Sesta giornata del Bif&st 2018: protagonisti della masterclass di oggi Margarethe von Trotta, la regista de ‘Il lungo silenzio’, il direttore del festival Felice Laudadio e i magistrati o ex magistrati Michele Emiliano, Gianrico Carofiglio e Giancarlo De Cataldo. il cinema incontra la magistratura.
Bif&st 2018 cinema e magistratura a confronto prima della proiezione de ‘Il lungo silenzio’
La mattina di questa sesta giornata del Bif&st 2018 si è aperta all’insegna del confronto. In occasione della proiezione de ‘Il lungo silenzio’ (nella sua versione restaurata) diretto da Margarethe von Trotta, la regista, il direttore del festival Felice Laudadio e i magistrati o ex magistrati Michele Emiliano, Gianrico Carofiglio e Giancarlo De Cataldo sono stati protagonisti di uno straordinario incontro – confronto.
‘Il lungo silenzio’ film del 1993 nacque all’indomani degli omicidi dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e degli uomini delle loro scorte. La pellicola riflette sulle condizioni di vita in cui vivevano all’epoca i magistrati e le loro famiglie: sempre sotto scorta. Oggi le cose non sono cambiate del tutto e Felice Laudadio ha riproposto proprio questo tema ai protagonisti dell’incontro che ha preceduto il film. Alcuni di loro hanno vissuto sotto scorta: Gianfranco Carofiglio Procuratore Antimafia a Foggia e poi a Bari ha vissuto sotto scorta per 5 anni, Michele Emiliano per 12 anni.
“Il fenomeno delle minacce ai magistrati fu sottovalutato per troppo tempo – ha detto Gianrico Carofiglio – eppure bisognava capire da subito che uccidere chi si occupava di criminalità organizzata era una prospettiva sensata, da parte di chi ordinava gli omicidi, in quanto difficilmente il giudice colpito sarebbe stato sostituito con colleghi dalle stesse esperienze e conoscenze. Oggi molto è cambiato perché c’è stata una spersonalizzazione delle indagini, per cui non esistono più bersagli efficaci, non ha più senso uccidere un singolo magistrato. E poi non dimentichiamo che tutti coloro che quegli omicidi li hanno ordinati o commessi sono tutti in galera, perché il contrasto al fenomeno è stato efficace e i magistrati, nel tempo, si sono dotati di strumenti culturali e giuridici che gli hanno consentito di ottenere enormi risultati.”
Giancarlo De Cataldo invece, che da Giudice alla Corte D’Assise di Roma si è occupato della Banda della Magliana non è mai stato sotto scorta e riguardo a ‘Il lungo silenzio’ dice: “Il lungo silenzio è un un’opera calda e intensa che racconta un Paese che non c’è più, non solo iconicamente, per la presenza dei primissimi cellulari, della cabine telefoniche, dei computer antidiluviani e i televisori con il tubo catodico. Ma anche perché, all’epoca, un magistrato colpito suscitava indignazione, provocava una forte reazione da parte della società civile, si facevano le fiaccolate cui partecipavano centinaia di persone. Oggi abbiamo una perdita di tensione e una catastrofe culturale che si è abbattuta sulla figura del magistrato, che un tempo veniva difeso almeno da una parte politica e ora è oggetto di accuse da parte di tutti. Dire ‘magistrato’, oggi, sembra quasi una parolaccia”.
‘Il lungo silenzio’ è un film che per la prima volta, pone l’attenzione sul destino delle famiglie di quei magistrati che sono costretti a vivere blindati per motivi di sicurezza. Solo dopo una tragedia ci si ‘accorge di loro’.
“Al termine della proiezione (l’anteprima mondiale del film nel 1993 a Palermo, dove le mogli delle vittime della mafia erano presenti) -racconta Felice Laudadio – si alzò una donna, ringraziò per il film, disse che si era riconosciuta nel ritratto di solitudine e dolore del personaggio di Carla Gravina e poi gelò tutti i presenti: ‘qui stasera c’è uno dei mandanti dell’assassinio di mio marito’. Fu una cosa sconvolgente. Pochi giorni dopo, il cinema dove era stato proiettato il film andò a fuoco. Da quel momento Il lungo silenzio, per il quale era stata prevista una vasta distribuzione da parte dell’allora UIP (oggi Universal) cominciò ad essere eliminato dalla programmazione degli esercenti, ne furono distribuite solo 30 copie rispetto alle 150-200 previste, fu addirittura oggetto di una indagine della magistratura che ne chiese formalmente una copia all’associazione dei produttori. E ciò nonostante avesse un cast di richiamo – sia Jacques Perrin che Carla Gravina erano sulla cresta dell’onda – c’era una regia prestigiosa come quella di Margarethe von Trotta. Insomma, andò malissimo, diventò presto invisibile, e al suo insuccesso penso che contribuì anche una recensione molto negativa da parte di un critico influente. Per fortuna andò molto bene all’estero, partecipò a molti Festival e vinse anche tre Globi d’Oro, che è appunto assegnato dai giornalisti della stampa estera accreditata in Italia”.
Pippo Baudo protagonista della seconda masterclass del Bari International Film Festival 2018