È un album duro, onesto ed estremamente punk Il Mio Miglior Nemico di Benji, uscito il 27 ottobre per Warner Music. Anticipato dal singolo Sobrio, il progetto – ascoltato dall’inizio alla fine – sembra rappresentare una vera e propria catarsi del suo autore. Dentro c’è tutto: dal malessere mentale all’uso di droghe, la rabbia e il rancore, ma anche un odio viscerale verso se stessi che si risolve con un pacato perdono. È un viaggio dentro la vita di Benji, uno specchio che riflette verità ma anche ombre distorte che quasi mai ci restituiscono un’immagine reale.
«Prima ancora della musica, questo progetto è partito dalla mia salute mentale e fisica. – ci dice Benji – Sono tornato a trattarmi bene, perché comunque in questi ultimi anni avevo perso anche lo stimolo di fare musica. Nel momento in cui sono riuscito a sentirmi meglio, pian piano e col passare dei mesi è arrivata anche la possibilità di tornare a fare musica e tirare fuori le cose che avevo dentro». Anche per questo, Il Mio Miglior Nemico «è un disco molto sincero nel bene e nel male». Un viaggio, un racconto che non a caso si chiude con l’acustica title track: «L’ultima canzone è un modo per accettare se stessi – sentenzia Benji – e dire che son pronto a iniziare ad amarmi».
Il Mio Miglior Nemico: genesi
La tracklist scorre dunque come i capitoli di un romanzo. Eppure, «cronologicamente i brani sono tutti venuti fuori negli ultimi sei mesi. Non sono usciti in questo esatto ordine creativo. – ci spiega Benji – È un percorso che nasce prima dal rancore e dalla rabbia. Sono sentimenti aggressivi che provavo verso me stesso e gli altri. Alla fine si arriva al perdono». E se i testi non potrebbero essere più cristallini, la musica non è da meno. Benji vira infatti verso il punk, con abbondante uso di chitarre e batteria.
«Il mio obiettivo era trasmettere questi sentimenti anche con la musica. – ci racconta – Negli anni ho fatto tanta musica pop e acustica. Mi son reso conto però che, per questa energia, serviva qualcosa di più punk. Quella musica rappresenta quel momento. La chitarra acustica l’ho tirata fuori alla fine».
Tutti brani spontanei e venuti fuori di getto, tranne forse l’apripista Sobrio («Volevo dire certe cose, ma non volevo dirle in maniera scontata. Volevo essere onesto ma non cliché», dice il cantautore). E alla fine è stato come aver «messo un punto». «Non so se è la fine di un viaggio o l’inizio di un viaggio nuovo. – dice Benji – È in mezzo. È la chiusura di un libro e la premessa di un altro libro. Effettivamente, non solo a livello cronologico, ho chiuso una parte della mia vita. Ma anche musicalmente ho messo un punto». Benji non ci nasconde infatti di aver per un periodo faticato a trovare stimoli nella musica. Ma ora, con questo album, si sente stimolato «a voler fare di più e meglio. – dice – Mi son reso conto che a livello vocale e di scrittura posso dare di più. Sono molto felice di questo disco».
Un racconto che è un monito
Non deve essere stato semplice per Benji mettersi così a nudo. Eppure quest’album, con la sua brutale verità, finisce per essere una carezza per tutti coloro che potrebbero rivedercisi.
«Mettiamola così – dice l’artista – ci sono diversi modi per esprimere la propria opinione o dare consigli. Il modo più efficace è il racconto. Anche nella musica, non posso puntare il dito o mettermi alla lavagna e provare a insegnare ai giovani come si vive. Non posso insegnare, posso solo raccontare. Che le droghe ti distruggono lo sentono tutti i giorni. Il mio racconto è piuttosto un monito. Capisco l’attrazione per il lato oscuro della vita, ma ti avverto anche di stare attento. Il racconto può servire anche per dare un insegnamento. L’obiettivo però non è mai stato quello».