Il mese di aprile ricorre spesso nella vita artistica di Francesco Gabbani, che dopo il successo della prima stagione torna in tv con Ci vuole un fiore. Non solo, da venerdì 7 aprile è in radio e digitale anche il nuovo singolo inedito L’abitudine, uscito a poco meno di un anno dall’album ‘Volevamo solo essere felici’ (ed era aprile anche allora, il 22 per la precisione). In fondo, è il mese pienamente primaverile per eccellenza, quello delle prime fioriture e del risveglio della natura. E quello dell’artista con l’ambiente è un legame fortissimo, su cui fondare una vita prima ancora che un programma televisivo.
Seconda edizione di Ci vuole un fiore che è in parte un ritorno in parte un debutto, dal momento che intanto sei l’unico padrone di casa. Che responsabilità e che sfida rappresenta?
Dopo l’esperimento della prima edizione dello scorso anno, la Rai mi ha affidato il timone di questa nuova avventura. Lo show continuerà ad avere come caratteristiche quella di essere un varietà, quindi uno spettacolo di intrattenimento, ma con lo scopo di sensibilizzare sulla tematica ambientale. Posso dire di sentirmi molto orgoglioso e onorato di questo incarico e, dall’altra parte, avverto anche un senso di responsabilità. Per quanto sia la seconda edizione di Ci vuole un fiore,per me è come se fosse un debutto perché è un’esperienza nuova che mi vede per la prima volta nella veste di one man show. E tutti gli effetti lo sarà.
Dal punto di vista del linguaggio e della costruzione, come si porta nella prima serata della rete ammiraglia un tema come quello ambiente bilanciandolo con l’intrattenimento?
Quest’anno, per quanto mi riguarda, verte di più sulla componente sentimentale dello smuovere le coscienze ad rispetto della natura. Dico sempre che rispettare l’ambiente è rispettare noi stessi, perché noi facciamo parte della natura. L’aspetto emotivo di questo show è qualcosa che ho voluto fortemente perché credo che portare dati troppo tecnici e scientifici in prima serata poteva diventare pesante in uno show che deve essere prima di tutto di intrattenimento e di leggerezza, di divertimento. E, proprio per la mia esperienza e per il mio approccio green, volevo che tutto fosse naturale. In fondo io ho un approccio green perché amo la natura, perché ho un sentimento nei confronti della natura e in automatico la rispetto, me ne prendo cura.
“Secondo me è quello che Ci vuole un fiore dovrebbe fare”, prosegue Francesco Gabbani. “Arrivare a smuovere un po’ le coscienze di chi lo guarderà e chi non ha ancora una sensibilità green riesca ad acquisirla proprio perché si sente coinvolto dal punto di vista sentimentale. Anche per questo, tutte le performance che verranno proposte avranno una forte componente emotiva”.
Sarai padrone di casa ma non sarai del tutto solo. Chi vedremo con te sul palco? Ci sveli qualche vip tuo ospite?
Ci vuole un fiore sarà un varietà a tutti gli effetti dove anche se io sono il conducente, diciamo il timoniere, non sarò solo. Sarò accompagnato dalla mia band arricchita con altri fantastici musicisti e ci sarà un corpo di ballo strepitoso con le coreografie di Luca Paoloni. Lo abbiamo inclusivo perché è un corpo di ballo composto da ballerini che hanno tratti somatici e caratteristiche fisiche variegate, eterogenee ed qualcosa che raramente accade in tv perché siamo abituati a vedere i ballerini tutti perfetti, secondo certi requisiti di bellezza oggettiva. Invece, noi abbiamo voluto questo corpo di ballo inclusivo per andare a braccetto con il tema di sensibilizzazione ambientale e dell’essere naturale.
