Vietato ai cani e agli italiani: il corto d’animazione francese commuove e fa riflettere

Uscirà in Italia il 31 agosto il corto d’animazione Interdit aux chiens et aux Italiens (Vietato ai cani e agli italiani), creato dal regista francese Alain Ughetto: si tratta di un breve e poetico film, presentato al 41esimo Festival del cinema d’animazione di Annecy, che parla di stereotipi, pregiudizi e soprattutto di attualità.

In questo periodo storico l’immigrazione è un tema sul tavolo dei potenti del mondo: materiale per slogan elettorali, argomento polarizzante e divisivo che riguarda non solo la politica, ma anche l’etica, la religione, le fondamenta stessa del nostro essere umani. In particolare nel nostro paese, dove solo fino a qualche decennio fa l’immigrazione faceva parte della storia di moltissime famiglie: si saliva al Nord, che fosse il nord Italia o il nord Europa, in cerca di una vita migliore. E oggi, quando la posizione geografica del paese lo mette in prima linea nell’accoglienza del fenomeno immigrazionale proveniente dal nord Africa.

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Vietato ai cani e agli italiani, la storia della famiglia Ughetto

Ughetto infatti racconta la storia della sua stessa famiglia: i suoi nonni erano originari del paesino di Ughettera, in Piemonte, da dove scapparono agli inizi del ‘900 perchè spaventati dalle violenze del fascismo. Si stabilirono dall’altro lato delle Alpi, in Francia, e lì costruirono la loro famiglia. Il regista ripercorre questo viaggio immaginando un dialogo con la nonna defunta, facendosi raccontare le difficoltà dell’iniziare una vita nuova in un paese nuovo.

Prodotto grazie alla collaborazione tra Les Films du Tambour de soieVivement Lundi!Graffiti Film e altre società cinematografiche europee, Interdit aux chiens et aux Italiens (Vietato ai cani e agli italiani) è un omaggio che da personale diventa universale a tutta l’umanità in transito, in cammino verso una vita migliore. Ed è una provocazione ironica e tenera al tempo stesso, che racconta con terribile leggerezza le umiliazioni subìte da chi non aveva altra colpa che indossare la propria nazionalità.