Alessandro Q. Ferrari e Flavia Scuderi ci raccontano ‘Marlene’ (Edizioni BD), prima biografia a fumetti su Marlene Dietrich.
Ci sono voluti dieci anni per realizzare la prima biografia a fumetti dedicata a Marlene Dietrich: Marlene – con i testi di Alessandro Q. Ferrari e i disegni di Flavia Scuderi – è disponibile dal 7 maggio e racconta la diva ma anche la donna, trasgressiva e politica, che ha attraversato e in parte cambiato la cultura del ‘900. Una vita complicata e ricca di eventi che sembra difficile racchiudere in un unico volume. I due autori ce lo confermano.
«È difficile capire come abbiamo fatto queste scelte. Forse è stato anche naturale. – dice subito Alessandro Q. Ferrari – Per me è stato quasi una sorta di automatismo perché io mi ci sono pure laureato su Marlene Dietrich! Per me, quindi, è sempre stata la diva del cinema. Solo dopo mi sono accorto che i film rappresentavano una minima parte di ciò che era. Quando abbiamo iniziato a lavorare a Marlene, abbiamo subito parlato di quali storie d’amore inserire, della Seconda Guerra Mondiale… c’era talmente tanto materiale che il progetto è venuto subito fuori». Ma come raccontare queste cartoline di vita di Marlene Dietrich? C’è il cinema, ma ci sono anche moda e musica («Dal punto di vista storico – precisa anzi Ferrari – la sua carriera di cantante è più importante, perché le sue canzoni sono rimaste più dei film»), politica e società.
Chi era una donna nel 1900?
«Avevamo poche pagine – continua Alessandro – e non è stato facile, ma forse siamo noi autori a volere sempre più di quanto gli editori ci concedono. Forse a guidarci, più di tutto, è stata la donna, intesa come essere umano ma anche come femmina. Ovunque andasse, gli uomini prestavano attenzioni alla Dietrich e questo avveniva in un mondo maschilista. Ciò l’ha spinta ad agire e ad ottenere una serie di cose che si sono riflesse su famiglia, amanti e lavoro. È la radice e la linea che ha guidato tutto: cos’era una donna nel 1900? Partendo da qui, il resto è venuto da sé».
«Era importante raccontare la storia di una donna forte. – aggiunge Flavia Scuderi – Per me Marlene Dietrich è sempre stata un personaggio affascinate, sia per la voce profonda che per l’icona che ha creato o per questo suo essere androgina. La amo fin da quando sono bambina, quando vedevo i film con mia madre. Io vivo in Germania da vent’anni e avevo fatto una graphic novel su Richard Wagner con lo sceneggiatore tedesco Andreas Völlinger. Volevamo fare un altro progetto insieme: io ho proposto una donna forte e lui ha fatto il nome di Marlene. Ho fatto un po’ tavole di prova, ma era un progetto di passione e non trovavo il tempo. Così l’ho messo nel cassetto».
Solo anni dopo, il progetto è tornato in vita grazie a Edizioni BD. Mancava però lo sceneggiatore e così è entrato in gioco Alessandro Q. Ferrari (che scherza: «Mi sono chiesto perché non ci ho mai pensato. Avevo anche molti libri, ero avvantaggiato economicamente»).
Marlene Dietrich: la diva e la donna
Marlene racconta la carriera della Dietrich senza però mai mettere da parte la donna. Tra le due figure c’era forse però un legame indissolubile. «Parliamo di un’epoca del cinema particolare. – ci spiega Ferrari – Lei non era un’attrice propriamente detta, anche se recitava molto bene. Penso a Scandalo Internazionale o a Testimone d’accusa, in cui è mascherata e irriconoscibile. Lei già all’epoca del muto aveva fatto decine di film, ha fatto teatro, ma quando è esplosa era la diva che interpretava se stessa sullo schermo. Venere Bionda l’ha scritto lei e parla di lei, ad esempio. Quindi da un certo punto di vista lei ci ha aiutato perché si è mostrata tantissimo».
«Era più di un’attrice: era una diva che controllava ciò che faceva. – continua – Già ne L’Angelo Azzurro controllava i costumi, era molto operosa… Era un’imprenditrice del cinema e questo l’ha fatta emergere. Questa personalità forte femminile si vede e la riconosci. Va anche detto che, nel dirigere i film, ha applicato la sua radice prussiana, perché suo padre era un soldato severo. In questo mi ha aiutato mia madre che era uguale. Hanno anche lo stesso segno zodiacale».
Sulla radice prussiana, con ironia, conferma anche Flavia Scuderi: «Il tedesco per antonomasia è preciso e rigido. Un luogo comune molto vero. È totalmente tedesca anche la Marlene che cucina e pulisce. Mi immedesimo molto!». Ecco, i due autori si concedono un breve cruccio nel non aver approfondito «la parte familiare, la casalinga». Non mancano però un paio di accenni: c’è una tavola in cui la Dietrich pulisce il bagno in modo maniacale o la menzione al suo cucinare per gli amici quando stavano male. «Ti portava il brodino di pollo a casa – concludono i due autori – e infatti mancano un paio di personaggi come John Gilbert e Edith Piaf, di cui lei si occupava quando erano malati». Grande spazio invece viene dedicato nell’opera alla Marlene Dietrich moglie e mamma («Non proprio bravissima», scherza Ferrari).
