Abbiamo chiacchierato con Enzo Muscia per farci raccontare la vera storia narrata dalla fiction Il Mondo sulle spalle e dal libro Tutto per tutto.
Enzo Muscia: “La mia una storia di coraggio e follia consapevole”
Il 19 febbraio su Rai1 è andata in onda la fiction Il Mondo sulle Spalle, che racconta la storia di Enzo Muscia. Enzo, operaio di Saronno (interpretato da Beppe Fiorello) è riuscito infatti nell’incredibile impresa di salvare l’azienda per cui lavorava (la Anovo), rilevandola dopo aver ipotecato la propria casa e salvando in questo modo tutti i suoi amici e colleghi. Insignito nel 2017 del titolo di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana dal Presidente Sergio Mattarella, Enzo Muscia ha tracciato la sua storia nel libro Tutto per tutto (edito da ROI Edizioni) che – con un punto di vista autobiografico – narra le vicende portate sul piccolo schermo dalla fiction diretta da Nicola Campiotti.
Ciao Enzo, come stai?
Sto girando tantissimo. Non so in che città sono e che ore sono. So solo che ora sono a casa, appena entrato. Ora abbiamo la visione collettiva della fiction in azienda.
A questo proposito, come stanno reagendo in azienda a tutta questa visibilità?
Io personalmente ancora non ci credo. In qualche momento mi sembra che parlino di qualcun altro. Mi sento un po’ spettatore. I collaboratori invece sono contenti, anche se si sono abituati un po’ troppo a finire sui giornali e in tv quindi si stanno adagiando un po’…
Addirittura!
No, scherzo. Sono contentissimi. Vedremo la fiction tutti insieme col maxi schermo in azienda. Sarà un’emozione.
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Parliamo del libro e della fiction. Vieni ormai definito un eroe dei nostri giorni, ma è così che ti senti?
Non proprio, non sono mancati momenti difficili sin dall’inizio. Nonostante la passione e la dose di coraggio che riconosco di aver avuto nel fare questo passo. Momenti difficili ce ne sono stati e ce ne sono ancora. In alcuni giorni viviamo in un limbo o nella paura di perdere parte del lavoro, perché la visibilità è purtroppo a breve termine. Questo però ci stimola ancora di più a far bene, a rimanere a galla per portare a casa stipendi sereni ogni mese. Ce l’abbiamo fatta per sei anni. Il mio obiettivo, di base, è quello di dare a questa storia una visibilità a lungo termine. La parte più difficile, credetemi, arriva quando devi mantenere quello che si è fatto. Un occhio è fisso al mantenimento, l’altro allo sviluppo. Continuiamo così…
E l’idea del libro da dove nasce?
Il libro nasce dalla voglia di trasferire questa testimonianza. Non è un messaggio, perché è qualcosa di più concreto. Volevo raccontare ciò che siamo riusciti a fare ai giovani, agli imprenditori, al libero professionista che ha bisogno di una dose di coraggio in più e si vuole ispirare a qualcuno che ce l’ha fatta. Se ce l’ha fatta una persona normalissima come me, possono farcela davvero tutti. L’Italia è piena di brava gente, e lo so perché in questi giorni ricevo centinaia di conferme. Ben venga quindi il fatto di aver messo nero su bianco la mia vicenda, di aver parlato dei principi su cui mi sono basato, dai valori alla famiglia. Il libro si intitola Tutto per tutto e lo consiglio perché è scorrevole, non è un mattone, è un libro persino divertente e nella prima parte scoprirete perché. Lo consiglio a chi vuole crederci un po’ di più e ha bisogno di un’iniezione di positività.
Parli di coraggio e di follia. Col senno di poi pensi che siano stati questi due elementi a spingerti a rilevare l’azienda per cui lavoravi?
Sì, è l’insieme del coraggio e di un pizzico di follia. Senza abbandonare però la consapevolezza. La follia da sola non ti aiuta. La follia con i piedi per terra è invece utile. È importante definire l’obiettivo, ma per uno normale come me va bene fare un passo piccolo, piuttosto che il passo più lungo della gamba. Io credo ancora nella follia intesa come innovazione e credo nella fede. Se credi in una cosa, anche se ti trovi davanti tantissimi ostacoli, non fermarti.
