È un album deciso e dall’identità chiara quello che porta sulle scene i FOLLYA, band composta dagli ex Dear Jack Alessio Bernabei, Alessandro Presti, Francesco Pierozzi e Riccardo Ruiu. Affiatamento palpabile, idee precise, suoni dritti: il gruppo sorprende con un lavoro che non lascia spazio a fraintendimenti. E se resta qualche incertezza, questa ha che fare solo con il modo in cui il pubblico accoglierà la nuova direzione del gruppo che, ci dice a chiare lettere, intende proseguire lungo la propria strada.
Chi sono, oggi, i FOLLYA e qual è l’identità musicale che volete raccontare con il vostro nuovo album?
ALESSIO BERNABEI È una nuova pelle, siamo dei camaleonti e cambiamo spesso pelle; diciamo che ‘FOLLYA’ è quello che siamo in questo momento. Nell’album abbiamo scritto quello che siamo adesso, quindi è un po’ un resoconto di questo capitolo della nostra vita. Il compito, adesso, sarà riuscire a farlo arrivare a più persone possibile, raggiungendo tutte quelle persone che sentono le nostre stesse cose e si ritrovano nei nostri testi, nella nostra musica. Questo è l’obiettivo.
Cambiare pelle è anche un rischio e musicalmente significa trovare nuovi spazi.
AB Rispondendo sinteticamente, noi vogliamo essere la versione di band che non siamo mai stati. In questo momento ci sentiamo la band che desideravamo essere in passato ma che non siamo mai riusciti a fare. Questo lavoro ci rende molto molto felici perché comunque in passato eravamo un tipo di band che non ci rappresentava al 100%. Eravamo costretti a stare in una e vivevamo situazioni in cui non ci facevano essere completamente liberi. Dopo dieci anni di schiaffi, di separazioni e cose varie possiamo dire di essere felici di essere quella versione di band che desideravamo fin da quando eravamo bambini. Sì, siamo la versione di noi stessi più bella che abbiamo mai provato.
Avete qualche paura?
AB Eh la paura è quella di mettersi in gioco con un nome nuovo rispetto al brand che ci contraddistingueva in passato. È un rischio, saremmo ipocriti a dire il contrario. Ma quello che ci ha dato coraggio è il fatto che abbiamo le idee chiare su quello che vogliamo dire e che vogliamo essere. Quindi, andiamo avanti come i treni pur avendo un nome nuovo. Noi siamo questo il che significa che chi c’è stato in passato magari adesso non c’è più, ma non ci facciamo questi problemi. Noi diamo quello che vogliamo dare poi chi vorrà seguirci ci seguirà. Voglio dire, io seguo un artista perché mi piace e condivido quello che dice, se non ci seguono vorrà dire che non sono simili a noi.
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RICCARDO RUIU D’altra parte, a questa sicurezza si contrappone la voglia di fare le tutte le cose per bene, che è qualcosa che ci portiamo da un passato che ci ha traumatizzato un po’. Per ogni piccolo mattoncino che mettiamo, ci pensiamo tanto proprio per il fatto di aver sofferto in passato cercando, ora, di correre meno rischi possibile e di non sbagliare. Questo non significa che non vogliamo rischiare ma, consapevoli che ci stiamo giocando la cosa in cui crediamo di più, vogliamo evitare di sbagliare facendo tutto alla perfezione. Così, ogni tassello è ponderato, discusso, magari ci abbiamo anche litigato, cosa che in passato non è mai avvenuta. E forse è un dei motivi per cui il progetto passato non ha funzionato a lungo termine.
Questa volta vi siete presi anche il ‘lusso del tempo’: ha avuto un peso, secondo voi, nel progetto ‘FOLLYA’?
AB Sì, sicuramente. E poi, anche se siamo separati, la tecnologia oggi ci permette di essere sempre in contatto, come se fossimo insieme nella stessa stanza. E soprattutto ci facciamo forza a vicenda perché poi con la band, a differenza dell’artista da solo, se in una gang per cui ci facciamo forza. È una bella fortuna essere quattro persone che lavorano insieme.
Dal primo singolo morto per te al brano estivo toxic passando per tuta spaziale, quali sono state finora le reazioni del pubblico?
AB Abbiamo trovato un sacco di gente nuova che prima non ci ascoltava, innanzitutto. Ovviamente, poi, resta lo zoccolo duro che è affezionato a noi e, quindi, è un po’ di parte però la sorpresa è stata trovare persone che prima assolutamente erano ignare di noi e di quello che facevamo. Adesso, invece, è completamente gasata da questo progetto e si tratta di gente di tutte le età, dal ventenne al cinquantenne. Ne siamo felici: finalmente non ci seguono più solo perché siamo dei ragazzini sui giornalini. È bello.
RR Poi penso che un traguardo molto molto importante per noi è stato vedere, per la prima volta, apprezzati dei testi scritti effettivamente al 100% da noi e delle produzioni fatte al 100% da noi. Questo ha un valore inestimabile per un musicista. E si tratta, sempre ricollegandoci al passato, di qualcosa prima non avveniva. Quindi ci sono tante novità ed è un riscontro bello, come dice Alessio, con un pubblico molto eterogeneo. C’è aria fresca.
Come si svolge la giornata tipo dei FOLLYA?
