Bisogna arrivare in Palestina, nel cuore di Betlemme, per ammirare quella che forse è l’opera più politica di Banksy. Non che lo street artist si tiri indietro quando c’è da farsi sentire, ma il Walled Off Hotel è indubbiamente un unicum nel suo genere. È, innanzi tutto, l’hotel con la vista più brutta del mondo. Un titolo a cui la struttura tiene particolarmente e che ben riassume il senso stesso della sua esistenza: l’hotel si trova infatti di fronte alla barriera di separazione israeliana e su di essa affaccia. È la stessa West Bank Barrier che si trascina tuttora dietro numerose controversie.
Il muro è infatti considerato dai palestinesi uno strumento di segregazione razziale e non è un caso che, su di esso, ormai vivano i colori di decine di murales di denuncia. Come un novello muro di Berlino, oggi sulla barriera sorgono volti – come quello di Shireen Abu Akleh, reporter di Al Jazeera uccisa nel 2022 in un raid israeliano in Cisgiordania – o messaggi. Dall’iconica scritta che recita Make Hummus Not Walls ai manifesti che raccontano storie di dolore e sofferenza.
Le stanze del Walled Off Hotel si aprono sul cemento di questa barriera e i colori dei murales sono l’unico panorama che conoscono. L’intento di Banksy, in principio, era proprio questo: realizzare un boutique hotel ricco di design che contrastasse con le linee aride del paesaggio al suo esterno. Realizzato nel marzo 2017 per essere semplicemente una mostra temporanea, l’hotel si è poi rivelato strategico per le intenzioni stesse dell’artista. Fa in modo che si parli della West Bank Barrier, richiamando migliaia di visitatori ogni anno. Banksy ha creato di fatto un paradosso, attirando il turismo in un luogo non turistico. Un cavallo di Troia potentissimo, veicolo di un prezioso messaggio per il mondo che spesso dimentica la tragica quotidianità di luoghi lontani.
Tecnicamente, la pratica ha un nome ben preciso: war tourism, turismo di guerra. Il pioniere di questa tendenza sempre più diffusa è ufficialmente considerato Willem van de Velde, pittore che nel 1653 osservò, da una piccola barca, la battaglia navale tra olandesi e inglesi per farne degli schizzi accurati. Curioso che secoli dopo l’arte in Palestina diventi il mezzo e non il fine. Non senza critiche, perché il confine tra turismo di guerra e sensibilizzazione qui è molto sottile e presta facilmente il fianco a feroci polemiche.
Ma, di fatto, non è detto che le due cose non possano andare di pari passo: il turismo crea infatti anche opportunità lavorative a Betlemme, che sta sicuramente soffrendo un isolamento territoriale generato dal conflitto. Nello stesso tempo, gli introiti generati dall’hotel ricadono su progetti locali. E, per quanto cupo nella sua posizione geo-politica, vi assicuriamo che l’hotel – al suo interno – è una vera eccezione. Al piano terra troverete una mostra interattiva sulla storia del conflitto israelo-palestinese, con immagini, reperti, racconti e documenti. Curata in collaborazione con il Dr. Gavin Grindon dell’Essex University, il piccolo museo contiene – tra le altre cose – «una storia animata della regione e pornografia militare», per citare lo stesso Banksy.
Le 10 stanze (nove stanze e una suite) del boutique hotel sono poi arredate con cura e, al loro interno, troverete anche opere uniche di Banksy (soprattutto nella suite). Nelle altre camere, facile che vi imbattiate invece nello stile di Sami Musa – attivista e artista palestinese – e del visual artist canadese Dominique Petrin. All’ultimo piano, infine, vi attende una galleria d’arte dove è possibile acquistare dipinti e opere di artisti palestinesi. Si tratta della più grande piattaforma permanente a disposizione degli artisti palestinesi per esporre i loro lavori in Palestina.
L’arte parla quindi ai turisti del Walled Off Hotel esplicitamente e implicitamente. E, in questo, la struttura sembra divenire la sublimazione del lavoro che Banksy da anni porta avanti in Palestina. Il suo primo murale, Love Is In The Air (Flower Thrower) – nonché il più celebre tra quelli dell’artista a Betlemme – risale al 2003. È invece del 2005 The Armoured Dove of Peace, altra celeberrima opera dell’artista. Secondo i palestinesi, la via dei murales di Banksy a Betlemme non è casuale: lo street artist ha volutamente riempito le strade e i muri di disegni, affinché chi li voglia ammirare segua un percorso ben preciso. All’inseguimento del bello, si finisce per scoprire il brutto. E se non è questa una provocazione artistica coi fiocchi, cosa potrebbe esserlo?
Foto: Shutterstock/Grazia Cicciotti