Alice Berti ci racconta il suo graphic novel ‘Un poema per le piccole cose’ (Bao Publishing) tra K-pop e apocalisse.

È finalmente in libreria Un poema per le piccole cose, il nuovo graphic novel di Alice Berti (BAO Publishing). Dopo Neon Brothers e Calipso, Alice ci porta in Corea del Sud in una storia apocalittica che ha il sapore di K-pop ma che si confronta anche con temi sociali tutt’altro che irrilevanti. Salut – una idol K-pop – incontra infatti Xin-Yeong (cameriera di Seoul che non ha più nulla da perdere) su un ponte di notte. Entrambe hanno deciso di porre fine alla loro vita (del resto manca poco all’Apocalisse). Invece – dal momento del loro incontro – i percorsi delle due ragazze si intrecciano. Tra amore e musica.

«La storia e la cultura Coreane, oltre ad essere una materia di studio che mi ha molto appassionata personalmente negli scorsi anni, ho pensato fossero gli elementi perfetti per scrivere e ambientare la mia storia», ci dice subito Alice Berti.

«La Corea – continua – è un paese estremamente affascinante per le sue contraddizioni, che si notano anche solo camminando per le strade di Seoul, con i suoi palazzi antichi a due passi dai grattacieli: nonostante la modernità e la sicurezza, è ancora oggi uno dei paesi con il tasso di suicidi più alto, è una società che ancora fa fatica ad accettare la comunità LGBT+ e i diritti umani in generale, ha standard di bellezza inarrivabili e si trova ancora molto in difficoltà nella parità di genere. Erano tutti elementi che per me erano essenziali per caratterizzare i personaggi della storia a cui avevo pensato, delle motivazioni che li spingevano ad agire. Pertanto è stato naturale per me parlare di questo paese che, con tutte le sue contraddizioni, amo moltissimo».

Un poema per le piccole cose: un’immersione nel K-pop

Gli omaggi alla Corea del Sud sono del resto evidenti, a partire dal titolo. Un poema per le piccole cose, infatti, altro non è che che il titolo coreano (작은 것들을 위한 시) del brano Boy With Luv dei BTS ft. Halsey. Nel volume, ogni capitolo vanta un riferimento al K-pop, che siano canzoni o gruppi. «In realtà – ci dice Alice – è una costante che ho utilizzato in tutti i miei libri: in Neon Brothers erano tutte canzoni di artisti britannici, dato che è ambientato a Londra, così come Calipso ha canzoni italiane essendo ambientato a Roma. Amo il K-pop come tutti i generi musicali perché amo la musica in generale. Lo trovo un genere frizzante, moderno, ultra pop e divertente (come lo sono le mie storie!), ma con band come i BTS che sanno anche andare oltre quell’etichetta che viene imposta puramente dalla provenienza geografica».

«È un mondo interessante che riflette molto della società coreana. – prosegue – Io mi ci sono avvicinata nel 2012, ascoltando i BigBang grazie ad alcuni amici. Non mi sento di dire di essere una fan particolarmente incallita del K-pop, ma conosco le band più famose e le cose che finora ho sentito mi sono piaciute molto! Mi sono appassionata poi alla cultura coreana molto in là nel tempo, leggendo i fumetti di Keum Suk-Gendry Kim pubblicati in Italia da Bao, che mi hanno fatto scoprire la storia di un paese interessantissimo».

Musica e contraddizioni

In effetti, per Alice Berti – in questa narrazione – il K-pop e la società coreane, con i loro estremismi, diventano strumentali anche per tracciare le caratteristiche dei protagonisti. La personalità di Salut, ad esempio, è quella di una donna costretta nella vita da idol. In questo, è inevitabile leggere tra le righe una lieve e velata critica, soprattutto quando la narrazione ci porta ad approfondire temi come i diritti LGBTQ+ o la salute mentale.

«Mi sono interessata a quanto sia talvolta tossico l’ambiente k-pop vedendo video e documentari online, dove i giovani idol vengono sottoposti a orari di lavoro e standard massacranti, rinunciando molto spesso all’adolescenza per debuttare giovanissimi. – ci spiega in proposito Alice – Il personaggio di Salut era ottimale per racchiudere tutto ciò che non funziona e fare una critica aperta a quel tipo di società e ciò che ci si aspetta da noi. Non come esseri umani, ma quasi più come dei prodotti. Una cosa che poi spero si capirà leggendo è che, nonostante il libro sia ambientato in un paese e un tempo distante dal nostro, molte cose sono simili e reali anche nell’Italia contemporanea. Perciò la riflessione viene spontanea da fare anche all’interno delle nostre vite o del nostro paese».

I sette Chakra della Terra

Un poema per le piccole cose è, in realtà, anche molto altro. Senza troppi spoiler, possiamo anticipare che – nella storia – un tour mondiale è la scusa con cui Salut e Xin-Yeong proveranno ad attivare i Chakra sparsi per la Terra per salvare il pianeta.

«Un giorno ho scoperto online che questi chakra della Terra esistono davvero (per chi ci crede). – ci spiega in proposito l’autrice – Ovvero che, nel nostro mondo, pare ci siano luoghi capaci di trasmettere una magia unica. Mi è sembrato ovvio doverli usare come punti in cui appoggiare la storia che stavo progettando, perché tutto ciò che sapevo è solo che avevo una voglia matta di scrivere una storia in cui i personaggi viaggiano e affrontano varie prove in ogni luogo in cui si fermano. Un po’ un road movie, per intenderci. Anzi, pensando a riferimenti più letterari direi un’Odissea, che rimane uno dei miei libri preferiti di sempre».

