Si intitola Musica Eterna il nuovo album di Grido, disponibile dal 29 novembre. Sedici tracce dall’attitudine estremamente hip hop, che si fanno un po’ beffa dei compromessi (a cui siamo fin troppo abituati) e sfidano i tempi che corrono. «Una volta trovata tutta l’energia e l’asset, mi sono messo a fare il disco che avrei sempre voluto fare», ci dice sin da subito il rapper, senza tanti giri di parole. «Non che prima fosse un compromesso – precisa poi – ma non avevo una visione così chiara e non mi ero mai messo al 100% su ogni singola cosa nella creazione dell’album. È stato un lavorone di due anni. Tanti pezzi sono stati scartati, ma queste 16 tracce che compongono i capitoli della mia vita sono quelle di cui il Grido 16enne sarebbe orgoglioso. È il disco più bello che ho fatto».
In primis, Grido dice di dover ringraziare l’hip hop. «In questo disco – commenta – nel ripercorrere certe cose della mia vita, ho capito che devo tutto al rap e all’hip hop. Non solo la facciata, non intendo il successo, ma il modo in cui sono fatto. La cultura, la curiosità e la street art le mastico da quando ero ragazzino. Oggi culturalmente queste cose sono cresciute e per me è motivo di orgoglio. Io celebro certe cose, come registrare il primo demo. È la magia dell’hip hop. Adesso è figo e sei urban, all’epoca eravamo emarginati».
Grido, la Musica Eterna e i tempi che corrono
Musica Eterna – dicevamo – proprio nell’attitudine e nei contenuti è un album puramente hip hop. Una scelta un po’ in controtendenza? «Non conosco un altro modo. – dice Grido – Volevo fare questo disco così com’è, a prescindere dal mercato, ma mi rendo conto che è una sfida ancora più grande. Nel mondo di oggi, è una scelta in controtendenza fare un disco pieno di contenuti o di brani che durano più di 3 minuti. La soglia dell’attenzione è bassa e il discografico mi direbbe di no. Io però ho voluto fare un disco che arrivasse dal profondo della volontà e credo che, nel mondo di oggi, ci sia spazio anche per questo. Certo, devi trovare chi apprezza in un mondo disattento che ormai viaggia sul vuoto cosmico».
«Ne faccio una questione di profilo e di attitudine. – continua – Il rap in questo modo è come sento di farlo. Voglio raccontare la mia esperienza e criticare ciò che non mi piace come persona e per istinto comunicativo. Non vuol dire che non mi piaccia la trap o il fenomeno del 2016. Anzi, sto scoprendo un cortocircuito: alcuni trapper li ho incrociati e mi chiamavano leggenda. Mi aspettavo non tanto di essere uno sfigato per loro, ma che non mi conoscessero. Invece tuttora essere Grido, anche se non faccio a gara con la trap, è una figata».
In questo senso, nel brano G.R.I.D.O. c’è un chiaro riferimento a Eminem, o «Rap God», come lo definisce proprio Luca. «Sono impazzito per lui dal giorno zero fino al suo ultimo disco che è incredibile. – commenta poi – In America ci sono 50enni che stanno facendo album bellissimi e stanno anche facendo il culo a quelli che fino a prima sembravano la nuova tendenza. Invece non è vero che se hai 40 anni sei vecchio per fare rap. La citazione è un tributo a quello che per me è inarrivabile: il Dio del rap finché non c’è qualcuno capace di essere a quel livello».
I featuring in Musica Eterna
In Musica Eterna, la title track con Clementino, è il rapper partenopeo a citare proprio Grido con la prima barra di Un Attimo Ancora. «Tra me e Clementino ci sono 5 anni di differenza. – dice Grido – Quando è uscita Un Attimo Ancora io avevo 19 anni e lui 14. In quel momento amava il rap e ha conosciuto il fenomeno DiVersi. Lui era mio fan ma anche io, dal giorno zero, l’ho sempre visto come uno fortissimo. Ora credo che sia uno dei rapper italiani più forte. Tra noi c’è rispetto e stima e tutto ciò è bellissimo perché ce lo siamo raccontati durante il pezzo. Giochiamo con presente, passato e futuro. Ma anche con la musica eterna. Tempo al tempo». Grido si autocita inconsapevolmente, riferendosi all’ultima traccia dell’album, in featuring con Tormento.
«Non è un lieto fine. – precisa – Il disco ha momenti di luce e momenti scuri. Io cercavo un equilibrio e con quel brano arrivo a mettere il punto alla fine. Come quando dici cose che stai elaborando da tempo ad alta voce: questa azione ti solleva e ti fa capire che puoi voltare pagina. Tempo al tempo è esattamente questo: non ho capito qual è il senso, ma ho fatto pace con certe cose. Io e Tormento raccontiamo una storia che entrambi abbiamo vissuto e il brano, per questo, è ancora più significativo. Entrambi ci ritroviamo oggi a dire che, se lasci tempo al tempo, tutto poi diventa più chiaro ed è un cerchio si chiude. È una battaglia, e c’è un riferimento a Fortnite».
Nel disco anche feat. con Fabri Fibra, J-Ax, Jake La Furia, Entics, VSA, Nerone, Warez, JV e Vacca. «Quando abbiamo annunciato la tracklist – dice Grido – ho letto un commento che mi ha colpito, perché ha sintetizzato tutto. Era Aiuto, non so più se siamo nel 2000, 2010, 2024 o questo momento deve ancora venire. Guardando i featuring e le canzoni, capisco che inconsciamente ho recuperato le persone con cui volevo fare featuring già dal 1998, come Jake La Furia, fino ai VSA che sono fortissimi. Ognuno ha portato tantissimo al disco e ogni canzone sembra cucita sulla persona con cui ho fatto il featuring, nonostante sia stato io ad aver proposto a loro i brani. