Quanto può essere lunga la strada da Pescara a Roma quando si tratta di fare musica lo sa bene Crytical. Il rapper abruzzese, dopo la partecipazione ad Amici, ha pubblicato il suo primo album dal titolo ‘Solo Francesco’ (Romance / Ada Music Italy). Nove tracce che il giovane artista porterà dal vivo in occasione del ‘Solo Francesco Tour’ il prossimo mese di maggio (biglietti su DICE.fm). Come ci ha spiegato, questo disco si mantiene fedele all’anima rap coltivata fin da ragazzino ma si concede sperimentazioni che aprono alla contaminazione.
Partiamo dall’emozione di questa pubblicazione: come hai vissuto l’uscita del disco e come stai vivendo questo momento?
Sono una persona molto ansiosa, quindi la vigilia è stato veramente un parto! Per me è una cosa veramente molto importante e quindi c’è quel sentimento forte di quando stai per pubblicare qualcosa. Ma alla fine è andato benissimo e questi giorni me li sto godendo a pieno perché mi stanno arrivando veramente tanti feedback positivi. Era una cosa che non mi aspettavo, essendo il primo progetto che pubblico con una casa discografica. Quindi c’era quel punto di domanda ma sto ricevendo un sacco di condivisioni mi sto godendo tutto. Anzi, ringrazio le persone che mi stanno aiutando.
Debutti con un progetto il cui titolo è un’esplicita dichiarazione d’intenti: ‘Solo Francesco’ cosa significa?
Esattamente, è una bella dichiarazione di intenti perché ho deciso di mettermi a nudo. Ho voluto chiamarlo ‘Solo Francesco’ e non ‘Solo Crytical’ come il mio nome d’arte perché ho preferito dare spazio al mio lato personale, alla persona piuttosto che al solo artista. Onestamente credo di essere un tutt’uno, non mi sento più Crytical o più Francesco, mi sento esattamente la stessa cosa. Sono del parere che per essere un buon artista in primis devi essere un’ottima persona, di conseguenza io non vedo la scissione tra le due cose. Ho voluto inserire quel ‘solo’ per potenziarne la connotazione, e ha molteplici aspetti a cui ognuno può dare il proprio significato. In questa raccolta c’è un sottotesto in cui ‘solo’ ha una connotazione differente in ogni traccia ma quello che vorrei arrivasse all’ascoltatore è la propria impressione, la propria immagine. Insomma, cerco uno scambio di informazioni perché la mia musica ha quello come obiettivo.
Ma queste due anime hanno mai cozzato fra loro?
Scontrate no. Però, quando mi è completamente cambiata la vita dopo Amici e il mio presente si è abbastanza stravolto, all’inizio c’è stato momento di instabilità. Cambiare vita da un momento all’altro non è mai una semplice, di conseguenza a volte non riuscivo a vivermela bene. Invece adesso le cose coesistono perfettamente e onestamente sono contento che siano un tutt’uno e che non siano diverse. Preferisco essere Francesco e Crytical alla stessa maniera piuttosto che essere Crytical come personaggio, visto come idolo. Non voglio arrivare alle persone come un idolo perché non mi sento nulla per essere un idolo; vorrei che arrivassi come l’amico, il vicino di casa. Una persona che sta dicendo qualcosa e vuole essere ascoltata e tu hai piacere ad ascoltarla semplicemente.
Il primo disco rappresenta nel profilo di un artista un po’ una sorta di biglietto da visita, in questo caso, in nove tracce. Come hai lavorato sui testi?
Ogni canzone ha un po’ una storia a sé. Follia che è l’intro dell’album è stata è l’unica canzone che è stata scritta mentre ero ancora nella scuola di Amici quindi racconta un po’ quello spaccato lì. Invece, le altre canzoni tendono a raccontare percorso successivo ma con la testa del solito Francesco. E ogni canzone crea una sorta di film a sé, perché io cerco sempre di raccontare situazioni che ho vissuto, situazioni reali di ogni giorno per lasciare un’immagine ben precisa nella testa dell’ascoltatore. Quindi, direi che raccontano il mio percorso di ragazzo di 18 anni che cambia vita da un momento all’altro.
