Dal 14 aprile su Canale 5 al via la serie ‘Il Patriarca’ con Claudio Amendola, che è anche regista. La nostra intervista.

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Debutterà il 14 aprile su Canale 5 la serie tv Il Patriarca, che segna il ritorno di Claudio Amendola alla fiction Mediaset. Sei prime serate per raccontare la storia di una saga familiare, in cui Amendola ricopre il ruolo del protagonista Nemo Bandera ma anche quello di regista. Prodotto da Camfilm e presentato da Taodue – Mediaset Group, Il Patriarca racconta la storia di un carismatico imprenditore, Nemo Bandera, che ha portato la Deep Sea a diventare una delle aziende più importanti della Puglia. In parte grazie alla sua abilità negli affari, ma anche grazie a traffici illeciti che hanno la base nel porto della sua città, Levante. La vita di Nemo viene però improvvisamente sconvolta dalla scoperta di essere malato e dalla consapevolezza che, a breve, non sarà più in grado di portare avanti le sue attività. La serie, in questo senso, affronta dunque due importanti intrecci narrativi: la sete di potere e l’importanza degli affetti familiari.

«La sfida più stimolante è stata raccontare la malattia. – ci dice Claudio Amendola – Approcciarmi a questa fase della malattia, che ovviamente nella serie è ancora all’inizio, interpretando però quello smarrimento, quella presa di coscienza del cambiamento. Non sei più la persona che sei sempre stato, affrontare questo tema è stato affascinante. Il risultato a me sembra buono. Penso di aver interpretato questo passaggio con il dovuto rispetto per chi questa disgrazia la vive sulla propria pelle. Sono molto contento di come abbiamo confezionato e raccontato questa storia».

Il Patriarca: potere e famiglia

Sui vari temi centrali del racconto, Amendola confessa che – in termini di regia – ha provato a «modulare» l’approccio «a seconda delle scene che stavamo affrontando». «Non volevo perdere di vista il fil rouge sentimentale di questo personaggio, che secondo me è la ricerca del bene. – continua Amendola – In qualche modo, cerca l’espiazione per la sua vita passata. Prova sentimenti verissimi e forti per i figli, per la moglie, per il passato. Con la stessa forza, però, non cede la mano nell’affrontare la parte oscura e crime. Questo leone ferito non accetta di essere stato colpito a morte e cerca di combattere, senza lasciar trasparire all’esterno le proprie fragilità».

Una gestione della regia che non è figlia di alcuna ispirazione, come ci confessa l’attore. «Una volta Mastroianni mi disse Diffida degli attori che entrano nella parte. Ma io diffido anche dei registi che si ispirano ad altri. – precisa – Secondo me bisogna non pensarci troppo e mettere in scena la storia per quelli che sono i tuoi sentimenti. Se uno dovesse sempre cercare un’ispirazione, non troverebbe mai la sua. L’ispirazione vera».

Nemo Bandera e l’Italia

Ciò che ha maggiormente affascinato Claudio Amendola del personaggio di Nemo Bandera è stata, in fondo, «la sua nuova fragilità». «Scopre la malattia e si deve rapportare a una nuova vita e a un nuovo Nemo. – spiega il regista – È la sfida più grossa, ma contiene tutta una parte di sentimenti di dolore verso i figli che a me colpisce sempre molto, mi tocca. Nemo è un padre che si rende conto di aver sbagliato e cerca in tutti i modi di chiedere scusa e recuperare. Io da padre non ho fatto questi errori gravi, ma ho sempre cercato di dire ai miei figli che non sono un superuomo. Gli errori si fanno e a volte vanno pure perdonati. Ecco, Nemo si dovrebbe perdonare un po’ di più».

In questo melting pot di sentimenti, l’Italia fa solo da contorno. «Non penso mai che la fiction o anche gran parte del cinema debbano essere portatori di lezioni e trattati sociologici. – ci dice in conclusione Amendola – Forse si devono limitare a raccontare e emozionare tramite le storie. Non mi piace fare un parallelo così alto con il paese. Raccontiamo una storia fatta di sentimenti, di persone, in un’Italia che è la nostra. È il paese che viviamo con pregi, sempre meno, e difetti che crescono. Ma non voglio dare un peso diverso al lavoro che abbiamo fatto. È un lavoro di intrattenimento».