Siamo stati nella DMZ, la Zona Demilitarizzata Coreana: un tour turistico tra storia (recente), tunnel e osservatori.
Se siete in viaggio in Corea del Sud, una delle gite giornaliere che vi verrà proposta con più frequenza è la visita alla cosiddetta ZDC o DMZ, la Zona Demilitarizzata Coreana. Lo premettiamo subito: arrivarci da soli e con le proprie forze è impossibile. Per entrare nella DMZ è infatti necessario un permesso (oltre al vostro passaporto) e c’è un limite giornaliero agli ingressi concessi. Di fatto, l’opzione migliore è dunque quella di prenotare una visita organizzata in gruppo, con la vostra guida che si occuperà di rimediare ufficialmente i permessi.
In realtà, non sorprende il fatto che non si possa passeggiare in autonomia nella zona demilitarizzata coreana: si tratta a tutti gli effetti di un cuscinetto tra Corea del Nord e Corea del Sud. Una striscia di terra predisposta dall’accordo di armistizio coreano – l’armistizio di Panmunjeom (판문점) – che fu firmato nel 1953 dalle due Coree e che pose fine alla guerra, dividendo in due la penisola. Si tratta di un’area lunga 250 chilometri e larga 4, che negli anni si è resa anche protagonista di incidenti diplomatici e militari.
Se chiedete alla guida (io l’ho fatto) come mai abbiano scelto di renderla così turistica, considerando la sua storia, potreste ricevere una risposta incredibilmente cinica. «Abbiamo imparato dall’Occidente a guadagnare su ogni cosa», mi ha risposto Joe con ironia. Difficile dargli torto, ma – anche per questo – va sottolineato che la visita alla DMZ per alcuni potrà risultare a conti fatti poco autentica: tutto sembra confezionato ad uso e consumo per i turisti e l’impressione è che la parte più vera dell’area sia opportunamente nascosta agli sguardi.
Un giorno nella DMZ, la Zona Demilitarizzata Coreana: l’Imjingak Nuri Peace Park
Prima di entrare nella DMZ coreana, non a caso, l’intera carovana di turisti fa uno stop obbligato all’Imjingak Nuri Peace Park.
Ci troviamo a ridosso del confine, nella città di Paju (파주시), all’interno della popolatissima provincia del Gyeonggi. Qui l’atmosfera è cacofonica. Da un lato c’è il tema della memoria, immagini di guerre e morti che pesano sulla coscienza. Dall’altro l’area vi dà il benvenuto con chioschi-esca per i turisti (in uno di questi è possibile acquistare a caro prezzo cimeli nordcoreani) e persino un luna park, il Pyeonghwa Land.
Il Nuri Peace Park – nello specifico – fu costruito nel 1972 «come un sito turistico di sicurezza – si legge sul sito – per riflettere sulla dolorosa storia della divisione nazionale e mostrare aspirazioni alla riunificazione nazionale. Imjingak, così come altri siti simbolici come il ponte ferroviario Imjingang, il Ponte della libertà, l’Altare Mangbaedan (dove i nordcoreani sfollati rendono omaggio alle loro famiglie nel Nord) e la campana della pace attirano milioni di turisti ogni anno».
Il Ponte della Libertà, il Treno della Pace e la funivia
Troverete tutto questo e molto altro nel Parco Imjingak, dove sosterete per un’oretta facendo in tempo a dare una rapida occhiata a ogni statua e monumento. Il Ponte della Libertà, in particolare, è un vecchio ponte ferroviario sul fiume Imjin usato dai soldati di ritorno dalla Corea del Nord. Fino al 1998 era l’unico punto di uscita nel settore occidentale della DMZ oltre al Liberty Bridge (che era controllato dall’esercito sudcoreano).
C’è poi anche ciò che resta del cosiddetto Treno della pace, l’ultimo treno ad attraversare il confine tra Corea del Sud e Corea del Nord. La locomotiva (distrutta dalle forze statunitensi per evitare che il treno cadesse nelle mani dei nordcoreani) rappresenta proprio l’attuale chiusura del confine. Se avete tempo, una delle experience da provare in questo luogo è la cosiddetta DMZ Gondola, una funivia (anche questa della pace) che – passando sopra il fiume Imjin per circa 850 metri – vi porta a Camp Greaves, base della 506esima Second Infantry Division statunitense, che qui ha operato per 50 anni dopo la fine della Guerra Coreana. Nel 2007, è tornata nelle mani della Corea del Sud ed è diventata una struttura visitabile. Oggi ospita anche un ostello della gioventù, il primo per civili a Paju.
Le due Statue della Pace
Tutto sommato, l’Imjingak Park è una buona introduzione a quello che vedrete nella DMZ: c’è tanta storia recente raccontata da altrettanti molteplici protagonisti. Gli Stati Uniti, le due Coree ma anche il Giappone: qui troverete ben due Statue della Pace (평화의 소녀상), note come Sonyeosang e anche come Comfort Woman Statue. Sono presenti ovunque – in Corea del Sud e non solo – come simbolo delle vittime di schiavitù sessuale perpetrata dall’esercito giapponese durante la Seconda Guerra Mondiale. La prima è stata installata a Seoul proprio di fronte all’ambasciata giapponese nel 2011: un monito silente per costringere il governo nipponico a scusarsi e omaggiare le vittime. Nel parco Imjingak ce ne sono due: una è per la Corea del Sud, l’altra è in attesa di essere accettata dalla Corea del Nord.
Finalmente nella DMZ, la Zona Demilitarizzata Coreana
Dopo un intenso e ricco giro a Paju, siete dunque pronti a proseguire in direzione Zona Demilitarizzata. La prima sosta è breve ed è uno stop obbligatorio per il controllo passaporti. Accertata la vostra regolarità, si arriva nel luogo adibito alla visita del terzo tunnel. Anche qui l’area è chiaramente un centro di promozione turistica. Nella stessa area troverete infatti monumenti, la DMZ Media Hall (una sala in cui un video vi spiegherà che il fine ultimo delle due Coree è quello di collaborare) e persino una postazione per le foto di rito. L’attrazione più interessante è appunto il terzo tunnel di aggressione, l’unico visitabile a patto che non si scattino foto.
Il Terzo Tunnel e il Dora Observatory
In totale nella zona delimitarizzata sono conosciuti quattro tunnel costruiti dalla Corea del Nord per infiltrarsi oltre il confine. Quello che visiterete è incompleto ed è stato scoperto nel 1978 in seguito alle confessioni di un disertore. Lungo più di 1000 metri, il tunnel si trova a più di 70 metri sottoterra. Inizialmente, la Corea del Nord ha negato di essere responsabile delle detonazioni. Ha in seguito sostenuto che si trattasse di una miniera di carbone, mentre la Corea del Sud lo ha chiaramente considerato un tentativo di aggressione. Potrete immergervi nel tunnel fino ad arrivare praticamente al confine e sarà questo l’unico brivido che proverete perché, in fondo, ciò che vi circonda è pietra e umidità.
La vera chicca del tour resta infatti il Dora Observatory, l’Osservatorio da cui godrete di una vista sulla Corea del Nord. Da qui – se la giornata è propizia – vedrete Gaeseong, Songaksan e la statua di Kim Il-Sung. Il goal per i turisti? Riuscire a fotografare la bandiera nordcoreana, che sventola con i suoi 160 metri di altezza. Il tour finisce qui, vi attende un ritorno frastornato lontano dal confine e la consapevolezza che in questa area la storia sia ancora tutta da scrivere. Nella speranza (imperitura) che il finale sia a lieto fine.
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