E dal punto di vista musicale che direzione hai voluto dare a ‘Solo Francesco’?
In questo disco ci siamo sperimentati molto perché in generale mi sono sempre accostato al rap ma ultimamente sto sperimentando molto. Il rap resta perché mi piace molto la maniera diretta con cui arriva alle persone, senza mezzi termini e in modo molto crudo. È una cosa che mi affascina molto e io vorrei arrivare immediatamente all’ascoltatore. In questo disco abbiamo, però, voluto sperimentare a livello musicale e sonoro in tante forme e prima su tutte con l’inserimento degli archi e dell’orchestra. Trovo che i suoni orchestrali possano essere molto diretti, creano comunque una bolla di suono che se utilizzata in una certa maniera ti piomba direttamente in faccia. Per questo, abbiamo voluto utilizzare degli archi in Follia, in Francesco e anche in Hai vinto tu. Poi ci sono brani più ‘classici’ o ‘pop’, come Scappi da me che è un brano prevalentemente con il pianoforte. Quindi, in realtà, la predisposizione che ci siamo dati è quella un po’ cinematografica e orchestrale rimanendo con le fondamenta delle del pop e del rap.
Se dovessi scegliere una traccia manifesto, quale sarebbe? Perché?
Ti dico Francesco perché chiude un viaggio. L’abbiamo utilizzata a conclusione del disco appositamente perché conclude un percorso che parte da Follia e arrivo a Francesco. È la traccia che io reputo più intensa, con la struttura cinematografica e i suoni orchestrali ed è quella che secondo me serviva per chiudere un progetto. È una botta finale come se fosse l’ultimo sprint di adrenalina. Se ascoltato attentamente, sotto una certa ottica dall’inizio alla fine, c’è un filo crea un collegamento per tutte quante le tracce. Credo sia una cosa molto importante creare una storia per lasciare l’ascoltatore incantato o appassionato per quello che sta sentendo.
Qual è stata l’esigenza per cui hai iniziato a fare musica?
Ho iniziato a scrivere all’età di 13 anni. Io mi definisco, purtroppo o per fortuna, una persona completamente ossessionata dalla musica. La mattina mi alzo e praticamente gestisco la mia vita e la mia giornata in base alla musica, non riesco a immaginarmi o ad immaginare un me senza la musica. Detto questo, onestamente non ricordo il motivo per cui ho cominciato, perché in tutti i miei ricordi è come se questa cosa fosse già innata. Ti posso dire però che al momento penso di aver scritto veramente mille canzoni, da quando avevo 13 anni fino ad oggi e continuerò per sempre a farlo perché è l’unico mezzo con cui mi riesco ad esprimere, con cui riesco effettivamente ad arrivare alle persone e le persone riescono ad ascoltarmi.
Quindi, con il silenzio, che rapporto hai?
Ho un rapporto ambiguo, nel senso che nel silenzio pensi a tante cose e riesci a ricavare tante informazioni perché riesci a scavare molto in te stesso. È come se fosse una sorta di pace zen in cui tu sei completamente in pausa e trovi la tua bolla. Dall’altra parte, a volte, il silenzio può essere anche distruggente nel senso che è una condizione puoi trovare anche cose che non vorresti trovare. A volte mi ritrovo a scrivere perché ho l’esigenza di trasformare qualcosa che a me non va bene in qualcosa che poi mi andrà bene. Di conseguenza vai a toccare delle corde dell’animo che magari non vorresti neanche sapere di avere ma è la cosa bella della musica, almeno per me. Cercare trovare cose che mi destabilizzano per avere questo processo emotivo con cui trasformarle in un seme che si trasformerà una pianta. Ed è effettivamente una bolla, una zona di comfort.
Vieni da una città – Pescara – da cui chi vuole fare della musica vede i grandi centri della discografia molto lontani: che rapporto hai con la tua terra? L’hai mai sentita ‘stretta’?
