Dal 18 novembre è disponibile, solo in formato fisico, il nuovo album di Francesco Guccini dal titolo ‘Canzoni da intorto’: ecco le parole del maestro.
‘Canzoni da intorto’ è l’album che segna il ritorno in studio di Francesco Guccini, in uscita venerdì 18 novembre per BMG solo in formato fisico. Una scelta, questa, che risponde a un’esigenza artistica e alla volontà di sottolineare come il ‘campionato’ del maestro nulla abbia a che fare con la gara dello streaming. “Sono uno un po’ all’antica. Lo streaming? Ignoro cosa sia”, risponde candidamente Guccini presentando questo concept album contenente undici brani della cultura popolare arrangiati da Fabio Ilacqua, che ne ha seguito anche la produzione artistica con Stefano Giungato.
“L’idea di fare un album di cover nasce parecchio tempo prima – spiega il maestro – ne avevo l’intenzione anni fa. Ma alla fine si era ancora fatto e allora avrei scelto canzoni molto diverse, per esempio Come è profondo il mare di Lucio Dalla o Luci a San Siro di Roberto Vecchioni. Questa volta, invece, ho scelto le canzoni che ho cantato con gli amici, in moltissime serate bolognesi conviviali trascorse a giocare a carte, per il piacere di giocare. E si finiva a cantare e suonare la chitarra”.
Perché, allora, ‘da intorto’? Aggiunge sorridendo Guccini: “Si tratta di una voce di origine gergale che significa imbonire, circuire per convincere qualcuno/qualcuna a prestarsi a proprio vantaggio. L’espressione ‘canzoni da intorto’ fu pronunciata da mia moglie Raffaella durante il famoso pranzo coi discografici della BMG e fu accolta con entusiasmo come titolo. È un’illazione maliziosa anche se parzialmente affettuosa. Indicherebbe quelle canzoni, da me spesso cantate in allegre serate con amici, per abbindolare innocenti fanciulle. Sono canzoni che nessuno conosceva, marginali e con una storia dietro. Raccontandole, ti fai un po’ vedere ed è lì che sta l’intorto…”.
Brani che sono uno spaccato della storia di un intero paese e della sua provincia alle prese, ieri come oggi, con una certa politica. “Quando abbiamo fatto questo disco si intuiva già il quadro politico con cui avremmo potuto avere a che fare”, commenta Francesco Guccini . “Una situazione che certo non mi lascia indifferente, anzi mi permette di affermare la mia parte, sempre con educazione. E mi fa ancora più piacere che siano canzoni di un certo tipo”.
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“Alla fine quelle che canto in questo album sono canzoni dei perdenti”, spiega il maestro che rievoca un episodio scolastico. “Alle medie studiammo L’Iliade e la classe si divise tra chi tifava per i Troiani , che erano i perdenti, e chi per i Greci, i vincitori. Oggi come allora tifo ancora per i perdenti”.
Dell’impegno sociale e civile, un artista come Guccini ha fatto sostanza e storia. “Si è sempre detto di me che sono comunista mentre, per esempio, si diceva che De Gregori non si fosse mai dichiarato, invece è esattamente il contrario. Io non sono mai stato comunista e men che meno stalinista. Più che altro sono un simpatizzante anarchico, diciamo che mi piace l’anarchia”.
Dopo il ritorno in studio di registrazione, però, l’artista non ha intenzione di rimettersi anche a scrivere. “Voglia di scrivere una canzone c’è, però forse non ne sono più capace e per questo avevo già deciso di smettere con l’ultimo disco. Non ho più toccato la chitarra e, per, è difficile scrivere senza la chitarra. Ho voluto smettere per non arrivare a dovermi arrampicare sui vetri”.
Foto di Mattia Zoppellaro da Ufficio Stampa GOIGEST