Giuseppe Maggio a teatro con ‘L’Amore è come un brodo di giuggiole’: «Il presente, la magia del teatro»

Dal 3 all’8 dicembre 2024 – all’Off/Off Theatre di Roma – va in scena L’Amore è come un brodo di Giuggiole, scritto e diretto da Tommaso Agnese e con protagonisti Giuseppe Maggio e Denise Tantucci. La storia è divisa in capitoli: ogni capitolo racconta un momento nel tempo in cui i due personaggi si incontrano o affrontano delle dinamiche interiori. 

Luca (30) è un giovane squattrinato di periferia, simpatico e un po’ guascone, vive di espedienti e non riesce mai a mettere la testa apposto, abita ancora con l‘anziana madre a cui spesso ruba parte della pensione. Un giorno conosce Ginevra (25) una giovane borghese malinconica. Ginevra sta vivendo un momento difficile della sua vita, la relazione segreta con un uomo molto più grande di lei sposato e con figli è ad un punto morto. Un rapporto perverso e ossessivo che distrugge piano piano la sua quotidianità. L’incontro inaspettato con Luca, i suoi buffi tentativi di conquista riescono a distrarla. 

Luca dall’altra parte ha sempre più gravi problemi economici che nasconde a Ginevra per non sentirsi umiliato. Spesso sparisce, quando trova dei lavoretti come muratore o netturbino. Tra Luca e Ginevra c’è una differenza socioculturale incolmabile, entrambi fanno un inconsapevole sforzo per comunicare, ma alla fine i loro fantasmi riescono fuori, la verità viene a galla per entrambi, è un momento di cambiamento? Di analisi personale? Forse di maturazione o di accettazione che li porta da soli a confrontarsi con se stessi.

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L’Amore è come un brodo di giuggiole: intervista a Giuseppe Maggio

«L’approccio a questo spettacolo è stato stimolante. – ci dice subito Maggio – Realizzare uno spettacolo è diverso rispetto a un film, devi fare i conti con una continuità diversa. Il lavoro è più gratificante perché c’è un arco e ogni tassello deve stare al posto giusto. Al cinema capita di girare un giorno una scena e il giorno dopo una scena precedente. Non c‘è continuità, per me è una cosa nuova e lo stimolo è mettermi in gioco e uscire dalla comfort zone. Fino a questo momento, il lavoro fatto mi ha lasciato tanto».

Il personaggio di Luca ha, del resto, offerto all’attore anche nuovo terreno fertile su cui lavorare. «Mi ha permesso di esplorare un carattere lontano da me. – commenta Giuseppe – Luca è un ragazzo che vive un vuoto costante, che maschera in maniera a volte un po’ giocherellona e altre volte aggressiva. Lui scappa da questo suo senso di vuoto. Il titolo dello spettacolo è in fondo una frase fatta. Vuol dire tutto e nulla, è il modo di comunicare del mio personaggio per non scavare in profondità. Si troverà a doverlo fare e a fare i conti con se stesso, ma ha la volontà di trovare una strada differente».

Non il solito bamboccione, insomma. «Ovviamente cerca soluzioni all’inizio più semplici. – spiega l’attore – Vuole tagliare gli angoli. Invece di impegnarsi in un lavoro più faticoso, fa qualche lavoretto e campa senza portare avanti una vita strutturata. Questo suo vagare lo condiziona, ma ci sarà una svolta. Nella vita alcune persone sono in grado di rischiare e buttarsi, altre no. Il mio personaggio non l’ha mai fatto, ma capita anche a lui l’occasione. È un po’ lo stereotipo dell’uomo o ragazzo di oggi, ma lo leggo in chiave positiva: lui non vuole rimanere uno stereotipo».

E l’amore?