Perché la tua storia ha colpito così tanti italiani secondo te?
Perché ce la stiamo facendo. E poi perché ce l’ha fatta una persona come me che arriva dal basso. Mi sono messo sempre in gioco, ho studiato le persone e gli atteggiamenti per capire come ci si comporta in determinati ambienti e situazioni. La gente vede che ce l’ha fatta uno come me e pensa Ce la posso fare anche io. È la verità. Io non ho scelto di percorrere la strada più facile. Quando l’azienda è fallita, ho ricevuto proposte di lavoro. Avevo tanta esperienza e i miei competitor mi avevano cercato. Io però ho scelto la strada più difficile, quella in salita e piena di buche. Non ho pensato solo a me, ma alla competenza che c’era a bordo. Ho avuto fiducia nei miei colleghi e questo è quello che ha fatto la differenza.
Pensi che quindi a colpire sia stato alla fine questo senso di comunità?
Sì, il senso di squadra. La squadra è quella che vince. Dove non arriva Michele, arriva Anna. La squadra non è un gruppo di persone, perché un gruppo alla fine è solo un numero. La squadra invece è coesa, ha lo stesso obiettivo e deve essere ripagata con i risultati. Io di questa squadra sono il leader. Il leader però, per me, è colui che deve dimostrare con i fatti e non con le parole di cosa è capace. In Italia di oratori ne abbiamo a sufficienza, guarda i nostri governi. Se dimostri con i fatti, la squadra ti viene dietro e ti segue.
Devo dire che, da spettatrice, il fatto che ci affascini il senso di squadra ha un sapore un po’ dolceamaro. Abbiamo bisogno di esempi di team positivi, vuol dire che in giro ce ne sono pochi.
È vero, però vuol dire anche che il senso di squadra esiste, e questo è il bello. Bisogna tirarlo fuori. Io ricevo – e non sai quanto mi stanno aiutando – migliaia di conferme da tutta Italia, da tutte le classi, gente che mi dice Enzo mi hai ispirato. Il senso di squadra c’è, va solo risvegliato.
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Come è arrivata invece l’idea della fiction?
Sono stato contattato dal regista. Mi disse che era onorato di conoscere un Cavaliere al merito. Aveva capito che ero un ragazzo normalissimo e, proprio per questo, si è sviluppato un rispetto reciproco. Nicola è un professionista anche se Il Mondo sulle Spalle è la sua opera prima. Disse che la mia storia era fantastica e che ci voleva fare un film. Io mi son messo a ridere perché non è il mio ambiente. Mi sono anche illuso perché per un momento ho pensato di dover fare l’attore. Mi ha disilluso subito (ride, ndr). Però sì, da parte sua c’era questa tenacia nel voler raccontare la mia storia, sapendo che niente fosse certo, perché non era detto che il progetto venisse promosso. Io gli ho raccontato quello che era successo con la massima serenità. E poi ne è seguita la solita prassi, ma son cose che fanno loro. Ne son venuto a conoscenza a cose fatte: il film aveva passato i vari test ed era stato scelto tra tante proposte. Hanno iniziato a girare e io sono andato sul set un po’ di volte. Così ho conosciuto Beppe che è una persona straordinaria. Dopo due anni a fare e disfare, ora finalmente vediamo questa fiction. Mi sembra di parlare di qualcun altro.
Ti rendi conto che vedrai Beppe Fiorello che ti interpreta?
Penso che sia una cosa bellissima, no? Io seguivo Beppe da un po’ di anni, pensa quando mi hanno detto che mi avrebbe interpretato… Dopo dieci minuti sembrava ci conoscessero da tempo. Anche questa è una storia che ha dell’incredibile.
Ma ti saresti mai aspettato tutto questo? La fiction, il libro, il Cavalierato?
No, nel modo più assoluto. Né la fiction, né il libro, né il Cavalierato. Mi ero prefissato di vincere nel lavoro, riuscendo a dare qualche posto in più. Nulla di quello che è successo era lontanamente nei miei pensieri. Alcune cose non sapevo neanche esistessero. Ora spero solo che i telespettatori siano tanti.