Le api mellifere non stanno affatto sparendo: anzi, sono troppe

Il greenwashing finisce per fare più danni del cambiamento climatico? Sembra un assunto esagerato, eppure è proprio così. Il cittadino medio è convinto, da alcuni (parecchi) anni a questa parte, che le api siano in pericolo, una vera e propria specie in via di estinzione: lo insegnano ai bambini delle scuole primarie, aggiungendo a corollario che è colpa dei pesticidi, del cambiamento climatico, in ultima analisi dell’uomo e che questo avrebbe potuto seriamente compromettere il nostro futuro sul pianeta.

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Oggi scopriamo che non è propriamente così. E che anzi, a causa del disarticolato intervento da parte soprattutto di aziende interessate a mostrarsi il più green possibile, le api mellifere non sono in via di estinzione ma stanno diventando troppe, creando squilibri nell’ecosistema.

Api mellifere aumentate del 26%

Ad oggi, secondo i dati della FAO, il numero di alveari nel mondo è cresciuto del 26 per cento, passando da 81,4 a 101,6 milioni. Parliamo sempre di api mellifere, la cui presenza massiccia (storicamente documentata) sta iniziando a mettere a rischio migliaia di altre specie di api (ad esempio quelle selvatiche, che non fanno miele ma sono importanti impollinatori) e di altri insetti con cui le api occidentali entrano in competizione per le stesse risorse.

Non dimentichiamo infatti che dietro allo sfruttamento delle api mellifere c’è un giro economico miliardario.

L’idea che le api fossero in grave pericolo arriva dai primi anni 2000, come spiegato in un articolo del New York Times. Un apicoltore americano lanciò l’allarme sullo spopolamento delle arnie, un fenomeno studiato ma mai veramente compreso. Da lì partirono negli anni diverse campagne e ci fu anche una grande semplificazione dei concetti. La conclusione è che le api occidentali, che in letteratura scientifica vengono definite una specie controllata introdotta in modo massiccio, oggi superano di gran numero api selvatiche e altri insetti impollinatori, mettendoli a rischio.

La conclusione, che anche qui viene semplificata, è che spesso fare greenwashing è più facile che impegnarsi seriamente sui cambiamenti in ottica di sostenibilità, che sono complessi e prevedono grandi sforzi economici e organizzativi per essere accolti. Installare un’arnia sul tetto è sicuramente più semplice e meno impegnativo.

Fonte Il Post