Joker nella Bologna del 1977: è la storia di ‘Joker: Strategia della tensione’ di Paolo Bacilieri, Enrico Brizzi e Vincenzo Filosa.

In occasione del Batman Day, che si celebra il 21 settembre, il disegnatore Paolo Bacilieri e Enrico Brizzi hanno realizzato Joker: Strategia della tensione. Una storia incredibile che porta il Principe Pagliaccio del Crimine a Bologna. La storia è presente anche all’interno dell’antologia Joker: Il Mondo: entrambi i volumi sono disponibili da giovedì 19 settembre 2024. Ne abbiamo parlato con Paolo Bacilieri.

Joker: Strategia della tensione: intervista a Paolo Bacilieri

Le appendici del volume ne spiegano molto bene la genesi. So perché avete scelto Bologna, ma ero curiosa di capire come mai la scelta si è rivolta verso quel periodo storico, gli anni ’70. Joker probabilmente sarebbe stato perfetto in ogni momento sociale o politico italiano degli ultimi 100 anni.
«Credo che Enrico abbia voluto sfruttare non solo e non tanto il valore ambientale italiano, ma anche quello della sua storia recente che è particolare, per molti aspetti incredibile. Ero un ragazzino all’epoca, parliamo del 1977, ma agli occhi di molti italiani di oggi quel periodo risulta effettivamente incredibile. È un’Italia molto diversa da quella di oggi, ma che rispecchia per certi aspetti il nostro presente. In modo anche inaspettato. Ti faccio un esempio».

Prego.
«Mentre stavo disegnando la storia di Joker, con gli studenti che manifestano e si scontrano con i poliziotti, negli USA stava succedendo il finimondo nelle università. È uno dei tanti aspetti in cui il passato si rispecchia nel presente. Credo che sia questo il motivo principale della nostra scelta».

Credo sia proprio geniale il modo in cui Joker è stato inserito nell’italianità. Abbraccia quella che voi definite un’anarchia perenne.
«L’intento sia di Enrico che mio era appunto dare a questo personaggio bello e iconico uno scorcio, un punto di vista propriamente italiano. Non solo dal punto di ambientale, che è molto importante nel disegno: bisogna, in fondo, restituire la bellezza di Bologna che è molto diversa da Gotham City. Abbiamo puntato anche su aspetti caratteriali del nostro paese in cui far interagire questo personaggio. Nella storia ci sono due ragazzini che leggono una coppia di Batman stile Cenisio, che usciva negli anni ’70. Ecco, quei due ragazzini siamo io e Enrico. È il nostro atteggiamento nei confronti di un personaggio come Joker: l’atteggiamento da nerd entusiastici».

Joker: Strategia della Tensione, un dandy decadente

A proposito dei disegni, Enrico ti ha lasciato dei chiari riferimenti anche estetici. Come ti sei approcciato, più nello specifico, a Joker? A me ha ricordato Jep Gambardella de La Grande Bellezza.
«Non ho pensato a questo parallelo, ma ora che mi ci fai pensare c’è questo aspetto un po’ dandy. È elegante e pericolosamente affascinante. Credo che anche l’intenzione di Enrico fosse quella di tratteggiarlo in questo modo, di sottolinearne l’aspetto fascinoso. Io sono stato molto attento a curare il punto di vista visivo ed estetico: non solo l’aspetto, ma anche i vestiti che porta sono attentamente studiati per questo scopo».

Riassume anche questa sorta di classica ribellione italiana al potere, no?
«C’è questo effetto di eleganza decadente, anche se volevo che rimanesse Il suo aspetto alieno. È americano, non latino. Se dovessi fare un gioco cinematografico, al quale mi inviti, più che da Toni Servillo lo farei interpretare da un John Malkovich un po’ più giovane, perché Joker è un personaggio statunitense. Un italiano che invece potrebbe interpretare Joker è proprio Enrico che, secondo me, ha una faccia da Joker incredibile».

Prima hai citato il dettaglio del fumetto degli anni ’70. Quanto ti sei divertito a tratteggiare questo salto indietro nel tempo e a disegnare dettagli tipici dell’epoca. Mi viene in mente anche l’edicola di quegli anni, ormai se ne vedono poche così.
«Ce n’è ancora qualcuna che resiste, almeno qui a Milano, ma effettivamente sono diventate molto rare. È vero, è un aspetto del fare fumetti per me molto importante quello della cura ambientale dei dettagli. Anche qui, come faccio in molti altri casi, sono andato a vedermi foto e immagini dell’epoca e della Bologna di allora. Il segreto, se così si può chiamare, è di pensare ai macro-aspetti ambientali ma anche ai micro-aspetti. Anche i cassonetti rovesciati sono diversi da quelli di oggi, come le macchine e i vestiti. Fare fumetti è un po’ come avere la Delorean di Ritorno al Futuro: permette di andare indietro nel tempo e portarci anche il lettore. È uno dei super poteri che abbiamo noi fumettisti». 

Gioie e dolori di disegnare Joker

Un progetto simile, per un fumettista, è croce e delizia?
«Effettivamente per me è un’assoluta prima volta. Non avevo mai fatto niente del genere. So che gli americani e gli inglesi, chi insomma lavora con le major americane, chiamano le pagine su cui disegniamo non tavole ma submission. Significa c’è qualcun altro che deve giudicare se sono degne di essere pubblicate e se vanno bene o no. Così è stato per questa storia, che ovviamente ha avuto bisogno dell’approvazione di DC Comics. Io credo che il nostro atteggiamento, parlo anche per Enrico, sia stato proprio di totale entusiasmo. Anche incosciente, ignaro di questi meccanismi. C’è una battuta del Joker di Heat Ledger che mi è tornata in mente facendo questo lavoro: I’m a dog chasing cars, Sono un cane che insegue le macchine. È come mi sono sentito io facendo questa cosa. Non ragiono o rifletto sulle implicazioni, e questa è una bellissima battuta in cui io e Enrico ci riconosciamo totalmente».

Tra l’altro, spero di farti piacere, quasi vorrei una serie intera sulle avventure di Joker in Italia.
«Ne parlo con Enrico e ti faccio sapere. Ci tengo però a citare un altro degli uomini decisivi: il colorista, mio fidato compagno di molte avventure e malefatte, Vincenzo Filosa. Ha usato colori importanti per dare il mood della storia».