«Vero, inseguiva i suoi sogni e a un uomo nessuno lo rimprovererebbe – aggiunge lo sceneggiatore – ma anche in presenza non era brava. Abbiamo edulcorato le cose che la figlia ha dichiarato». «A me piace – aggiunge Flavia – che abbiamo dato pennellate qua e là e, se vuoi, vai ad approfondire. Puoi leggere quindi la biografia al vetriolo della figlia: Marlene Dietrich era una donna forte molto presa da sé e aveva anche una madre che chiamava Generale. Non era proprio affettuosissima, ma era convinta di esserlo. Era convinta di essere perfetta. Alla fine, credo che quando sei famoso e narcisista diventa evidente questo aspetto presente in realtà in tutti i genitori. Nessuno nasce col manuale su come essere brave madri».
Insomma, le testimonianza negative abbondano. Eppure, «tra le positive – continua Ferrari – ho voluto sottolineare con due o tre accenni che ha pagato la vita di tutti e che ha mantenuto tutti economicamente. Dal marito all’amante del marito, ma anche la figlia e i nipoti, che oggi sono adulti ed è un mondo che non ci interessa. Uno dei nipoti, per dire, lavora nel cinema e ha vinto un Premio Oscar. È bravo, certo, ma è partito da una tradizione familiare».
Tutti i personaggi di Marlene
Nella vita di Marlene Dietrich si affollano poi personaggi storici, che qui sono illustrati e narrati il più fedelmente possibile. «Quando è morta – racconta Flavia Scuderi – nel suo appartamento di Parigi è stata trovata questa parete piena di foto di persone della sua vita che erano scomparse. Forse solo Billy Wilder le è sopravvissuto. Abbiamo cercato di decidere chi inserire e chi tagliare per dare un filo conduttore sulla ricerca di questo fuoco. Un fuoco che era l’amore, il successo o il far sempre qualcosa, essere sempre vivi. Abbiamo selezionato le persone che potessero rappresentare questo aspetto. Unica cosa: ho chiesto ad Alessandro di inserire Yul Brynner. Ci vorrei fare anche uno spin-off (ride, ndr)».
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«I dialoghi sono inventati, così come alcuni dettagli su come interpreta il fuoco. – aggiunge Alessandro – Ma è tutto storico, anche il suo desiderio di avere un figlio da Yul Brynner. Anche su questo, Marlene Dietrich diede vita a uno scardinamento interessante, perché ha sempre fatto cose che normalmente le donne non facevano ed erano prerogativa degli uomini. È novecentesca, ma se vogliamo appartiene anche al nuovo millennio. Oggi la sua vita sarebbe la stessa». «È moderna anche oggi, talmente avanti che non l’abbiamo acchiappata», chiosa Flavia.
Il lascito di Marlene Dietrich
A seguito dunque di un immenso lavoro di ricerca, Flavia ci dice di aver imparato molto. «Mi piacciono le graphic novel storiche perché ti immergono in un tempo e in una realtà. E ti ci perdi pure dentro. – commenta – Ho raccolto cartelle di immagini di architettura, moda, macchine, oggettistica. E poi ho cercato tutti i personaggi che lei ha incontrato. Oltre ad aver imparato molto su di lei e sulla realtà storica del periodo, è cambiato anche il mio disegno».
«Il progetto è durato tanto, ben 10 anni, perché con Edizioni BD eravamo d’accordo nel farlo con i nostri tempi. – continua – Di conseguenza, c’è un’evoluzione stilistica perché nel mentre ho fatto migliaia di esperienze di lavoro che si riflettono nell’opera. Ma ci sta perché il personaggio cresce anche se ci sono salti temporali. All’inizio quindi è più ragazzotta, poi piano piano tira fuori questa immagine super leccata e lo vedete nello stile con cui ho disegnato le pagine, sempre più pulite. Proprio per rappresentare questo passaggio del tempo e il declino verso la fine».
«Non so cosa ho imparato. – conclude invece Ferrari – Ciò che non sapevo di lei è il fatto che, dopo la Guerra, ha cercato di tornare a rappresentare la Germania. Proprio lei che l’aveva rifiutata! Anche nei film ha provato a processare quanto successo, tanto è vero che ha interpretato la nazista più di una volta. Ha cercato di metabolizzare senza fingere che non fosse accaduto nulla». E a un sequel ci pensano? «Più che un sequel, sarebbe bello fare la versione di 200 pagine», dice Ferrari. «Io, nei momenti di masochismo – conclude la Scuderi – penso che potremmo fare degli spin-off online».