Un album guidato da una prospettiva da regista e senza pensare alle logiche di mercato: Emis Killa racconta ‘Effetto Notte’.
Sarà fuori venerdì 19 maggio Effetto Notte, il primo album di Emis Killa sotto Epic Records/Sony Music. Già questo, per il rapper, sembra essere un turning point importantissimo («È il primo vero album con la Sony, finalmente ce l’abbiamo fatta. – dice infatti – Non perché sono lento a fare musica, ma c’è stato anche il Covid che ha veramente rotto i coglioni»). Di fatto, queste quattordici tracce sono state estremamente pensate e lavorate. «È il mio album preferito tra quelli che ho fatto. – dice Emis Killa – A differenza degli altri lavori ho dato la precedenza ai dettagli e a qualcosa che mi soddisfacesse al 100%. Ho ragionato in termini artistici e non di dinamiche discografiche. Non che non fosse stato fatto precedentemente, ma non sono Vasco Rossi che faccio un album e tre San Siro. Sono in un limbo in cui devo confermarmi ad ogni album. Spero di uscirne presto».
Non ha peli sulla lingua Emis Killa (ne ha mai avuti?) e, nel parlare di musica e arte, il suo discorso scivola inevitabilmente sulla situazione attuale della scena rap. E, più in generale, sulla scena discografica. «C’è tanta roba bella al passo con i tempi e bisogna impegnarsi. – commenta – Nella concezione di questo album, ho veramente ragionato cercando di fare un disco che piacesse tantissimo a me e ai miei fan. Non è un album semplice, perché è pieno di contenuto. Veniamo da tanti anni di musica virale, ma Effetto Notte va ascoltato per intero. Speriamo che la gente mi venga incontro in questo senso».
Effetto Notte, il concept
Non che sia «un mattone» Effetto Notte. Ma già a partire dal titolo – riferimento al capolavoro cinematografico del regista François Truffaut – sembra chiaro che Emis abbia voluto fare le cose per bene. «Ci sono anche episodi leggeri nel disco. – racconta il rapper – Per Effetto Notte avevo 47-48 provini. Tanti erano anche forti, ma sono stati scartati per mantenere l’identità dell’album. Questa è la grande differenza. A volte dicevo Non c’entra un cazzo col disco, ma è talmente bello che lo lascio dentro. Sono comunque convinto che ci siano un paio di singoli forti. L’unico effetto collaterale è che non ho un pezzo estivo. Speriamo continui a piovere».
Tra featuring e produzioni va detto che l’album si presenti comunque benissimo. Tra i nomi che appaiono nella tracklist spiccano infatti Sfera Ebbasta, Neima Ezza, Lazza (che ha anche prodotto Viscerale), Guè, Salmo (su un pezzo prodotto da Charlie Charles), Ernia e Coez. I producer sono i migliori attualmente in circolazione, da Sick Luke a Boss Doms passando per Andry the Hitmaker.
«Sono contento di aver percorso questa strada a discapito di qualche collaborazione. – dice Emis Killa – Ora c’è tanta competizione. Chiedi i featuring e c’è quello che non ha cazzi perché è impegnato. Per quanto riguarda i giovani, un paio di loro son spariti. Ci siam detti Ci becchiamo in studio e non li ho più visti. Con alcuni abbiamo quagliato, ma non eravamo convinti. Ho almeno altri due dischi nel computer, ma il meglio che doveva uscire è tutto in questo album. Speriamo che il duro lavoro venga ripagato perché mi ha sciupato. Di solito la vivo bene la fase creativa, ma dopo un bel po’ di anni di carriera non sento neanche più l’esigenza di andare incontro al pubblico. Voglio lavorare serenamente e sono qui senza rimpianti».
La trap e la verità del mestiere
Sicuramente, l’Emis Killa di Effetto Notte è più consapevole. Una maturità frutto dell’età e degli anni di carriera sulle spalle, che comprendono sia gioie che dolori. «Tutto è partito nel 2016, che è il famoso anno catalogato dall’arrivo della trap. – racconta Emis – È stato un periodo strano, perché io e i miei coetanei ci siamo trovati davanti a un bivio. Molti dei miei colleghi sono caduti in questo tranello andando dietro a quest’onda. Anche io ci ho pensato, non sono ipocrita, perché per la gente rischi di diventare meno interessante. Ho tuttavia perseguito la mia strada». Basti pensare a 17, l’album con Jake La Furia, che «più rap di così non si può».
Eppure, Emis Killa parla comunque di un trauma, risalente al 2014. «Ero più visibile di quanto avrei desiderato. – spiega – Non mi sarei mai sognato di fare una canzone come Maracanã. Era quasi un compitino, ma mi lanciò. Quel periodo l’ho vissuto male. Mi sentivo sottovalutato, ero diventato un teen idol e non ero lì per quello. Gli anni successivi son stati un colpo di coda: mi sono messo in moto per raddrizzare gli eventi perché non volevo essere considerato così». L’obiettivo principale è stato dunque quello di fare musica verace e «far crescere quelli che chiamo fan veri: coloro che si affezionano alla tua storia».
I fan
Secondo il rapper infatti – e qui ci perdonerete la digressione, ma l’argomento è estremamente attuale – «nella musica ci sono due strade o due tipi di artisti. C’è chi fa lo sfacelo di streaming, ha i singoli in radio, ma non fa bei live. E poi ci sono quelli di nicchia che hanno un pubblico più affezionato. Nel primo caso, è un pubblico enorme ma impersonale e non ti supporta veramente. Spesso ti senti tradito. Io questa cosa l’ho respirata e mi ha fatto una brutta impressione. Preferisco vendere meno dischi, ma essere il rapper preferito di qualcuno. Ho fatto della musica settoriale appositamente».
Effetto Notte è dunque una sorta di dichiarazione di intenti: la dimostrazione che «la musica vince sempre». Anche perché – sottolinea Emis Killa – «non sono un interprete, sarebbe più facile. Io mi devo scrivere tutto da solo e mi deve piacere quello che faccio».
Sanremo?
Anche per questo l’alone dell’intero album è «ombroso e piovoso». E, a questo punto, arriva anche la domanda inevitabile su Sanremo. «Non lo so. – risponde Emis Killa – Penso che ci si debba andare con il pezzo giusto. Come ho sempre detto, non si sa mai». Qui il rapper ci fornisce un altro spunto interessante: pur definendo Lazza uno dei suoi artisti preferiti, Emis Killa puntualizza che il collega non sia «andato al Festival con un pezzo hip hop, ma con un pezzo adatto a quel contesto». «Io sarei in grado di fare quella cosa? Mi sentirei a mio agio? Non lo so. – argomenta – Continuo a vedere che a Sanremo, per quanto si sia svecchiato, sono gli artisti a dover scendere a compromessi. È un abito che a qualcuno sta benissimo, ma per molti è un sacrificio. C’è sta roba del pezzo per Sanremo, ma perché devo farlo? Devo cercarlo come si cerca la hit estiva. E io, quando ho provato a fare le hit estive, ho fatto sempre delle cagate. Sono comunque felice che uno come Lazza vada a Sanremo, porta beneficio a tutto l’ambiente. È stato l’uomo giusto al momento giusto».