Tredici 2, qualche riflessione
Appena si finisce di vedere Tredici, soprattutto se si è reduci da un binge-watching, ci si sente come appena usciti da una centrifuga: spiazzati, agitati dai sentimenti contrastanti che questa serie, nel bene e nel male, riesce a tirare fuori.
E’ una seconda stagione complessa, come forse solo la testa di un adolescente potrebbe essere, e gli autori ci hanno buttato dentro un po’ di tutto: amore, redenzione, rabbia, il sempreverde bullismo, quello che ieri si chiamava predominiio WASP e oggi si chiama White male privilege ,un occhio strizzato al #metoo e l’altro alla piaga della Gun Violence.
Un senso di ingiustizia
C’è un senso di ingiustizia profondo che permea le tredici puntate: nello sconvolgente finale Olive, la mamma di Hannah, consegna a Clay una lista di motivi per cui non suicidarsi, che la figlia aveva scritto al pc. Purtroppo solo 11, contro i 13 che invece l’hanno spinta al gesto.
Hannah Baker ha sbagliato
Se Tredici doveva passare un messaggio, in questa seconda stagione, era quello dell’assoluta stupidità del gesto di Hannah Baker e forse ci è riuscito.
Pur tra luci ed ombre e con qualche incertezza narrativa, come il perfido Montgomery, mente di tutto eppure personaggio sempre secondario, oppure la love story inspiegabilmente segreta fra Hannah e Zack
Reazioni a catena
Il suicidio di Hannah ha dato il via ad una serie di reazioni a catena dalle conseguenze devastanti: Bryce Walker che viene accusato di stupro ma la fa praticamente franca, la famiglia Baker perde la causa contro la scuola, la scuola stessa continua a permettere ai bulli che la dominano di perpetrare violenze allucinanti ai danni degli studenti più deboli. E per un pelo si sfiora la strage.
terza stagione? No grazie
Mi è piaciuta questa seconda stagione di Tredici?
Più della prima e dei suoi buchi narrativi, e già so sicuramente più della terza che, a giudicare dal finale, Netflix ci proporrà la prossima stagione.