Per Edizioni BD è uscito a inizio anno ‘Shin Nosferatu’ di Rrobe (Roberto Recchioni): la nostra intervista all’autore.
È arrivato in libreria a inizio anno Shin Nosferatu di Rrobe (Roberto Recchioni) per Edizioni BD. L’autore si è confrontato con uno dei personaggi più iconici del cinema e della letteratura, tornato alla ribalta grazie al recente film di Robert Eggers, già nelle sale italiane. Le radici di Nosferatu sono tuttavia antiche e complesse – dal Dracula di Bram Stoker all’lm Nosferatu di Friedrich Wilhelm Murnau – e anche per questo il Nosferatu di Rrobe si fregia dell’aggettivo shin (in giapponese sia nuovo che vero), come sottolinea il regista Marco Manetti dei Manetti Bros. nella prefazione che apre il volume.
«Dracula mi ha ossessionato per tutta la vita, costantemente. Mi ha sempre ispirato, terrorizzato, affascinato, attratto», scrive Manetti. Poi prosegue: «Leggendo Shin Nosferatu sono riuscito a emozionarmi per l’ennesima volta» e «anche a trovarci qualcosa di nuovo pur sentendo, ancora una volta, la familiare sensazione di essere stato perseguitato dal conte Dracula/Orlok». Il resto ce lo siamo invece fatti raccontare da Roberto Recchioni.
Shin Nosferatu, intervista a Rrobe
Come nasce quest’opera e come hai fatto ordine tra tutte le ispirazioni artistiche (cinema, musica, arte) per dar vita al tuo Nosferatu?
«Un poco dalla mia passione per il tema dei vampiri (il primo personaggio che ho creato, Pietro Battaglia, era appunto un vampiro) e poi dalla passione per il lavoro di Stoker-Murnau, Browning, Herzog, che sono stati le linee guida principali per nella realizzazione di Shin Nosferatu, assieme al lavoro di Nagai, Anno e Miura. Oltre a questo, c’è tanta musica, dai Black Sabbath a Burzum e molta arte (Turner e Rothko, su tutti)».
Nel titolo la parola Shin – come sottolinea Manetti nella prefazione – indica sia vero che nuovo. È così che tu lo hai inteso ed è così che nasce il titolo?
«Shin è una specie di etichetta fantasma con cui, assieme a BD, chiameremo varie opere che andranno a reinterpretare personaggi e storie del passato. Abbiamo iniziato con Nosferatu, si continuerà con Battaglia in autunno e poi andremo avanti. L’idea è quella di riappropriarsi di storie e personaggi su cui le major cercano di mettere il loro marchio. L’idea che mi muove è che la nostra cultura collettiva è diretta conseguenza del fatto che le storie, fino a un certo punto della nostra storia, sono sempre state libere e tutti potevano prenderle e reinterpretarle. E il marchio shin si pone l’obiettivo di fare proprio questo».
Un sistema oltre il fumetto
Ti sei affidato molto alle immagini, rinunciando ai dialoghi a favore delle onomatopee. È un’opera molto visiva, cinematografica, che rimanda al Nosferatu di Murnau del 1922. Come mai questa scelta e ha rappresentato una sfida in alcune fasi del processo?
«In realtà non è verissimo. I dialoghi ci sono ma sono serviti in una maniera diversa, trasformando le onomatopee in uno strumento più duttile, non esclusivamente delegato al suono del fumetto ma anche alla trasmigrazione delle informazioni, dei dialoghi e degli stati d’animo. Il tutto in una forma-strumento unica e coerente, che riduca il livello di decodifica necessario per fruire il linguaggio fumetto. Negli anni mi sono convinto che i balloon sono una barriera per chi i fumetti non li legge e sto iniziando a provare un sistema per andare oltre di essi».
Rrobe, Nosferatu e le metafore dei grandi mostri
Ti permetti un cambio (di colori) nel capitolo relativo a La Peste: come mai?
«Ho sempre amato le porzioni a colori o in bicromia dei manga e questa soluzione riprende quella cosa. Ovviamente, deve avere una ragione narrativa, altrimenti è solamente un orpello grafico. Nel caso specifico, mi sembrava interessante, nel momento più cupo della storia, usare il rosso per veicolarlo ancora meglio».
Sempre nella prefazione, Manetti dice che il tuo Nosferatu ha «rimandi a tutti i Dracula e i Nosferatu migliori», citando anche Munch e Go Nagai: sei d’accordo?
«Sono rimandi abbastanza evidenti, che esplicito anche nella dedica finale. Quindi, sì».
A questo proposito, c’è un Dracula/Nosferatu che – più delle altre ispirazioni – ha guidato la tua matita? O ce ne sono diversi?
«Stoker, Murnau, Herzog su tutti».
Il lascito di Nosferatu
Quale diresti che sia, secondo te, la maggiore influenza/ispirazione artistica che il personaggio di Dracula esercita sul pubblico? In breve: qual è secondo te il segreto del suo fascino?
«In Dracula, e nel vampiro letterario e cinematografico in generale, ci sono tanti elementi stratificati che gli autori di volta in volta hanno portato in evidenza, a seconda della loro sensibilità. Dal tema della paura dello straniero al risveglio dei sensi, dal discorso su di un male privo di compromessi alle tematiche sessuali, dal fascino del narcisista manipolatore all’amore per il diverso, fino a riflessioni sul tempo, la solitudine, l’amore e la morte. In più, Dracula è un mostro nuovo che si lega indissolubilmente con il ventesimo secolo e con i linguaggi che nel ventesimo secolo salgono alla ribalta, il cinema su tutti. Non è un caso che Dracula sia (assieme a Sherlock Holmes) il personaggio più rappresentato sul grande e piccolo schermo».
E qual è il fascino che invece esercita su di te, da un punto di vista artistico?
«Come tutti i grandi mostri è un contenitore incredibilmente flessibile di metafore e simbolismi attraverso cui raccontare storie infinite».