Jonathan Nolan e Wagner Graham – regista e showrunner di ‘Fallout’ – ci raccontano la serie su Prime Video tra musica e personaggi.

loading

Dall’11 aprile arriva su Prime Video Fallout, serie ispirata al celebre franchise videoludico. Un’impresa non semplice, considerando l’enormità del mondo di Fallout tra videogiochi, spin-off e derive mediatiche e anche la popolarità del gioco tra i gamer. Jonathan Nolan – che ha diretto i primi tre episodi – è tuttavia dichiaratamente grande fan del videogioco, così come lo showrunner e produttore esecutivo Wagner Graham. Un punto di partenza da non sottovalutare, che ha infatti dato vita a (probabilmente) la migliore serie ispirata a un videogioco mai realizzata.

«Non è così per tutti i capitoli di Fallout – dice Graham – ma uno dei mezzi più efficaci del gioco è iniziare con la guerra nel Vault. Vediamo queste persone uscire dal loro mondo chiuso nel Vault per entrare in un mondo completamente diverso. Sin dall’inizio sapevamo che saremmo stati folli a non iniziare così. Per noi è parte integrante del successo del franchise, della sua popolarità ed è il motivo per cui amiamo il gioco. Questo è un aspetto ma eravamo anche avidi, volevamo raccontare più della storia dei Vault. Volevamo esplorare un mondo diviso tra fazioni, in cui ci sono anche persone che non hanno scelto alcuna fazione, come il ghoul Walton Goggins. Credo che questa sia la parte più importante: Ella nei panni di Lucy che esce dal Vault e si confronta con la realtà di quel mondo insieme al pubblico».

Fallout riesce dunque nell’impresa proprio dividendo le prospettive e i punti di vista del racconto: Lucy (Ella Purnell) è un’abitante del Vault, ma ci sono anche Moldaver (Sarita Choudhury) e Ma June (Dale Dickey). Con loro viviamo nel Vault, ma anche al di fuori di esso finendo per abbracciare la realtà dello storytelling nella sua totalità (e non solo per mano di un unico personaggio).

Fallout, musica e umorismo dark: c’è del genio

Gli altri due elementi che rendono Fallout una serie da non perdere sono il dark humor ripreso proprio dal videogioco e una colonna sonora spettacolare. «Abbiamo unito le forze subito con Ramin Djawadi, uno dei miei esseri umani preferiti e un compositore eccezionale. – commenta Nolan – Il suo lavoro è bellissimo, umano, emotivo. A questo abbiamo aggiunto deliziose canzoni che onestamente erano già nel gioco. È uno degli aspetti del gioco che amo di più questo riproporre e riciclare canzoni americane con un sound che risale a prima degli anni ’60».

Per avere un assaggio, vi basta godervi la scena della guerra nel Vault nel primo episodio. «Una prerogativa fondamentale del gioco e della storia è che l’America o il mondo che è finito non è il nostro mondo. – continua Nolan – Non è la nostra America, è un’America che non ha mai provato il Watergate o la guerra del Vietnam. Non ha mai avuto un momento di riflessione nazionale, ma ha portato avanti la potenza nucleare con spavalderia per altri 100 anni fino alla sua fine. La musica è sempre lì come un reminder del mondo che non c’è più».

Probabilmente il punto di partenza corretto per realizzare serie basate sui videogiochi è proprio aver vissuto quei giochi da gamer. «Ci siamo fatti guidare non tanto dall’amore dei fan per il gioco, ma dal nostro amore in quanto fan. – dice infatti Nolan – Una caratteristica del gioco Fallout che lo rende evocativo e fantastico è che si tratta di un open world. Ognuno vive un’esperienza diversa giocando e non è possibile tradurre tutte queste esperienze. Ci siamo fatti guidare da un amore profondo per il gioco e poi abbiamo fatto delle scelte».