Al di là del gameplay, ‘Forspoken’ punta sulla narrazione: la sua protagonista, Frey, è un’eroina alla ricerca del proprio posto nel mondo.
Dopo una lunga attesa, Forspoken è finalmente uscito il 24 gennaio 2023. Il videogioco action RPG pubblicato da Square Enix e sviluppato da Luminous Production si porta dietro un massiccio apparato grafico, che lo rende fruibile solo su PC e PS5: un’esclusiva dunque (che durerà due anni) che ha reso ancora più elevate le aspettative dei videogiocatori. Non è un caso che sul gameplay siano già state scritte intere pagine, tra elogi della modalità di combattimento fantasy e qualche critica alle funzionalità dell’open world. A colpire, tuttavia, è a mio parere l’elemento narrativo del videogioco, che pone al centro dell’avventura di Forspoken una giovane donna. E non una donna qualunque.
Da un punto di vista puramente generale, in questo senso Forspoken rappresenta un ulteriore passo in avanti nell’evoluzione videoludica della riscoperta delle eroine. Rimanendo esclusivamente sulle esclusive PlayStation degli ultimi anni, è una visione che ha coinvolto in primis titoli come Horizon Zero Dawn e Assassin’s Creed. L’epoca delle principesse da salvare sembra agli sgoccioli a favore di storie di guerriere, salvatrici e combattenti in grado di impugnare armi e difendersi da sole.
Forspoken: chi è Frey Holland
Ma andiamo con ordine. La protagonista di Forspoken è Frey Holland, una giovane donna che deve imparare a controllare i suoi poteri magici per sopravvivere nella terra di Athia. Il background di Frey è particolarmente curato, tanto che il gioco sembra mantenere la sua promessa di essere anche e soprattutto cinematico.
La prima sequenza ci mostra proprio Frey – una donna cresciuta per le strade di New York senza soldi né amici – ormai priva di speranze. Frey è, di fatto, un invisibile della città statunitense. La incontriamo subito in un tribunale, intenta a difendersi davanti a un giudice. La sua vita cambierà poco dopo, quando scoprirà un bracciale magico parlante (soprannominato Cuff) che la trasporta nel bizzarro mondo di Athia. Improvvisamente, la sua vita cambia totalmente quando viene infusa di poteri magici e circondata da rovine antiche e creature corrotte.
Qualcuno ha notato l’uso di un classico pattern narrativo: quello dell’eroe orfano e senza futuro che scopre, all’improvviso, di avere radici o missioni di cui non sospettava minimamente. Non è un’imitazione, ma il ricorso alla struttura del viaggio dell’eroe teorizzata dallo sceneggiatore Christopher Vogler, che a sua volta si è ispirato al libro L’eroe dai mille volti di Joseph Campbell (1973). Per fare qualche esempio, ritroviamo questa struttura in Harry Potter, in Guerre Stellari di George Lucas e nell’opera che probabilmente ne ha sancito le radici: Il Signore degli Anelli di Tolkien. Insomma, più che una scelta debole, la narrazione di Forspoken sembra aver attinto da riferimenti letterari e cinematografici altissimi: anche solo per le intenzioni, chapeu. In questo caso, però, il viaggio è dell’eroina. E questa sì che è una novità.
Il viaggio dell’eroina
Arrivata ad Athia, Frey si rende infatti presto conto che non sia una terra serena e pacifica. Eppure, anche qui – nella trama del videogioco – troviamo una predominanza assolutamente femminile. Un tempo, i reami di Althia erano governati dalle quattro Tantha, benevole matriarche dotate di straordinari poteri magici.
Le Tantha hanno utilizzato i loro doni per mantenere la pace e la prosperità, ma sono diventate distaccate e crudeli quando un’insidiosa corruzione (nota come la Rovina) ha ricoperto il territorio e trasformato in mostri tutte le creature viventi. Dato che Frey è immune agli effetti della Rovina, lei e Cuff riescono a raggiungere Cipal, l’ultimo bastione dell’umanità in cui risiedono i cittadini restanti di Athia. Al suo arrivo, una serie di eventi la spingono ad avventurarsi negli angoli più remoti del mondo. Suo malgrado, Frey è l’unica che può ridare la speranza ad Athia e alla sua gente.
Siamo dunque di fronte ad un’eroina che deve riportare la pace in una società matriarcale. La struttura narrativa è tuttavia ancora più complessa: da un lato Frey è un’eroina coraggiosa che si ritrova a vivere un’avventura straordinaria. Dall’altro è anche e soprattutto un’adolescente che deve affrontare paure e difficoltà tipiche della sua età.
Una speranza per la Gen Z
Frey ha infatti avuto una vita travagliata a New York: era senza direzione, si sentiva sola, persa. Il suo unico punto di riferimento era il suo gatto, Homer. Mentre sogna ad occhi aperti di fuggire via lontano, Frey viene trasportata attraverso un portale magico nella misteriosa terra di Athia. È proprio il mondo di Athia, ostile ed avverso, a diventare metafora di tutte le difficoltà che i giovani devono affrontare nella vita di tutti i giorni. Nello stesso tempo, il viaggio che Frey farà alla scoperta di questo mondo soprannaturale e delle sue sfide diventerà anche la chiave di volta per scoprire la sua vera identità e trovare la sua strada. Soprattutto, però, questa avventura sarà lo stimolo per capire che con o senza poteri magici lei resterà sempre l’eroina della sua stessa storia. E quale miglior messaggio per tutti i giovani alla ricerca del proprio posto nel mondo?
«Il personaggio di Frey – dice in proposito Ella Balinska, che le presta la voce – è autentico, naturale. È una ragazza che si è smarrita sia letteralmente che metaforicamente. È un personaggio in cui mi sono subito immedesimata e penso che sarà lo stesso per tutti coloro che partiranno per quest’incredibile avventura». In un’epoca videoludica dominata dall’eccesso, Frey sembra quasi parlare direttamente ai videogiocatori (soprattutto a quelli più giovani): una complessità interattiva non di facile lettura, perché l’interazione qui è catartica. E, al di là del gameplay e dei combattimenti, è un importante inizio che alza anche l’asticella sfumando inevitabilmente il confine (ormai sempre più vago) tra videogiochi e cinema.