Poi, arriveranno a trovarmi tanti amici in qualità ospiti, persone che fanno parte di quote diverse del mondo dello spettacolo. Ci saranno ospiti musicali come Ornella Vanoni, Levante, Mr.Rain e Alfa. Ma ci saranno invece attori come Francesco Arca, Giusy Buscemi e Stefania Sandrelli. Ognuno di loro verrà a portarci il proprio fiore, condividendo con noi la sua esperienza di rapporto con la natura. E a volte sarà inaspettata come nel caso di Ornella Vanoni. La conosco abbastanza bene ma non sapevo che fosse una grande appassionata del mondo delle api e ci darà molti consigli. Il tutto sempre con un approccio emotivo e sentimentale.
Rispettare l’ambiente
La tematica ambientale fa parte della cronaca quotidiana ed è molto sentita soprattutto dalle generazioni più giovani. Che cosa è mancato – e forse ancora manca – perché, anche a livello istituzionale, si intervenga in maniera sostanziale?
Indubbiamente quando si parla di rispetto dell’ambiente arriva il concetto della transizione e transazione ecologica. Questo comporta un tempo, un iter perché è un tema talmente importante che non si può risolvere da un giorno all’altro e porta inevitabilmente a scontrarci con la questione del dover trovare dei compromessi. Ci sono degli equilibri basati anche sull’economia e sull’industria che non possono cambiare su due piedi. Quello che io mi auguro, e che spero la politica possa fare, è riuscire nei tempi debiti a modificare le cose andando verso una condizione di rispetto e di omologazione secondo il regolamento deciso nella Comunità Europea. È un processo che richiede inevitabilmente dei piccoli compromessi ed è anche quello che Ci vuole un fiore cerca di far capire. Non abbiamo in mano l’economia, ma nel nostro piccolo possiamo in realtà già fare delle piccole cose. E se le facessimo veramente tutti insieme, contemporaneamente, pur non risolvendo improvvisamente la situazione, potremmo dare un bell’aiuto.
Da dove nasce la tua sensibilità nei confronti della natura? Ti appartiene fin dall’infanzia?
Il mio amore per la natura è sempre stato qualcosa di naturale, scusate il gioco di parole ma è proprio così. Me lo sono dovuto chiedere anch’io perché sono green, perché ho un approccio ecosostenibile. E la risposta sta nel fatto che ho avuto la fortuna di nascere e crescere in un luogo che è Carrara, una cittadina all’interno del territorio apuano che è particolare. A distanza di pochi chilometri c’è il mare e ci sono le montagne, le Alpi Apuane con cime di quali 2000 metri di altezza, con una varietà territoriale e di flora molto variegata. E io sono sempre stato attratto dalla natura, mi bastava fare un passo ed ero immerso in un bosco o su uno scoglio e sentivo l’odore del mare. Anche per questo motivo ho scelto di continuare ad abitare in quella zona, nonostante le mille difficoltà logistiche che il mio lavoro prevede e gli spostamenti che richiede. Però continuo a rimanere lì perché ho bisogno del contatto con la natura.
“Semplicemente, sono ecologista perché amo la natura e amandola, in automatico, mi viene proprio da rispettarla”, dichiara con sicurezza Francesco Gabbani. “Non mi sognerei mai di lanciare la lattina di una bibita appena bevuta per strada o di lasciare la plastica di un panino appena mangiato in un bosco dopo che ho fatto una passeggiata. Sulla base del sentimento sono un ecologista ed è quello che cerco di trasmettere con Ci vuole un fiore”.
Oggi anche uno spazio come quello urbano è sempre più attento al verde. Come vivi il rapporto con la città, con Milano per esempio?
