Pier Cortese ci racconta ‘Ero’, l’ultimo album di Discoverland. È il primo progetto di inediti, ricco di domande (condivise).

Si intitola Ero il nuovo disco di Discoverland, il duo formato da Pier Cortese e Roberto Angelini. È il terzo di questo progetto e, per la prima volta, ci troviamo ad ascoltare un concept album interamente composto da canzoni inedite. Un lavoro di otto brani, realizzati da Cortese e Angelini con la collaborazione di Leo Pari e la partecipazione di Niccolò Fabi, penna, musicista e voce nei brani Gange, Terza Età e Karmatango. Ci siamo fatti raccontare questo lavoro da Pier Cortese.

Per la prima volta, Discoverland dà vita a brani inediti. Come nasce Ero e perché arriva proprio ora?
«Ho proposto a Bob questo nuovo profilo artistico. C’è stato un brevissimo momento di resistenza iniziale, dovuto all’abbandono di piccole certezze che erano il format di Discoverland, che aveva in qualche modo già la sua funzione. Io, in particolar modo, all’inizio avevo proprio più bisogno di avere la possibilità di fare il passo definitivo con gli inediti. Anche perché tutto quello che facevamo prima, con i capolavori e le canzoni edite, era riscrivere le melodie e l’armonia. Già una specie di preludio all’inedito, no? Questo passaggio, inizialmente, è stato un po’ più macchinoso. Ma è poi diventato fonte di grande entusiasmo alla prima session in studio. Abbiamo buttato giù un po’ di cose e avuto la sensazione che tutto potesse andare per il verso giusto. Come poi è stato».

Anche a livello sonoro è un album molto ricco. La prima traccia è quasi distopica, mentre altri brani sono più acustici. Avete tracciato per ogni brano uno specifico abito sonoro?
«Noi condividiamo sempre questo entusiasmo per la ricerca sonora che passa attraverso la logica dei paradossi. Ci diciamo spesso Proviamo a fare questa cosa assurda. E le cose assurde diventano piano piano più armoniose. Troviamo sempre un punto di incontro e un centro focale. Come se scattassimo una fotografia che non avevamo mai visto prima. Questo è sicuramente il nostro modo di lavorare, dopodiché abbiamo seguito un concept che dà vita al disco. In qualche modo è una linea, per non finire nell’idea di scrivere canzoni. Le canzoni sono arrivate strada facendo, non sono state il punto di partenza. Volevamo realizzare una narrazione di alcuni aspetti della vita: piccoli schizzi, quadri che necessitano la costruzione di un mondo sonoro».

Discoverland, Ero e la ricerca sonora

Un processo semplice o complicato?
«Alla fine abbiamo un cuore pop. Le emozioni sono una parte fondamentale, al di là della ricerca stilistica e sonora. La canzone comincia a sgomitare e a chiedere i suoi spazi, la sua colonna sonora, i suoni più adatti. È stato come lavorare il pongo: abbiamo modellato le cose strada facendo. La diversità è anche nella narrazione e nel suono. Penso a Gange: dopo il viaggio in India ha acquisito sonorità orientali che però non volevamo fossero retoriche. Le abbiamo quindi occidentalizzate e rese elettroniche. È successo anche con Karmatango che sembra classica, ma che sfocia poi in un mondo electro. L’apertura è distopica perché voleva essere epica. Proprio per dare l’idea concettuale di quello che sta per arrivare».

A questo proposito, volevo chiederti di Siren.
«Siren è proprio un viaggio. Entri in quella dimensione, ma è un viaggio impaurito. Infatti c’è una domanda: Stai cercando una risposta come Ulisse sopra i mari, sei in balia della corrente o sai bene dove andare?. Tutta la musica ruota intorno a questo viaggio timoroso, di ricerca. Che poi, in fondo, il disco è pieno di domande, che sono anche condivise. Sono le domande che l’essere umano si pone per evolvere e per andare avanti».

Come mai allora questo titolo, Ero? La title track non è malinconica, anzi.
«In realtà quel brano, come il verbo, ha a che fare con la reincarnazione. Ne parla ironicamente, così come parliamo del karma. Se apri l’ombrello al passante, pioggia non sarai, no? Mi piace pensare che forse siamo nell’idea ciclica delle cose, apparteniamo ad un mondo naturale. C’è sempre un’idea ancestrale in questa ricerca di vita, c’è sempre qualcosa che è molto più profondo del racconto stesso. Cerchiamo profondità che magari, apparentemente, non vengono fuori. Ma nei dettagli ci sono».

Infatti, non a caso, l’album si chiude con Al di là. Mi sembra un brano pieno di speranza.
«È esattamente così. È vero che finiamo con una luce: un bacio sulla bocca ci salverà. C’è l’idea di trovare una via di fuga e di salvezza, l’idea dell’amore, della creazione di cui il bacio sulla bocca è il principio. L’essere umano, nonostante tutto, può continuare la sua sopravvivenza. Anche se stiamo veramente mettendo a dura prova qualsiasi forma di vita e di esistenza. Essenzialmente lasciamo questa parte di luce che era importante anche per noi, per avere una spinta in avanti».

Discoverland: i live e la collaborazione con Niccolò Fabi

Volevo chiederti qualcosa dei live e, soprattutto, del fatto che vi accompagnerà Niccolò Fabi.
«Con Niccolò siamo amici e, in quanto tali, cerchiamo sempre un pretesto per fare le cose insieme. Precedentemente siamo stati io e Bob a occuparci delle sue canzoni, adesso ci ricambia la cortesia impreziosendo il live. Per lui è anche un modo per togliersi di dosso la luce da cantautore. Sappiamo benissimo cosa vuol dire ed è proprio un altro sport. Vivi la musica in maniera competente diversa, de-responsabilizzandoti anche da tante cose. È l’idea di giocare con la musica, di suonare, fare il musicista che è un po’ quella cosa che ci ha fatto innamorare. Con grande entusiasmo, Niccolò viene a fare il musicista aggiunto a Discoverland. Ovviamente, anche nel disco, ha impreziosito non solo il singolo ma ci ha dato piccoli consigli, sempre molto saggi e utili. Iniziamo proprio lunedì prossimo l’allestimento».

Un’ultima domanda: Ero è un album che – per maturità umana più che artistica – sarebbe potuto uscire solo adesso?
«Assolutamente. Il cantautore racconta la vita e la riflette. È difficile non essere aderenti a quello che è il tuo pensiero di ora, il tuo vissuto di ora, i tuoi pensieri di ora. Ero è sicuramente frutto di quello che siamo adesso, delle domande che ci facciamo e della musica che vorremmo ascoltare. Non stiamo ad aspettare che una radio ci passi la canzone. Questi dettagli li abbiamo abbandonati tanti anni fa. Corriamo rischi con grande libertà, facendo quello che ci piacerebbe ascoltare. Dà anche una slancio diverso, una sincerità diversa: è esattamente che siamo».