La salita al potere di Donald Trump ha già sortito i suoi effetti nel mondo: i primi provvedimenti del neo Presidente degli Stati Uniti d'America stanno facendo discutere e non solo nel suo paese. Trump ha infatti deciso, oltre alla costruzione del famigerato muro alla frontiera con il Messico, di vietare l'ingresso nel paese agli immigrati che provengono da sette stati a maggioranza islamica.
Il decreto è stato considerato fuori legge dalla Corte distrettuale di Brooklyn e la giudice Anne Donnelly lo ha bloccato: ora la questione è ancora al vaglio, mentre si accumulano i ricorsi e scatta il caos negli aeroporti.
Toccata da questa vicenda anche la cerimonia degli Oscar 2017: il regista iraniano Asghar Farhadi, che ha diretto 'Una separazione', film premio Oscar nel 2012, non potrà partecipare alla cerimonia del 26 febbraio perchè proveniente da uno dei sette paesi su cui Trump ha messo il veto. Farhadi era stato invitato in quanto regista del film 'Il cliente', che ha ottenuto una nomination come miglior film straniero.
L'Academy si è subito schierata a favore del regista, diffondendo una nota nella quale prende le distanze dal provvedimento di Trump e dove si legge: "…troviamo molto problematico il fatto che Asghar Farhadi, il regista del film iraniano vincitore dell’Oscar “Una Separazione”, assieme al cast e la troupe del film nominato all’Oscar di quest’anno “Il Cliente”, possano subire il divieto di ingresso nel paese a causa della loro religione e del paese da cui vengono"
Ashgar Farhadi ha confermato, in un'intervista al New York Times, che non parteciperà in nessun caso alla cerimonia degli Oscar, in segno di protesta: "La possibilità della mia presenza è accompagnata da un'incertezza che non è accettabile per me neppure se venisse fatta un'eccezione per permettermi di partecipare"
Anche l'attrice protagonista del film 'Il cliente', l'iraniana Taraneh Alidoosti, ha dichiarato via Twitter che diserterà gli Oscar. C'è da chiedersi, a questo punto, se potrebbe partire un effetto domino destinato a boicottare definitivamente la cerimonia del Kodak Theatre.
Il rapporto fra il nuovo presidente e il mondo del cinema, nato sotto i peggiori auspici, non fa che peggiorare: un segno inequivocabile della grande agitazione che in questi mesi sta pervadendo lo Stato più importante e potente del mondo.