Dal 14 luglio è disponibile ‘Venduti’, nuovo album dei Boomdabash che ribaltano le prospettive trasformando un insulto in punto di forza. La nostra intervista.

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‘Venduti’ è il nuovo album dei Boomdabash, che tornano nel cuore dell’estate a tre anni dal precedente progetto discografico. Un titolo che già di per sé è un manifesto. Sì, perché la band salentina quel ‘venduti’ se lo è sentito ripetere più volte e da più parti da quando ha iniziato a macinare numeri (e che numeri!) nel mainstream. Così, per ribaltare la dinamica di hating, i Boomdabash hanno deciso di prendere quell’accusa, rispondendo e rilanciando coi fatti, ovvero con la loro stessa musica. Tredici le tracce – di cui nove inedite – che spaziano dal reggae alla dancehall Anni Novanta con un certo ritorno ai suoni delle origini rivisitati secondo una chiave ultra contemporanea.

Partiamo dall’esigenza di intitolare un album ‘Venduti’ , che diventa in sostanza una risposta al contrattacco, Fin dall’intro: mi aspettavo un inizio diverso e invece entrate subito a gamba tesa, drittissimi.
Quando ne parlavamo con gli amici e con le persone vicine a noi, avevamo capito che la gente si aspettava che nel disco ci fosse una tracklist fatta solo di hit mainstream. In realtà, rispondevamo che tutto è tutto al contrario! Perché i Boomdabash hanno fatto del paradosso la loro punta di diamante negli anni. Soprattutto da quando abbiamo iniziato a muovere i primi passi nel mainstream ci hanno etichettato come dei ‘venduti’, cosa a cui noi non abbiamo mai risposto. Non abbiamo mai dato credito a questi insulti e abbiamo deciso di rispondere con la musica, perché la musica deve rispondere con la musica. Così, abbiamo preso quello che è un insulto, una debolezza e l’abbiamo fatto diventare un punto di forza intitolando così il nostro album secondo noi più bello e più particolare.

Cover Venduti Boomdabash
Immagine da Ufficio Stampa Goigest

Ci teniamo anzi a dire, ed è una cosa che non abbiamo mai detto, che dietro questo titolo c’è un messaggio forte e per noi molto attuale. Vogliamo screditare tutto il mondo dell’hating e degli haters e il messaggio è quello di prendere appunto gli attacchi e farli diventare dei punti di forza. Ogni cantante subisce questi attacchi, non è certo un problema solo nostro, ma noi ne abbiamo fatto un bel punto di forza. E ne abbiamo fatto il titolo al nostro album.

Qual è stato il periodo di gestazione e lavorazione di questo album, considerando che ci sono brani già editi ma soprattutto nove tracce inedite?
Certe canzoni sono nate durante il periodo del Covid, tipo Mare nel deserto e Sud con Al Bano, però altre sono nate proprio in una settimana, negli ultimi periodi. È il caso di Intro. Mancava un pezzo ed è venuta questa strofa in italiano, mezza rappata che ci siamo scambiati su WhatsApp come messaggio vocale. A una certa abbiamo provato a lavorarci ed è poi venuta in una manciata di giorni. Poi ci sono anche robe che arrivano da molto tempo, quini in generale questo album si è aperto due anni fa e si è chiuso una settimana fa.

Ascoltando le tracce vi siete mossi, sul piano dei suoni, in direzioni diverse senza necessariamente strizzare l’occhio alla radiofonia. Quali sono stati i terreni musicali che più avete percorso in termini di ispirazione e produzione?
Sicuramente, in questo disco, collaborare con altri produttori è stato fondamentale. Dopo tanti anni e tanti dischi, in questo album volevamo lavorare con producer diversi in modo da dare un suono differente e così abbiamo fatto. Quindi ci sono dei brani come Manifesto e Mare nel deserto che sono un po’ più pop fino ad andare a quelli più dancehall. La nostra intenzione è stata proprio quella di coinvolgere altra gente sia per dare un sound differente e un po’ più vario sia per avere più stimoli. Sai, quando collabori con nuove persone nascono nuove idee e sia hanno più spunti.

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A proposito di collaborazioni, il disco ne ha un ventaglio molto ampio, da Al Bano a Villabanks.
È uno dei commenti che ci hanno fatto più spesso! E certe volte ci fermiamo anche noi a guardare la tracklist e ci chiediamo “come abbiamo potuto fare una roba del genere?”. Ma fondamentalmente, questa è la particolarità dei Boomdabash: andare in tante zone diverse. Non facciamo solo un genere, ma facciamo tutto quello che ci piace. Ovviamente, questo significa che facciamo anche tantissime canzoni che scartiamo in base al percorso che c’è da fare.

Ogni album ha un suo concept dietro, quindi tante canzoni si scartano non perché brutte ma si scartano perché magari non c’entrano molto. In ‘Venduti’ il brano Sud con Al Bano era perfetta proprio per chiudere un capitolo. Tutti i pezzi sono differenti e Sud, che è una prettamente salentina quasi da Notte della Taranta, chiude benissimo il disco. Fa capire che i Boomdabash fanno sia l pezzo estivo sia il pezzo che parla del nostro percorso e delle nostre radici, che non scordiamo mai.

