Instant Hotel, su Netflix il reality che (con ironia) vi spiega la realtà dell’home sharing
Un reality basato sulla realtà dell’home renting e dell’home sharing. Esiste forse un format che può vantare la stessa dose di attualità? Lo trovate su Netflix alla voce Instant Hotel. Ed è un piccolo esperimento televisivo e antropologico che non potete assolutamente perdervi.
Il programma è australiano ed è andato in onda nel 2017 sul canale Seven Network, per poi essere acquisito da Netflix e distribuito dalla celebre piattaforma streaming. L’Australia, inutile a dirsi, è dunque molto presente. Per quanto sia, tuttavia, una realtà molto lontana da noi, questo reality si fa subito amare, probabilmente per la semplicità del suo meccanismo e per il messaggio estremamente pratico e contemporaneo.
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Ma andiamo con ordine. Come funziona Instant Hotel? In gara ci sono coppie che possono vantarsi di gestire un Instant Hotel. In altre parole, di affittare la propria casa su siti di home sharing, tra cui l’inflazionatissimo Airbnb. Instant Hotel è andato a pescare, per ovvi motivi, le case più grandi (con minimo 8 posti letto a disposizione) e più popolari (secondo i voti ricevuti) di alcune delle zone più in voga dell’Australia. In gruppo, le coppie di proprietari soggiornano in ciascuna delle case in gara per poi giudicarle in base a quattro elementi standard (la location e le attrazioni turistiche, la casa, il rapporto qualità/prezzo e la qualità del sonno). Altre due informazioni fondamentali: il reality è stato confermato per la seconda stagione e vedrà Luke Jacobz lasciare il proprio ruolo di conduttore all’inglese Laurence Llewelyb-Bowen.
Sono tanti gli elementi che emergono da uno schema, di fatto, così semplice. Il primo è uno sguardo onesto e estremamente interessante al mondo dell’home sharing, alle sue dinamiche e alle sue regole, mostrandone anche i lati oscuri e più dibattuti. La presenza in ogni puntata di Juliet Ashworth in veste di giudice supremo (celebre esperta di interior design) riesce anche a delineare bene il confine tra il mercato alberghiero e quello più informale dell’home renting. La coppia formata da Mikey & Shay, ad esempio, affitta una casa nei pressi di Sydney a poco prezzo, purché chi vi soggiorni sia disposto a badare ai pesci e ai gatti che ci vivono dentro. Un’idea inaccettabile in un hotel e, a quanto pare, anche per alcuni dei concorrenti in gara, ma che rende chiara la differenza tra i due mercati.
La realtà degli Instant Hotel offre un’esperienza e come tale deve essere vista (la coppia di fratelli Bec & Tristan, ad esempio, affitta un’intera barca a Mildura) e, nel momento in cui la si sceglie, lo si fa consapevolmente e a priori. Ma è innegabile che anche il mercato dell’home sharing viaggi ormai a livelli altissimi, tanto che le aspettative dei clienti sono sempre più alte e sempre più implacabili: sono in molti anche in Instant Hotel, ad esempio, ad affittare di base la propria seconda casa, trattandola di fatto come un albergo vero e proprio, con tutte le cure (costosissime) del caso.
Il secondo punto – e più importante – è che Instant Hotel resta un reality puro e godibilissimo. La trama, fondamentalmente, vede un gruppo di coppie estranee costrette a condividere lo stesso spazio pur gareggiando l’una contro l’altra. La dinamica è molto simile a quella di reality come il Grande Fratello, mal’idea geniale è stata quella di sfruttare un fenomeno socialmente valido per mostrare il lato più bestiale (eh sì, si accapigliano) dei cittadini australiani, con tutte le liti e i battibecchi del caso che sono imprescindibili in un reality show. Lo sfondo delle relazioni mostrate da Instant Hotel non è dunque vacuo né insensato. Perché tra una lite e l’altra, di base ad emergere è proprio l’importanza della condivisione di una casa e del viaggio visto finalmente dal punto di vista del viaggiatore comune. L’home sharing è ormai una realtà immensa e, se vi state chiedendo come mai, probabilmente Instant Hotel vi fornisce qualche risposta più che puntuale: l’offerta è illimitata e l’esperienza è irripetibile.