Si intitola ‘Who We Used To Be’ il nuovo album di inediti di James Blunt, in uscita venerdì 27 ottobre tra nostalgia, innocenza e futuro. L’intervista.
Anticipato dal singolo Beside You, venerdì 27 ottobre esce il nuovo album di inediti di James Blunt, dal titolo ‘Who We Used To Be’ (Warner Music). Un disco che arriva a quattro anni dal precedente progetto in studio – ‘Once Upon A Mind’ – e dopo una raccolta di successi che contiene brani multiplatino che sono veri e prori evergreen del pop cantautorale. Un disco adulto, come lo definisce lo stesso Blunt, e carico di nostalgia fin dal suo titolo.
Perché ‘Who We Used To Be’?
Ho pensato che fosse un titolo adatto all’atmosfera nostalgica dell’album. Lavoro nella discografia ormai da 20 anni e mi ci sono affacciato da giovane, con un sogno. Era, insomma, l’età dell’innocenza e della speranza che il mondo non fosse pieno di divisioni, di odio. Avevamo così tante domande e ora, dopo aver scritto grandi successi per due decenni, arrivo a questo nuovo album con alcune di quelle domande da giovane che hanno avuto risposta. Domande come: cosa farò? Dove andrò? Chi incontrerò? Beh, sono diventato un musicista e ho incontrato una donna con cui spero di vivere per il resto della mia vita.
Quelle sono domande che hanno avuto risposta, quindi il mio posto nel mondo oggi è cambiato un po’, come succede a chiunque della mia età, come a tutti. E non posso più pensare solo a me o a scrivere canzoni d’amore per sconosciute come You’re Beautiful; ho dei figli, quindi devo pensare ad altre persone invece che a me stesso. Devo anche prendermi cura dei miei genitori che stanno invecchiando, per esempio. D’altra parte, non ci sono certo tutte le risposte e forse ho anche più domande. Per questo, nei testi c’ò un senso di nostalgia riguardo al posto in cui mi trovo adesso. Credo sia un album adulto, un album per un adulto, in cui c’è nostalgia ma non malinconia perché non c’è tristezza. La nostalgia implica anche speranza, amore per il passato e speranza per il futuro.
Dove affonda questo sentimento, in particolare? Quando ha iniziato ad avvertirlo?
In questi ultimi anni sono successe un po’ di cose. Intanto, la mia etichetta discografica ha pubblicato un mio Greatest Hits, il mio contratto per sei album era giunto al termine e poi c’è stata la pandemia che non mi ha permesso di fare tour. Tutto ciò, presumibilmente, significa che è la fine della tua carriera. È successo, poi, che mi hanno chiamato per propormi un nuovo contratto quindi mi è stata data una nuova vita ma so bene che nessuna di queste canzoni entrerà in un best of.
Se cerchi James Blunt, di certo non troverai questi brani che per me sono come tracce bonus nella mia vita. Per me, questa, è una specie di liberazione: significa che posso scrivere canzoni non pensando al pubblico o ad assecondare la mia etichetta ma posso scriverle per me, guardandomi allo specchio con innocenza. Questo dà alle canzoni un senso di onestà e integrità che non sentivo da tempo, unite a una nuova urgenza nella scrittura.
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Ci sono altri termini che userebbe per descrivere questi brani?
Sono canzoni molto aperte e molto crude, più adulte appunto. Come dicevo, sono il ragazzo che ha scritto You’re Beautiful riguardo a una ragazza vista per un secondo nella metropolitana, ma ora sto con la donna dei miei sogni con cui spero di vivere per sempre. Quindi, sai, devo scrivere dichiarazioni mature rispetto a testi dell’adolescenza in cui canti la speranza di avere una persona vicino. Io quella persona l’ho trovata, ho tutto l’amore di cui abbia mai avuto bisogno, come canto in All The Love That I Ever Needed.
Se per una donna vista solo un minuto, uno scrive la canzone della vita, capisco che la donna della mia vita si aspetti qualcosa di grande (sorride, ndr). Fortunatamente non sono sotto pressione a casa, eh, perché altrimenti sarebbe troppa! A mia moglie, poi, in questo album è dedicato anche il singolo Beside You, che racconta una connessione speciale, la sintonia con una persona con cui ballare per il resto della vita.
In ‘Who We Used To Be’ ci sono, però, anche canzoni che raccontano momenti di rottura come Last Dance e Cold Shoulder.
Guardandomi attorno, vedo molte persone della mia età che si rendono conto che la giovinezza è alle spalle e che sogni di ieri in qualche modo li stanno lasciando. E vedo anche molti dei miei amici capire che l’amore che sognavano non diventerà mai realtà. Last Dance parla proprio di questo, di quanto la vita sia davvero breve e di come, raggiunta l’età adulta, il tempo vola. Se non agisci ora, questi momenti se ne andranno, insieme ai sogni, e restano sono le difficoltà che le persone hanno nella quotidianità.
A proposito di quotidianità e di sentimenti umani, l’odio sembra ormai essere il sentimento prevalente se guardiamo ai conflitti in corso. Come si pone davanti a notizie di tale genere?
