Il concerto inizia puntuale alle 20.30 con il contributo dei Nosound. Il gruppo romano – attivo dal 2005 – scalda il pubblico con le suggestive sonorità prog dei loro brani.

Più tardi gli stessi headliner ringrazieranno sentitamente i No Sound dal palco.

Non è la prima volta nella Capitale per la formazione britannica, che dal palco dichiara il suo affetto per la città. La band alternative-rock da così il via al suo tour europeo.

Questa è l’attuale formazione: i fratelli Vincent e Daniel Cavanagh (chitarre e voce), i fratelli John e Lee Douglas (percussioni e voce) e Daniel Cardoso (tastiere e basso). Li accompagna nel tour anche il bassista Duncan Patterson.

La band, originaria di Liverpool, è attiva degli anni ’90 – la loro prima uscita, “Serenades”, è del 1993. Sono ben undici gli album in studio degli Anathema. La loro ultima fatica – del 2017 – si intitola “The optimist”.

Il live inizia con Thin Air, prima traccia dell’ottavo album – We’re Here Because We’re Here. L’avvio con questo brano del 2010 è solo un fugace sguardo sul passato prima di passare in rassegna le atmosfere dell’ultima fatica “The Optimist” – 2017.

Impressionante il lavoro di light design per lo show: non tanto per l’impiego di chissà quali tecnologie, quanto per la dinamica fra luci, proiezioni e musica, talmente ben orchestrata da divenire parte integrante del significato delle canzoni stesse.

Le proiezioni ci fanno volare per il cosmo, ci offrono lo spettacolo di un viaggio on the road dal punto di vista ora del conducente, ora del passeggero che osserva fuori dal finestrino.

L’ultimo album, “The Optimist”, pur essendo sicuramente meno oscuro e rarefatto dei precedenti lavori, non tradisce totalmente le atmosfere malinconiche che hanno attratto la gran parte del loro pubblico, conquistato con i primi 8 album.

Il nuovo mood non dispiace, anzi, fa ballare ed emozionare gli spettatori.

Le immagini si deformano e i colori si accentuano in forme disciolte e poi ricomposte in segni geometrici. Un effetto psichedelico in armonia coi giochi di luce sul palco e, ovviamente, con i brani della band. In men che non si dica torniamo indietro nel tempo.

Dopo la carrellata sul nuovo album, gli Anathema danno in pasto al loro pubblico alcune chicche: A simple mistake (2010), A natural disaster (2003) e Untouchable – part 1 e part 2 – (2013).

La chiusura con Fragile Dreams (1998) ha coinvolto tutto il pubblico in un coro finale struggente e delicato al tempo stesso.