Per l’Oipa è un esempio di «gestione illuminata»: il Parco Nazionale d’Abruzzo stringe sull’accesso ai sentieri per tutelare il camoscio.
Da sabato 29 luglio fino al 10 settembre – per la tutela del camoscio appenninico (Rupicapra pyrenaica ornata) – nel Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise (Pnalm) entrerà in vigore una particolare regolamentazione per l’accesso ad alcuni sentieri. «Ancora una volta la gestione di questo Ente Parco dimostra di essere seria e attenta alla difesa della fauna. – scrive in proposito l’Oipa (Organizzazione Internazionale Protezione Animali) – Un esempio per altri territori scrigni di biodiversità i cui amministratori non sembrano altrettanto attenti e, anzi, talvolta mettono in secondo piano la tutela degli animali selvatici e omettono di lavorare per una serena convivenza con loro». La regolamentazione del flusso turistico, che sarà a numero chiuso controllato, riguarderà i sentieri I1, F1, L1.
«La Val di Rose, il Monte Amaro e il Monte Meta sono cattedrali di biodiversità da visitare in punta di piedi, con quello stesso rispetto che si porta dinnanzi ad opere d’arte e monumenti del passato. – si legge nel sito web del Parco – Questi tre luoghi iconici del Parco sono habitat del camoscio appenninico, specie endemica simbolo del Parco, che riesce a prosperare in questi ecosistemi ricchi, complessi ma al tempo stesso fragili. Ecosistemi che rischiano di essere degradati, se non compromessi, dal carico derivante dalla grande affluenza turistica tipica dei periodi di alta stagione».
Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise e tutela del camoscio appenninico
«Il Parco in questo periodo introduce il numero chiuso controllato per gestire le presenze degli escursionisti sui sentieri più famosi e frequentati, in tal modo accordando le esigenze della conservazione con quelle della fruizione, e lo fa da oltre trent’anni. – osserva il presidente dell’Oipa, Massimo Comparotto – Si tratta di una gestione illuminata rispetto a quella di altre Amministrazioni che considerano secondaria la tutela della biodiversità rispetto alle attività umane e neppure attuano una seria politica di prevenzione per evitare eventuali danni determinati dalla fauna selvatica: circostanze che talvolta hanno causato gravi conseguenze sia per gli animali sia per gli umani».