Torna con un nuovo e splendido lavoro, imperniato su personali rielaborazioni di brani del compositore e pianista minimalista statunitense Philip Glass, uno dei più poliedrici e creativi musicisti italiani. E Arturo Stàlteri lo è sicuramente, sin dai tempi del gruppo progressive Pierrot Lunaire, con il minimalismo e l’elettronica negli anni ’70 e poi in classiche incursioni pianistiche, sempre impreziosite da ispirate sperimentazioni.
Allievo del grande Aldo Ciccolini ha reinterpretato al pianoforte vari autori contemporanei (Philip Glass, Brian Eno, King Crimson, Franco Battiato) e perfino gruppi rock, come gli amatissimi Rolling Stones. L’album in questione si intitola Dodecagon e viene pubblicato dalla Orange Mountain Music, l’etichetta discografica di Philip Glass. Ciò dimostra la stima che il grande compositore contemporaneo statunitense nutre verso Arturo Stàlteri. L’idea originaria di Richard Guerin, l’assistente di Glass, era, in effetti, quella di ristampare i brani di Circles, l’album di Stàlteri del ’98 dedicato al maestro e non reperibile digitalmente.
Ma l’artista romano, che ama essere sempre in continua evoluzione, ha invece pensato di realizzare un lavoro (approvato dallo stesso Glass) completamente nuovo, con inediti arrangiamenti dei brani di Glass, fra cui uno (Aria from Act III of Satyagraha), già rielaborato da Michael Riersman, storico collaboratore del musicista statunitense. Ne viene fuori un bellissimo e intenso album in dodici tracce, come il numero dei lati della figura geometrica alla quale il titolo si riferisce. Fra queste l’introduttiva Opening, qui in una versione ridotta e rovesciata, tratta da Glassworks dell’82. O la conclusiva Closing, sempre dallo stesso lavoro, più accelerata e, dal punto di vista melodico, molto intensa.