Sabato 10 e domenica 11 dicembre al Macro di Roma si sono festeggiati i primi 20 anni di vita con questo nome: due giornate di incontro durante le quali si sono ripercorse la storia del museo e il suo rapporto con la città di Roma. Punto di partenza, le personalità che hanno diretto il Museo in questi vent’anni, che hanno presentato in successione i momenti, i temi e i protagonisti che hanno contraddistinto il palinsesto del Macro. La giornata seguente è stata invece dedicata alle prospettive della città e del suo sistema dell’arte contemporanea.
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Si è parlato quindi dell’evoluzione del panorama museale contemporaneo romano, del pubblico di oggi e di quello del futuro e del sistema-Roma come punto di attrazione internazionale, ma anche del rapporto con le fondazioni e i privati. Infine, spazio anche alla linfa vitale dei musei, gli artisti, in particolar modo la nuova generazione.
La storia del Macro, dal 1911 al 2002
Il Macro festeggia vent’anni di attività con questo nome, ma la storia della struttura è molto più lunga ed affascinante. L’area su cui poi sorgerà il Macro -tra via Reggio Emilia, via Nizza e via Cagliari- viene acquistata dalla società Birra Peroni nel 1911 e l’anno dopo si inizia la costruzione degli edifici, destinati a stalle e magazzini. Il complesso rappresenta dunque un raro esempio in città di archeologia industriale.
La Società Birra Peroni fra il 1978 e il 1982 inizia a cedere al Comune una parte del complesso, ormai caduto in disuso, per destinare gli immobili a servizi di quartiere. Nel 1989 il Comune assegna poi lo stabile come sede alla Galleria Comunale D’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, che verrà inaugurata nel 1999.
Nel 2000 il Comune di Roma indice un concorso internazionale di progettazione, che viene vinto dall’architetto francese Odile Decq, che riceve l’incarico per la realizzazione dell’ampliamento del museo. I lavori sono avviati nel 2004. Nel 2010 il Museo, che ha cambiato nel 2002 il nome in MACRO — Museo di Arte Contemporanea di Roma, riapre i battenti al pubblico.
«L’intervento di Odile Decq conferisce al museo un sistema dinamico di articolazioni e collegamenti molteplici. I grandi spazi quali le sale espositive (che occupano una superficie complessiva di 4.350 mq), il foyer, l’auditorium e la terrazza sono collegati da scalinate, ascensori, ballatoi e passaggi che, oltre a offrire prospettive tangenziali e punti di vista sequenziali, rendono l’esperienza dell’architettura del museo dinamica ed eterogenea», si legge sul sito del Macro.