione sul palco.

“È tutto un bagaglio di esperienze che serve per avere disinvoltura e non cedere a nessun tipo di preoccupazione”, spiega Mirkaccio. “Poi magari canti sempre le stesse canzoni ma ogni volta si caricano energeticamente anche di tutto quel vissuto”.

“Noi abbiamo veramente una vita molto molto fortunata rispetto a tanti altri nostri colleghi”, osserva quindi l’artista. “La scelta di avere aperto questo locale ci ha dato la possibilità, anche in questi momenti di carestia, di avere un nostro posto dove continuare ad esibirci. Poi sono anche un grande spettatore, quasi tutte le settimane vado all’Auditorium a Roma vedere l’orchestra. La musica si ascolta dal vivo, in particolare quella classica ma anche quella che facciamo qua. È bello che sia il video o la registrazione però non esiste il paragone: l’arte 360 gradi è dal vivo”.

I giovani e la gavetta oggi

Capitolo talent e gavetta negli anni Duemila. “Dipende di che artisti trattiamo. I cantanti che non sono anche musicisti possono avere inizialmente il problema di trovare chi suoni con loro. Chi, invece, fa jazz, per esempio, entra in ambienti e repertori condiviso anche frequentando le jam session che comunque esistono, anche se sembra una roba un po’ da carbonari. In Italia, poi, c’è un po’ questa logica del karaoke per cui il cantante fa un video che funziona su Instagram con la base. E si crogiola del cantare su questa base”.

“Senza contare il fatto che pensiamo sempre se canta bene o canta male. Noi italiani siamo melomani e guardiamo la voce ma cantare non è solo appiccicare parole su una base”, continua Sior Mirkaccio. “E la voce non è altro che uno dei tanti ingredienti che fanno parte del suono di una canzone. Detto questo, chi vuole affrontare la musica seriamente oggi deve guardare con speranza a questo mondo ma deve guardare fuori dalla sua cameretta e dai social. Affidiamoci alle nuove tecnologie per scoprire cosa c’è in città e andiamo ad ascoltare la musica dal vivo”.

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Sior Mirkaccio
Foto da Ufficio Stampa 361comunicazione

“La musica non va capita, va ascoltata per entrare dentro il sogno”, sostiene l’artista. “Il nostro stato deve essere quello del bambino che si libera delle sue sovrastrutture, si immerge nello spettacolo, nel suono e nella fantasia. In ciò che è fuori dall’ordinario e dalla quotidianità, e questo si realizza solo con l’esperienza immersiva dal vivo non certo virtuale. Ma basta mettere il naso fuori di casa e di opportunità immersive ne trovi dietro l’angolo se sai guardare con curiosità il mondo. Dipende da quanta profondità hai nel guardare la tua realtà anche se la tua realtà è piccola, anche se è oppressiva. All’interno puoi trovare tutto quello che vuoi, dallo psicodramma alla comicità”.

Infine, uno sguardo all’anno nuovo. “Allora anno nuovo, solita vita: spettacoli, musica, varietà e burlesque”, ci risponde sorridendo. “Poi voglio fare uscire alcuni brani che ho finito di registrare di cui siamo ultimando i dettagli. Ho registrato 22 brani che ho scritto nel corso di sette anni di vita, dal mio ultimo spettacolo al Salone Margherita, Elisir, al nuovissimo spettacolo alla Conventicola degli Ultramoderni”.

“Uscirà poi un libro con 22 testi in forma poetica, 22 illustrazioni di Fefè Catarinelli e un’ampia postfazione in cui racconterò un po’ di aneddoti. Ma il primo appuntamento, ci tengo moltissimo, è il 13 di gennaio, in via Baccina 32 nel rione Monti a Roma. Ci sarà la manifestazione Evviva Petrolini con cui vogliamo celebrare questo grande artista. Musica e spettacoli itineranti per le vie del quartiere. Venite che vi aspetto!”, è l’invito con cui ci salutiamo.

Foto da Ufficio Stampa 361comunicazione