Il patriarcato, i preconcetti e l’importanza rappresentativa del mondo drag: la nostra intervista a Lina Galore.

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È Lina Galore la vincitrice della terza stagione di Drag Race Italia, andata in onda su Paramount+. Un’edizione ricca di novità, che ha visto in finale la sfida epica tra Lina Galore e Melissa Bianchini, la prima drag queen transgender. Giovanni Montuori (Lina Out of Drag) ci ha raccontato le sue sensazioni il giorno successivo alla finale e cosa significa questa vittoria per l’intera community LGBTQA+. «Non ho mai vinto niente in vita mia. – ci dice subito – Ero vergine di vittorie. È una bellissima sensazione, estremamente responsabilizzante. Sento che non è finita qua, ma di aver vinto del lavoro che sono e sarò felice di fare. Sicuramente è un riconoscimento per il lavoro, ma ora accanto al mio nome c’è scritto che sono l’Italia’s Next Drag Superstar: non posso perdere la concentrazione».

Chiediamo a Lina Galore se ha seguito sui social i commenti del pubblico su questa edizione di Drag Race Italia («Non ho avuto modo di stare al telefono e il pochissimo tempo avuto a disposizione l’ho dedicato al sonno») e cosa ne pensa della divisione degli spettatori, alcuni dispiaciuti della non-vittoria di Melissa Bianchini.

«Stamattina ho spulciato le reazioni del pubblico e sono miste ma è naturale! – commenta – La Top 4 era pazzesca e la Top 2 icon! Il pubblico si è diviso e ci sta. Cerco di non buttare mai l’occhio verso il fandom tossico che non riesce a contestualizzare il concetto di gioco e gara rispetto ai messaggi portati in scena. Anche se è giusto che si proiettino i propri valori sulle persone che si vedono in tv: è questo il concetto di rappresentazione. Il pubblico diviso quindi è cosa buona, anche se lo scotto da pagare è un commento disturbante. Sento di essermi meritato questo titolo, così come sarei stato felicissimo di vedere Melissa con la corona. Con Melissa poi non ci siamo mai combattute, anzi è uno dei tesori più preziosi che mi porto a casa da questa esperienza. La mia corona non ha lo stesso potere della sua presenza nel programma».

Lina Galore e l’importanza della rappresentazione

È pur vero che in tanti hanno commentato proprio l’arte e la creatività delle drag queen in gara. «Io credo che quando c’è consapevolezza nel lavoro e se hai l’obiettivo di veicolare un messaggio, anche soltanto di celebrazione della comunità LGBTQA+ o dell’arte italiana e storia dello spettacolo, al pubblico arriva. – ci dice in proposito – Non volevo avere la presunzione di insegnare niente a nessuno, ma una ragazza bianca etero cis mi ha detto che si è sentita istruita e in dovere di istruirsi. È stato il commento più bello e dimostra che è stato tempo e lavoro ben speso».

Del resto, la terza edizione di Drag Race Italia si è aperta portando ospiti in grado di fare da ponte tra le comunità e arrivando anche allo stadio. «Sai che allo stadio, anche per me che ho quella prospettiva, ha prevalso la paura? – ci dice Lina Galore – Mi sono chiesto: cosa succederà? La gente però applaudiva. Siamo tutti, purtroppo, figli del patriarcato. La presenza nel programma poi di Ciro Immobile ha rappresentato un link tra due mondi che proprio per i preconcetti non dovrebbero incontrarsi. Ma chi lo dice?».

Il giusto messaggio

Lina Galore ci confessa poi di aver fatto pace con le proprie origini («Quando sei giovane pensi che ce l’hanno tutti con te per poi scoprire che era tutta paranoia auto-indotta. Sempre colpa del patriarcato, ma ho fatto pace con le mie origini e sono orgoglioso») e di considerarsi un po’ campana e un po’ milanese: «La definizione di Lina Galore è campana adottata milanese. – precisa – Vorrei che ci fosse scritto nella carta d’identità, ma tanto non esiste».

E sul futuro, da oggi in poi, chiosa: «Non è cambiato nulla. Drag Race si fa sicuramente per divertirsi nella gara e nel gioco. Ma è vero che l’arte drag abbia una potenza rappresentativa incredibile. Con un look puoi far scoprire una reference che può cambiare la consapevolezza di sé e della società, anche per chi si sente perso. Quello è il potere politico del drag e credo che, quando si viene incoronati a Drag Race, si abbia a disposizione una piattaforma super ampia e super risonante. Io non voglio allargare la mia piattaforma, sarebbe mera vanagloria, ma fare in modo che il messaggio veicolato sia giusto».