Bellissima domanda, grazie. Ti dico che purtroppo fare musica nella città in cui sono e in generale nelle città di provincia è veramente complicato. Io ho fatto una fatica immensa perché purtroppo la mentalità che si respira nelle province è quella per cui se “io faccio qualcosa, la faccio bene solo io; se tu fai una cosa simile a me devo cercare un modo per distruggerti e non di trovare una coesione insieme”. Questo meccanismo, purtroppo, l’ho sofferto molto e lo soffro ancora perché io comunque vivo ancora qui. Il brutto è che la maggior parte delle volte non ha in modo di esprimerti con qualcun altro che fa il tuo stesso mestiere e di cercare un conforto, un aiuto o una voce che può darti dei consigli utili nei momenti di bisogno. Dall’altra parte, ovviamente, sei spronato ancora di più perché vorresti cambiare la realtà che in cui vivi e quindi devi cercare di dare qualcosa in più. Io spesso, per esempio, contatto personalmente molti artisti della zona, anche ragazzi molto giovani che stanno iniziando, per dare loro qualche consiglio lavorativo. Vorrei davvero cercare di cambiare le cose per cui si è vissuto male, e nel mio piccolo cerco di dare una mano. Cosa che a me non è capitata. Ovviamente è molto complicato, perché in provincia purtroppo non ci sono aiuti da nessuna parte, quindi cerchi di costruirti da solo.
E in tutto questo, l’idea di partecipare ad Amici come è entrata nel tuo orizzonte artistico?
Molto per caso, perché io ho sempre frequentato il mondo underground e con i contest di freestyle ho iniziato a girare tutta l’Italia facendo un sacco di competizioni. Perciò, sono arrivato ai casting di Amici con i miei brani rap senza nessun tipo di contaminazione. Non avevo mai cantato nella mia vita, non avevo mai aperto bocca a livello di melodie quindi quando mi fanno la fatidica domanda “ma tu canti?” io onestamente ho risposto “No e non ho intenzione di farlo”!. Ero molto proiettato sulla sul fattore rap e non riuscivo a sentire bene la mia voce, nel senso che non mi trovavo anzi mi metteva in agitazione. Il bagaglio artistico che mi ha lasciato Amici è proprio quello di avermi insegnato a sapermi sentire. Mi ha dato la consapevolezza di quello che sono, mi ha insegnato a comprendermi, a capire quali sono i miei punti di forza e i miei punti di debolezza. E ovviamente mi ha insegnato a cantare collegando le emozioni per esternarle nella musica. Sono entrato nella scuola che avevo 17 anni e ho festeggiato il mio compleanno dei 18 anni dentro Amici: è stato pazzesco, non ricapiterà mai più un compleanno così figo nella mia vita. Quindi è stata una bella esperienza che rifarei adesso, se fosse possibile
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Rispetto al percorso che ti eri immaginato e a quello che ti eri proposto di esprimere, cosa senti di aver raggiunto e cosa, invece, pensi di aver mancato?
Non ho rimorsi rimpianti né rimpianti e sinceramente credo di essere stato semplicemente me stesso di conseguenza penso che vada sempre bene così. Forse la cosa che avrei voluto sviluppare prima è la consapevolezza di quello che sono sul palco perché adesso mi accorgo che subisco molto meno la pressione di quando ero ad Amici. Adesso canto senza problemi e forse avrei voluto farlo anche nella scuola ma onestamente penso sia stato proprio un passaggio. Penso di aver fatto tutto nella maniera più naturale possibile quindi non sta a me decretare se è stato giusto o no però penso di aver di aver dato quello che potevo dare. E rifarei lo stesso percorso.
A proposito di palco, ti aspettano alcune date live.
Assolutamente sì. Partiamo in tour a maggio e saremo in giro fino a settembre a fare i concerti, finalmente. Non ce la facevo più! Vi aspetto tutti quanti e sicuramente ci sarà modo di vedersi quasi in tutta Italia.
Foto da Ufficio Stampa