Se pensate di farvi capire benissimo all’estero anche senza sapere bene le lingue, vale la pena prendere appunti!
Sono molti gli italiani che hanno scelto di spendere a settembre le loro settimane di ferie: i vantaggi sono molti, da una minore affluenza di turisti a prezzi più bassi, fino alla possibilità di godersi la visita delle città con il bel tempo ma senza la morsa del caldo.
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Quando si viaggia all’estero però la barriera linguistica può sempre essere un problema: anche se il nostro inglese è abbastanza solido, gli equivoci in viaggio sono sempre dietro l’angolo, soprattutto quando nello sforzo di farci capire iniziamo ad andare “nel panico”.
Equivoci in viaggio: le parole da dimenticare uscendo dall’Italia
Con l’obiettivo di venire in soccorso a tutti gli italiani che devono ancora iniziare le vacanze, Preply – la piattaforma globale di apprendimento delle lingue – ha selezionato alcune parole a cui bisogna prestare attenzione quando ci si trova all’estero, divise per aree geografiche.
Sono infatti numerosi i vocaboli dell’italiano che, in altre lingue, hanno un significato differente da ciò che si immagina; in qualche caso, rischiano persino di assumere un’accezione offensiva. Dal perchè è meglio non chiedere il burro in Spagna per colazione nè i pepperoni negli Stati Uniti se si desidera un pranzo vegetariano, a come brindare in Giappone evitando di dire cin-cin: ecco alcune delle espressioni italiane da dimenticare per evitare equivoci in viaggio!
Italiano e spagnolo, l’equivoco dietro l’angolo
L’italiano e lo spagnolo sono lingue simili ed è anche per questa ragione che Spagna, Baleari, Canarie, Centro e Sud America sono tra le più ambite dai turisti italiani. Attenzione, però, a non sottovalutare le insidie nascoste tra le pieghe di queste due lingue: alcune parole italiane hanno un significato totalmente diverso per i parlanti ispanici. Una di queste è burro, che significa asino e, per estensione, nel linguaggio gergale, una persona incivile e non troppo sveglia. Allo stesso modo hostia in spagnolo è una parola piuttosto volgare, con cui si compongono coloriti insulti. Anche spostandosi Oltreoceano si rischiano fraintendimenti: tra Messico e Honduras la mensa è una ragazza un po’ tonta, mentre in Argentina orto è la parola che si usa per indicare il fondoschiena. Qualche consiglio per campeggiatori e viaggiatori on the road: la parola italiana tenda è molto simile al vocabolo spagnolo tienda, che significa negozio; mentre chi ha bisogno di un controllo all’automobile dovrà chiedere di un mecánico e non di una oficina, parola che sta invece a indicare un qualsiasi ufficio.
Camera, costume, latte: le parole italiane che in inglese significano altro
Alla reception di un hotel in cui si parla inglese, sarà meglio chiedere una room e non una camera: quest’ultima parola, infatti, significa macchina fotografica (o telecamera). Attenzione anche a cercare un costume in negozio: in inglese questa parola non indica bikini né altri capi da spiaggia, quanto abiti teatrali o di carnevale. Anche a tavola meglio non incorrere in fraintendimenti ordinando pepperoni quando si vuole mangiare verdure: soprattutto negli Stati Uniti con questa pietanza si indica il salame piccante (tipico condimento della pizza). Negli USA e in Regno Unito anche chiedere un semplice latte al bar potrebbe riservare sorprese: questa bevanda consiste, infatti, in un’abbondante tazza di caffellatte. Venendo, invece, ai termini con cui si rischiano situazioni imbarazzanti vale la pena citarne due: bagno (o meglio bagnio, con la i) che indica non i servizi igienici ma il bordello; bimbo, usato nel linguaggio gergale per chiamare una ragazza svampita.
Brindare in Giappone e salutare in Cina, senza offendere nessuno
Nei ristoranti e nei bar di Tokyo e Kyoto, quando si fa un brindisi, l’espressione più usata è kanpai che, letteralmente, vuol dire “bicchiere asciutto”. Meglio evitare, invece, di alzare i calici urlando cin-cin: questo termine, infatti, è molto simile alla parola giapponese chinchin che indica il pene. Sempre restando in Oriente, è bene sapere che il suono di alcune parole italiane può confondere le orecchie dei parlanti cinesi: un semplice ciao può essere scambiato con cao, usato per mandare qualcuno a quel paese (è l’equivalente di fuck). Al contrario, deve preoccupare meno dare del genio a una persona: questo termine ricorda zhen niu, che vuol dire “molto bravo”.
Insomma, guai a sentirsi troppo sicuri: soprattutto quando si è convinti di riuscire a farsi capire senza conoscere specificatamente la lingua del posto. Il consiglio allora è solo uno: studiare, affidarsi alle app traduttrici e prendere qualche appunto!