Tra Luca e Ginevra nasce quindi un amore, ostacolato però in parte dalla differente estrazione sociale. «È una storia di avvicinamento e allontanamento. – dice Giuseppe Maggio – È interessante la diversa espressione che abbiamo deciso di utilizzare io e Denise Tantucci. Anche linguistica, caratteriale e fisica. In questo senso, ho cercato un’espressione differente rispetto alla mia. Io ho più mezzi culturali di Luca, e più esperienze di vita. Sono molto diverso. Il mio lavoro è stato quello di cercare un’espressione differente, figlia anche di una classe sociale differente. L’incontro-scontro mostra a volte contraddizioni, ma anche delle vicinanze. Il punto di partenza è analogo e, da attore, è molto stimolante. È come se dovessi imparare di nuovo a muoverti nel mondo con una fisicità e vocalità diversa, con tempi differenti. Il nostro vissuto ci caratterizza nello scontro sociale e questo emerge ancora di più, ma è anche molto affascinante».

Chiediamo a Giuseppe se lo spettacolo in parte esplora anche la difficoltà di instaurare relazioni tipica del nostro tempo. «La difficoltà oggi nelle relazioni è evidente, ma spesso è viziata banalmente da strumenti che ci impediscono una reale connessione. Di questo sono convinto. – ci risponde – Oggi è più facile approcciarsi e dichiararsi perché tra noi e l’altra persona si frappone uno schermo. Ci vuole coraggio ad affrontare le proprie paure e insicurezze e a relazionarsi all’altra persona. Il mio personaggio lo fa ed è singolare, perché è vista come una cosa anormale. La difficoltà che hanno molti giovani oggi è questa, così come il fatto che si scappi di fronte alla prima difficoltà. Credo sia profondamente sbagliato, perché le grandi storie d’amore sono caratterizzate anche da momenti di crisi, sofferenza e delusioni. Certo, c’è tanta gioia però è normale che non sia sempre tutto rosa e fiori. Tante persone non affrontano il problema, in questo spettacolo lo affrontiamo e c’è l’intenzione di farlo come si faceva un tempo».

Il mondo del teatro per Giuseppe Maggio

Per Giuseppe Maggio l’esperienza a teatro è un debutto. E, senza dubbio, professionalmente si sente arricchito. «Devi innanzi tutto avere controllo del tuo strumento, corpo e voce, oltre al lavoro emotivo. – ci spiega – Credo sia necessario anche al cinema, ma lì ci sono soluzioni che possono mascherare delle incapacità o una minore preparazione. Si lavora coi microfoni e le inquadrature possono escludere il corpo nella sua totalità. Può esserci mutismo o immobilismo del corpo e nessuno se ne accorge. A teatro no, quindi è interessante innanzi tutto perché mi ha permesso una scoperta. Se vivi un’emozione con tutto il corpo la percepisci di più. Questa cosa mi sta facendo crescere e spero di portarla con me anche davanti alla macchina da presa».

Per quanto riguarda l’uso della voce, «il teatro non vede con grande favore l’utilizzo del microfono», precisa l’attore. «Quando sei padrone della tua voce e entri in scena vocalmente acquisisci sicurezza e profondità. – spiega Giuseppe – Ci sono modulazioni, ma fa parte del lavoro dell’attore. È una dinamica pre-espressiva. Vorrei portarla avanti affiancandola a un lavoro cinematografico o televisivo». «Al momento sono stimolato, ma non so se a 3 ore dal debutto sarà più lo spavento o lo stimolo. – continua poi – È talmente tanto il desiderio di vivere e entrare in quel mondo che ho un po’ di timore di non riuscire. Sono preoccupato di non essere all’altezza, ma è anche questo il bello perché ti porta ad essere presente in quel momento. Devo ricordare un testo lungo, ci sono transizioni emotive e fisiche, non puoi distrarti. È il classico qui e ora, ma stare nel momento presente è anche la magia del teatro».

E infatti Giuseppe Maggio conclude: «Oggi lo spettacolo dal vivo può rappresentare una valida alternativa rispetto anche a una serie di problematiche che stiamo vivendo. C’è una iper-offerta tra i canali streaming e anche il cinema ne sta soffrendo molto. Nel teatro c‘è immediatezza e carnalità, è vivido. Dovrebbe essere rivalutato e banalmente il teatro nel tempo è stato anche specchio del cambiamento, quindi mostra al pubblico una possibilità».