Sono un cantante non un politico principalmente, ma sono anche un ex soldato e un essere umano. La mia esperienza in prima persona è limitata al Kosovo ma penso che sia molto simile a quello che sta succedendo in Ucraina e Israele. Si tratta sempre di atti di violenza che sono propagati dal male e sono solo i civili innocenti a soffrirne. È una cosa terribile. Provo una grande tristezza anche per il fatto che il nostro mondo sembri spingerci a opinioni estremiste e ancora di più per il fatto che i nostri politici sembrano dividerci in un modo che finisce sempre e solo in tragedia.
Ciò che è bizzarro, poi, è che come esseri umani dovremmo provare le stesse emozioni e coltivare compassione e gentilezza reciproche. Eppure quando siamo nelle nostre tribù, nelle nostre bande e nei nostri partiti politici, allora sembra che dimentichiamo la capacità di comprendere la prospettiva dell’altra parte. Mancano umanità, amore e compassione.
Nel disco spicca The Girl That Never Was, dedicate a una bambina mai nata. Ce ne parla?
Cerco sempre di mantenere la mia vita privata un po’ privata anche a costo di sembrare ambiguo ma credo che la canzone sia qualcosa in cui molte persone possono identificarsi. Ho avuto la fortuna di sposare la ragazza dei miei sogni e avere una famiglia ma lungo il percorso ci sono alcune battaglie che abbiamo perso e difficolta da affrontare. La cosa più sorprendente di questo brano è stato ricevere feedback da altre persone, che hanno vissuto storie molto simili o anche molto più traumatiche, e ritrovarcisi.
Ascoltarle per me, come musicista, è la cosa più gratificante: sentire che le persone esprimono le stesse emozioni, non importa di quale nazionalità siano, che colore della pelle abbiano o quale sia la loro religione. Viviamo le stesse sensazioni: speranza, felicità e perdita. Avere quel feedback è davvero un’esperienza straordinaria e gratificante. Non so se la musica può cambiare il mondo ma so che fa qualcosa che i politici non possono fare: riunisce davvero gli sconosciuti. E questa è una sorta di magia.
Come è nata l’idea della copertina?
È una foto scattata da mio padre quando avevo 10 anni, aveva costruito lui quel piccolo aliante per me. Eravamo nello Yorkshire all’epoca, quando mio padre era nell’esercito e ci spostavamo ogni due anni. Beh, dobbiamo aver lavorato un po’ sull’immagine perché il nord dell’Inghilterra è solitamente grigio e piovoso, quindi lo abbiamo reso un po’ più soleggiato. Ho scelto proprio questo scatto perché cattura l’innocenza, quel momento da bambino in cui è senza oscurità, c’è solo innocenza. Suppongo che fosse un momento felice. Chissa che fine ha fatto quell’aliante… devo averlo rotto, mio padre pensa che sia ancora in soffitta da qualche parte.
Come ha vissuto, da bimbo, i trasferimenti frequenti?
Ricordo che ogni paio d’anni ci trasferivamo: ho vissuto a Hong Kong, a Cipro, in Germania, nel nord e sud dell’Inghilterra. Ogni volta che ci spostavamo, quando si arrivava negli alloggi mia madre ci buttava fuori dalla porta e diceva a me e a mia sorella di bussare alle porte dei vicini per cercare altri bambini della nostra età. Così facevamo: bussavamo e se c’erano dei coetanei diventavano nostr amici per i due anni successivi, poi addio. Tutti i bambini dell’esercito facevano così w ho tanti tanti migliori amici che ora non so dove siano né cosa facciano. In fondo anche oggi non è tanto diverso: sono abbastanza nomade e, come musicista, vivo su un tour bus con sedici uomini. Sempre in viaggio.
A proposito di passato e nostalgia, se potessi tornare indietro nel tempo c’è qualcosa che cambierebbe o farebbe diversamente?
Beh, sì, lo faremmo tutti credo. Però sono stato davvero fortunato perché il sogno è diventato realtà esattamente anche se non esattamente nel modo che immaginavo. Sai, pensavo che sarei diventata una rockstar e invece sono diventato una popstar (sorride, ndr). Avrei potuto fare meglio certe cose? Sì, potrei suonare allo stadio invece che nelle arene, per esempio. Ma se mi guardo indietro non ho rimpianti, mi sto divertendo moltissimo e sono un uomo fortunato. Inizierò a breve un tour mondiale e a marzo 2024 (il 2 al Mediolanum Forum di Assago, MI) verrò anche in Italia. Sarà fantastico.
Oltre al disco, sta lavorano anche a un libro: cosa può anticipare in merito?
In Inghilterra c’è una frase secondo cui tutti hanno almeno un libro dentro di sé. Forse avrei dovuto tenere quel libro dentro di me (sorride, ndr)… si intitola Loosely Based On A Made-Up Story (Liberamente basato su una storia inventata, ndr) ed è un non-memoir perché a differenza della maggior parte degli autori che cambia i nomi per proteggere gli innocenti, io ho mantenuto i nomi e ho modificato la storia.
Foto da Ufficio Stampa