ALESSANDRO PRESTI Allora, la giornata tipo parte dal giorno prima che ci sentiamo (ridono, ndr). Gran parte del lavoro lo facciamo io e Alessio perché siamo tutti e due a Milano e lavoriamo insieme nel mio confrontandoci poi con gli altri. Quindi, sì, ci si aggiorna il giorno per cui decidiamo un’ora e si entra in studio. Si comincia a lavorare dopo il caffè fino a metà pomeriggio, in tutta scioltezza proprio e senza pianificare troppo cosa scrivere. pezzo così Oggi facciamo quest’altro Cioè ci vediamo e scriviamo.
AB Quando si entra in studio si entra proprio in un’altra dimensione ma ne esci coi capelli bianchi! Personalmente, parto dal focalizzare un concept di cui parlare a seconda anche dell’umore.
AP Guarda, di solito io vado da Alessio e gli chiedo proprio “come ti senti oggi?”
FRANCESCO PIEROZZI Beh, ma c’è stato un giorno in cui ha detto di stare bene?
AB Eh no, infatti si sente nel disco! (ridono, ndr) Però il bello è che parti da un’idea che può essere ispirata da un libro, un articolo di giornale, qualcosa ho letto online. E poi partiamo con un beat o con degli accordi su delle idee scritte a mano. E da lì nasce, poi, il processo creativo che è senza senso, diciamo.
AP Poi tra noi quattro ci confrontiamo su tutto. Chi scrive il provino o ha l’idea manda nella chat comune e ognuno dice la sua, visto che siamo quattro teste. Poi da lì si aggiusta.
Qual è stato il brano per il quale avete impiegato più tempo a raggiungere la forma finale?
AB morto per te. No scherzo, anzi, la cosa che fa ridere è che quel titolo nasce dal testo fake che ho detto senza senso all’inizio. Alla fine è rimasto quello. È nato veramente in cinque minuti, one shot. Seriamente, qual è stato il pezzo in cui abbiamo impiegato più tempo?
AP Diciamo che, per noi, il tempo è molto relativo perché magari ci sono pezzi che chiudiamo in una mattinata oppure altri, scritti con amici autori che ribecchi dopo un mese, richiedono un tempo più lungo.
AB Ma parliamo comunque entro la settimana. I pezzi più decisi sono quelli nati in meno tempo, a volte basta in un pomeriggio nasce quella roba lì. Poi, resta solo da fare qualche rifinitura.
Quindi, un brano come giuda quanto tempo vi ha richiesto?
AB giuda è nato in due, tre ore. Ero al computer, ho fatto tutto provino e l’ho mandato agli altri. Mi hanno risposto: “è una bomba, vai”.
RR Diciamo che le cose per cui, tra virgolette, perdiamo più tempo riguardano la produzione, essendoci un concept anche sonoro da portare avanti. Io, ad esempio, sono molto legato alla vecchia scuola, quindi a una batteria più suonata, anche se rispetto a dieci anni fa sono più aperto sui suoni. In generale, ecco, ci perdiamo più tempo perché a me piacerebbe avere un sound più analogico, ma poi va visto il progetto nella sua interezza e si decide in quattro. Per quanto riguarda, invece, le composizioni, Alessio è diventato una belva!
AB Quel, sound che senti è veramente di getto pure non è che ci perdiamo tanto tempo. Magari, poi, facciamo la bella copia al mix del master però, se senti certi provini, molte delle canzoni che adesso sono sull’album suonano esattamente allo stesso modo.
Fra le tracce ce ne sono un paio di cui vorrei chiedervi di più, anche basta e mister.
AB anche basta evidentemente incuriosisce molto, forse perché parla di solitudine e la solitudine è un tema caro a molti di noi. Penso che la solitudine sia l’emozione per eccellenza del XXI secolo, per quanto la tecnologia ci aiuti molto ci fa anche sentire molto soli. Nel testo, parlo del sentirsi solo, di pillole per dormire, di dare molto alle persone quando invece è meglio trattenersi. È una realtà che riguarda non solo me ma riguarda un po’ tutti perché sfido qualunque adulto a non essersi mai sentiti sentito solo nella vita. Quando diventi adulto sei solo, la vita è tua. Quindi abbiamo messo in musica tutto questo è uno dei miei pezzi preferiti del disco.
Poi c’è mister, che parla del buttarsi e non rimanere in panchina. Siamo una generazione che ha adisposizione talmente tanti circuiti e piattaforme che a volte rischi di perderti perché non sai che pesci pigliare. C’è troppa scelta. Quindi, dico, che è bello buttarsi senza chiedersi come, tanto al massimo cioè non succede perciò meglio provarci.
Intanto, sono in previsione due date live.
AB Non vediamo l’ora perché sono praticamente otto anni che non suoniamo insieme sul palco. Non so voi, ma io me la sto a fa sotto! È bello anche tornare in sala prove, stiamo facendo le prove in questi giorni e sicuramente ci tirerà anche un po’ su il morale. Perché, poi, al di là di tutto il musicista vuole stare sul palco. Vediamo un po’ cosa succederà, noi ce la mettiamo tutta e soprattutto abbiamo fatto un album che live ci diverte da morire. Sarà bello suonarlo.
I FOLLYA saranno in concerto con due live, l’8 novembre al LARGO Venue di Roma e il 9 novembre all’Apollo di Milano, durante i quali porteranno per la prima volta dal vivo il nuovo album. I concerti, prodotti e organizzati da OTR Live, porteranno la band nella dimensione che maggiormente le appartiene, quella del live club. I biglietti per i FOLLYA sono in vendita su www.ticketone.it.
Foto da Ufficio Stampa