Per quanto riguarda Villabanks, poi, visto che lo hai nominato, è arrivato bello fresco in studio alle 9:30 del mattino e alle 10:30 aveva finito. È stato mega professionale. E poi ci è piaciuto tanto il fatto che non si sia limitato a fare solo la sua strofa ma, a un certo punto, nella parte finale ha cantato in Patwa, quindi usando l’inglese giamaicano. Ha voluto mettersi in gioco e calarsi nei nostri panni. Ne è venuta fuori una figata pazzesca.

E tra le collaborazioni ‘in casa’ c’è anche quella con Emma su Graffiti: come è nata?
Dopo aver lavorato con Alessandra Amoroso, con Emma ci rincorrevamo da anni ma per un motivo o per l’altro non c’era mai stata occasione. O meglio, non c’era il pezzo giusto, perché quando vuoi fare una collaborazione con un artista non basta prendere il primo pezzo bello che hai e proporlo. Ogni pezzo è un abito no che va cucito, ricamato attorno alla figura dell’artista e alla sua voce per impreziosirlo. E con Emma abbiamo aspettato tutti questi anni per avere un pezzo che fosse un pezzo veramente outsider. Graffiti lo è perché ha sonorità indie che mostrano quanto sperimentiamo e che a tratti ricorda un po’ i primi Thegiornalisti.

Anche nella scrittura, la canzone è nata in modo particolare, secondo un metodo che non abbiamo mai utilizzato coinvolgendo i Bunker 44, dei ragazzi giovani che spaccano veramente e hanno curato la produzione. Ne è venuto fuori, secondo noi, un gioiello un gioiello che non è immediato nell’ascolto perché ha una certa complessità ma ti fa venire voglia di riascoltarlo per capirlo. E questa è una cosa bella, in un mondo dove le hit oggi sono cotte e mangiate.

Boomdabash
Foto da Ufficio Stampa Goigest

C’è invece qualche artista che vi è sfuggito?
Sì, Irama. Stavamo per chiudere un pezzo con lui ma anche lui era impegnato a chiudere il disco con rkomi (‘No Stress’, qui la nostra intervista). Avevamo anche programmato una session con Irama però, all’ultimo, è saltata però sicuramente ci saranno collaborazioni con lui, non finisce qua.

Quando si parla di feat., voi siete stati un po’ gli antesignani di quella che oggi è una tendenza bulimica. In particolare, quest’estate è sovraffollata trasversalmente, in ogni genere. D’altra parte non sarebbe estate senza il pezzo dei Boomdabash in radio: come ci si distingue, oggi, in questo mare magnum?
Questa volta ancora di più abbiamo voluto fare una canzone con Paola & Chiara (Lambada, ndr) che avesse delle sonorità proprio differenti. Nel suo genere, infatti, è una delle poche canzoni che si distingue con il suo drop un po’ più hard mentre le strofe hanno delle metriche soul. Abbiamo cercato di essere ancora più Boomdabash soprattutto con il sound, proprio per differenziarci perché ogni venerdì escono cinquanta canzoni…

Ma se tu vai a ripercorrere i pezzi estivi dei Boomdabash negli anni, vedrai che non sono mai dei pezzi messi lì singolarmente. Sono sempre parte di un filone. Ci sono stati, per esempio, Mambo Salentino e Karaoke, poi è iniziato il filone del profumo degli Anni Novanta come il ritornello di Tropicana,  Heaven con gli Eiffel 65 e ora con Paola & Chiara. Anche quando facciamo le hit estive, tutti i brani fanno sempre parte di un concept che noi seguiamo. Poi chissà, probabilmente l’anno prossimo i Boomdabash non faranno la hit estiva o inizieranno un altro filone.

Ma il concetto di tormentone estivo esiste ancora oggi?
Basta nominarle hit estive! Sono canzoni e sai quanti pezzi escono in inverno facendo 6-7 Platini? È chiaro che, analizzando il mercato, da tanti anni si vende di più in estate ed è normale essendo un periodo in cui la gente in vacanza. Ma chiamarle hit estive è riduttivo: si tratta di belle canzoni e anche quest’anno ne sono uscite tantissime che non hanno i canoni tipicamente estivi. Potremmo, anzi, iniziare a fare  hit invernali.

Siete già partiti in tour e siete al fianco di Save The Planet per un progetto a difesa della sostenibilità ambientale. Di cosa si tratta?
Questo progetto è l’ennesimo sforzo che i Boomdabash fanno per portare avanti una battaglia che facciamo da sempre. In questo caso siamo affiancati da Casa Surace che ospitiamo nella data di Gallipoli il 22 luglio, però quella della cura dell’ambiente per i Boomdabash è una battaglia da tempo. Portiamo avanti da sempre questa causa, a partire dalla sensibilizzazione sulla questione dell’inquinamento sfrenato dell’ex Ilva  a Taranto. Abbiamo da poco girato spot contro l’abbandono dei rifiuti insieme alla Regione Puglia e adesso stiamo abbracciando il progetto di Save The Planet. Ci siamo da sempre su questo versante e ci saremo sempre perché è una cosa che prescinde anche dai Boomdabash ma che ci riguarda singolarmente proprio come persone.

Foto da Ufficio Stampa Goigest