«In ogni chakra infatti le nostre protagoniste incontreranno un personaggio diverso che le aiuterà, il cui nome prende ispirazione da una traduzione diversa della parola ciao (come Salut e Xin-Yeong stesse), a simboleggiare un addio alla vita passata per riscoprire noi stessi in questo viaggio. – continua – Anche il tour mondiale di Salut infatti si chiama Bye Bye 2075, come a salutare il mondo per come lo conosciamo, dato che si dice che l’apocalisse sia vicina. Mi piaceva l’idea che da questo libro potesse nascere anche un dibattito tra scienza e spiritualità, cose che sono strettamente collegate poi al modo in cui viviamo la nostra vita di tutti i giorni, che era la parte principale della storia».

Disegni e grafica: paesaggi e personaggi

Una sfida anche a livello grafico: la narrazione, dalla Corea del Sud, ci porta a Parigi, in Tibet, in California. «I paesaggi naturali (come quello del Monte Shasta in California o del Monte Kailash in Tibet) sono stati i miei preferiti da disegnare – ci spiega Alice – perché illustrare la natura è davvero divertente e hai più libertà rispetto a disegnare palazzi. È qualcosa che faccio poco ambientando tutte le mie storie in grandi città. In realtà odio disegnare le case e i palazzi, però per qualche motivo le città in cui ambiento i miei libri sono così intense e vive che non riesco a fare a meno di ambientarle lì».

Ancora più complesso, a livello grafico, dare vita alle due protagoniste. «Il design dei personaggi è un lavoro sicuramente complesso: devono rimanere impressi nella testa del lettore anche a mesi di distanza dalla lettura, perciò vanno studiati bene», chiarisce Alice.

«Con le protagoniste di questo libro la sfida era riuscire a replicare i tratti asiatici, con Salut poi (per metà francese) è stato ancora più difficile perché qualche tratto occidentale doveva presentarlo. Ho cercato foto di idol coreani con queste caratteristiche, e studiato il design di personaggi come Mulan o i fumetti di Yudori, per vedere come altri disegnatori ne rappresentavano i tratti somatici. – ci dice ancora – Per la parte di narrazione invece è stato più facile: ho pensato a come due persone nella loro situazione potrebbero agire, e quali tratti del carattere le persone sviluppano in determinate situazioni. Ovviamente se fai fatica a sopravvivere, come Xin-Yeong, la tua visione del mondo sarà differente da una persona con dei privilegi come lo è Salut».

Un poema per le piccole cose: storia di un viaggio, ma verso dove?

Al netto di tutti questi dettagli, Un poema per le piccole cose è in fondo la storia di un duplice viaggio: intorno al mondo, ma soprattutto dentro se stessi. Dal tentato suicidio all’accettazione di sé. «L’idea – ci dice Alice – mi è venuta quando al Salone del Libro di Torino chiacchieravo con Zerocalcare della sua prima serie Netflix, che all’epoca era appena uscita (Strappare lungo i bordi) e che affronta tematiche simili. Penso che quello mi abbia ispirata molto. Ricordo che sono tornata a casa dalla fiera con una voglia enorme di dare un cambio di direzione alla storia che stavo progettando. I momenti di condivisione in fiera con altri autori sono sempre molto importanti per queste cose».

«L’importanza di conoscere se stessi, l’accettazione di sé e anche le difficoltà che ci sono in questo processo sono tutte tematiche che avevo vissuto anche io in prima persona e di cui mi piace parlare (già li avevo affrontati in parte anche su Calipso, il mio secondo libro con Bao). – continua – Mi sembra sempre importante condividere la mia esperienza e come sono riuscita ad affrontare certi problemi, in modo da poter aiutare altre persone. È una cosa che mi piace molto fare e uno dei motivi per cui continuo a scrivere, poiché anche a me tanti libri, storie o canzoni, mi hanno aiutata in momenti di difficoltà».

K-pop e BTS

Il tutto, in questo caso, finisce per essere condito dal K-pop. Il che regala al lettore anche una costante e piacevole colonna sonora immaginifica. «Per i titoli dei capitoli – chiosa Alice – ho scelto tra alcune canzoni e band coreane che mi piacciono quelle che secondo me potevano riflettere meglio il contenuto del capitolo. È stato davvero difficile scegliere perché nel K-pop tantissimi titoli di canzoni sono formati da poche parole, che magari nella traduzione inglese hanno poco senso rispetto a quelle coreane!».

E se dovesse consigliare ai lettori un brano K-pop in particolare, Alice Berti quali consiglierebbe? «Non ho dubbi nel risponderti DNA dei BTS! – ci risponde – È una canzone che mi piace molto. Non solo perché mi ha fatto scoprire una band che amo, ma perché racconta di un amore come se fosse predestinato dalla scienza, dalla chimica e dalla matematica. Penso abbia un testo al contempo romantico e intelligente. E che racchiuda molto non solo della storia che ho raccontato in Un Poema Per le Piccole Cose, ma anche della mia visione del mondo: poetica ma razionale, se ha senso. Penso ci siano tantissime altre canzoni dei BTS uscite dopo che amo altrettanto, ma questa ha sicuramente un posto speciale nel mio cuore».