Dal 22 settembre all’8 ottobre, il polo fieristico nazionale PalaUnical di Mantova ospita Amici x Sempre, la mostra ufficiale sulla storia dei Pooh. Un percorso narrativo ideato e curato da Maurizio Pilenga, che in quasi cinquant’anni ha raccolto materiale di ogni genere riguardo la vita e le canzoni della band. Un’esposizione studiata per narrare la nascita e l’evoluzione del gruppo su oltre 3000 mq espositivi. A raccontarcela è proprio Maurizio Pilenga.
Come nasce e come hai sviluppato quest’esposizione? Sono tanti anni di bellissima storia.
«Nel momento in cui i Pooh hanno deciso – dopo la sosta del 2016 – di riprendere la carriera, mi sono quasi sentito in dovere come collezionista e storico di mettere un punto fermo a questa storia che dura da 57 anni. Quello che ho sempre detto è che è una mostra rivolta ai fan, ma soprattutto al pubblico che conosce i Pooh solo per averli visti un paio di volte in televisione. Tutto quello che ho inserito in mostra ha lo scopo di cercare di dare continuità a questa storia. Parto dal 1966: all’epoca, dei Pooh attuali – compreso Facchinetti – non c’era nessuno. Troverete quindi un servizio fotografico di 20 foto con la primissima formazione, nata il 28 gennaio 1966. Ci sono poi articoli relativi a questa prima formazione. Ne ho scelti due: il primo è titolato Siamo nati per scherzo, il secondo – molto azzeccato per la mostra – Vi raccontiamo la nostra bella favola. Era maggio del 1966. Da questi articoli parte la mostra».
La mostra Pooh – Amici x Sempre: gli elementi inediti
Leggevo che ci sono molti elementi inediti, quando è iniziato il tuo viaggio da collezionista?
«È iniziato in modo semplice e banale. Mio papà mi regalò un disco dei Pooh e giuro che li ho cercati sull’enciclopedia. Non sapevo neanche chi fossero e alla parola Pooh non c’era scritto niente. Da lì però ho rotto le scatole ad amici e parenti, chiedevo a chi andava a un loro concerto di portarmi a casa manifesti, poster… A suo tempo, ho cercato di trovare pubblicazioni che mi potessero far arrivare la loro storia. Oggi si sa tutto, ma 40 anni fa non sapevamo niente. Sono andato poi alla ricerca dei dischi precedenti, poi di quelli successivi e alla fine il libro l’ho scritto io. Ho preso di tutto».
Chi meglio di te del resto?
«All’inizio della mostra infatti ho messo un poster fatto appositamente con le dieci formazioni dei Pooh. Dal ’66 a oggi. Nessuno sa che la formazione è cambiata ben dieci volte. È difficile perché, da collezionista, c’è sempre quella sensazione di svuotare l’armadio. Sono una collezionista anomalo e per questo mi hanno dato l’appellativo di storico. Sono andato a cercare quelle cose che sono abbastanza inedite anche a livello cartaceo, ma che mi davano possibilità di dare continuità alla storia. Ho evitato il gossip e tutto ciò che sono i Pooh da solisti. Nella loro carriera ognuno di loro, da solo, ha fatto dischi e iniziative. Per me però la parola è Pooh e resta quella. La storia deve essere veritiera e semplice perché mi metto nei panni di chi non la conosce».
Il valore storico e giornalistico
Quale pezzo in mostra ti è costato di più condividere?
«Parlando anche con altri collezionisti, ho capito che è sempre molto difficile togliere qualcosa da casa. Nel momento in cui lo metti fuori, devi considerare che possa andare rotto quando lo trasporti o lo monti, che possa perdersi. Bisogna abbandonare un po’ la gelosia tipica del collezionista. In questo caso ce l’ho fatta, soprattutto perché il mio intento è far conoscere la storia dei Pooh. È inutile quindi che qualcosa resti nel mio armadio se possono conoscerla tutti e avere un quadro ufficiale della storia. La storia dei Pooh non è solo Piccola Ketty, Pensiero e Tanta voglia di lei. Hanno fatto molto di più».
Una mostra per tutti, quindi.
«Sì, è aperta a tutti. Penso a giovani giornalisti che vedono la carta stampata del ’71, con tutto battuto a macchina e collage neanche riconducibili a quello che facciamo oggi. Gli artwork erano traslucidi. È un discorso bello anche dal punto di vista della storia italiana, perché in 50 anni – a livello di comunicazione – è cambiato molto. Pensa alla pubblicità: oggi dobbiamo usare per forza il logo dei Pooh mandato dall’ufficio stampa, ma un tempo potevano scriverlo in qualsiasi modo».
È anche in parte storia del giornalismo musicale.
«Sì, poi ci sono cassette stereo 8 che nessuno ricorda. Penso a un giovane di 20 anni, io stesso le ho usate appena appena. Se leggi gli articoli poi, all’inizio era tutto gossip. Oggi il giornalismo è più attento, più tecnico, c’è l’intervista che una volta non c’era. All’epoca tutto era condito da tante stupidate».
I materiali audiovisivi della mostra
Cosa puoi dirmi invece sui materiali audiovisivi della mostra?
«I Pooh ormai hanno regalato al pubblico qualsiasi cosa e tutto quello che ci poteva essere è stato prodotto e già visto. Nella mostra c’è un’intervista fatta in America Latino con i brani in spagnolo. I Pooh si raccontano in lingua inglese, anzi in anglo-bergamasco. È molto carina, caratteristica. Ci sono poi porzioni di concerto registrate e messe su dvd. Ho cercato di prendere concerti in cui ci sono anche interviste. Vedere due ore di concerto in mostra non ha senso, ma vedere spezzoni in cui si raccontano è carino».
È un approfondimento.
«Li conosci come persone e non come artisti».
A questo punto ti chiedo qual è, secondo te, il vero valore artistico e musicale dei Pooh.
«Il logo nuovo con l’infinito lascia presagire qualsiasi cosa, che possano finire con l’anno o andare avanti altri 20. Non lo sappiamo e forse non lo sanno neanche loro. Tant’è che la mostra si doveva chiamare all’inizio Infiniti noi, ma poi per continuità con ciò che sta succedendo l’abbiamo chiamata Amici x sempre e ci sta. Entrando nella mostra c’è un mio scritto, in cui dico che il segreto del loro successo, al di là di ciò che raccontano in tv, è che la storia dei Pooh va al di là dei singoli. Il logo Pooh fa la differenza, chiunque ne può far parte. Il valore aggiunto è proprio essere sotto la capanna Pooh».
Un dato riconosciuto dagli stessi membri dei Pooh.
«Come dicono loro stessi, da soli non siamo il 25% ma insieme facciamo il 100%. Adesso purtroppo con la scomparsa di Stefano D’Orazio sta mancando molto la fantasia del gruppo. Tecnicamente però fanno un concerto di tre ore e mezza a 80 anni. Come diceva proprio D’Orazio se mettete in conto quanto tempo abbiamo aspettato i bagagli in aeroporto, sono 25 anni».
Biglietti: intero 12€ + prev. / Ridotto 8€ + prev.
Per informazioni e acquisto biglietti: www.palaunical.com e www.ticketone.it.