Essendo nato e cresciuto in un posto di dimensione provinciale e avendo tanta natura intorno, ammetto che la dimensione della città un po’ mi spiazza. Non ci sono proprio abituato però, sinceramente, mi sembra di notare che nelle grandi città fortunatamente c’è parecchia natura e c’è, quindi, la possibilità di sentirsi parte della natura. Anche in grandi centri come Milano e Roma mi rendo conto che ci sono spazi verdi che vanno rispettati perché, credo, facciano bene a chi abita le grandi città. Avere il contatto con la natura e viverla non è solo una questione di benessere della natura e di benessere fisico ma anche mentale e psicologico. Mi sembra che oggi ci sia un buon compromesso per quanto riguarda la componente di natura all’interno delle grandi città.
Il nuovo singolo L’abitudine
È fresco di pubblicazione il tuo nuovo singolo inedito, L’abitudine: quando è nato e che cosa racconta?
È un brano che nasce principalmente da un’idea di Fabio Ilacqua, idea che ho sposato e ottimizzato insieme a lui perché è l’espressione di quello che pensiamo insieme. Ne L’abitudine cerchiamo di scavare un po’ in quello che è il senso della nostra esistenza, come in altre canzoni che fanno parte del nostro operato. Quindi, è una canzone che da una parte ha questa appeal pop, leggero e suadente, e dall’altra porta un testo che propone delle riflessioni. In questo caso L’abitudine vuole provocare delle riflessioni su come, nel sistema in cui viviamo, ci troviamo spesso intrappolati in un meccanismo frenetico e consumistico. Un sistema che ci illude che la felicità possa stare nel fatto di acquistare e possedere delle cose. Anche un po’ per emulare gli altri e sentirci parte di una comunità. Questa, ovviamente, è un’illusione ci porta a confondere l’abitudine di questo atto quasi compulsivo con la felicità. Magari c’è qualcuno che passa tutta una vita sereno facendosi bastare quel tipo di serenità e quel tipo di felicità. Ma per me e per le persone che la pensano come me non basta. Vogliamo andare oltre.
L’immagine che ho visualizzato ascoltando il brano è stata istintivamente quella di un criceto nella ruota. Con la differenza, amara, che l’uomo ha una propria consapevolezza. Per spezzare questo ‘eterno ritorno dell’uguale’, che è una forma d’inerzia forse di comodità, serve più un atto di coraggio o spirito di sacrificio?
Servono tutte e due le cose che hai detto, ci vuole coraggio e il coraggio comporta un atto di sacrificio. Per conquistare qualcosa di importante è inevitabile che bisogna sacrificarsi. La questione del rimanere in un modo quasi consapevolmente, o inconsapevolmente, dentro la ruota del criceto è un po’ figlia del tempo che viviamo. Ci fornisce benessere rapido e alla portata di tutti, qualcosa di illusorio ma che è molto comodo, hai detto bene tu. La questione della comodità è il perno del discorso, secondo me, e nella canzone c’è una frase bellissima in questo senso: Beato (ovviamente il beato è sarcastico) il cane al passo col padrone […] e chi, siccome tiene un osso in bocca, non dirà la sua opinione. A certi esseri umani basta un sistema che permette di avere la pancia piena senza troppo sbattimento. È anche una forma di egoismo.
Questo brano inedito quale nuovo percorso musicale introduce?
Questo brano sicuramente è il primo passo, il primo tassello verso quello che sarà un prossimo nuovo capitolo di espressione musicale, diciamo così. Non ho ancora delle idee precise al momento ma sto scrivendo canzoni che, prima o poi, prenderanno la forma di un disco. Ma non ci sono ne una data né un periodo, lo dico sinceramente. Mi approccio alla scrittura con molta serenità e senza avere fretta. L’abitudine, poi, arriva dopo un periodo che è stato il fisiologico percorso dell’album ‘Volevamo solo essere felici’, uscito in pratica un annetto fa. Sono stato impegnato in un bellissimo tour che si è concluso con due palazzetti importanti, il Forum di Assago e il Palazzo dello sport di Roma, quindi tutto normale. Anzi, si può dire tutto naturale e, quindi, naturalmente si andrà avanti anche la musica
Foto di Daniele Barraco / Ufficio Stampa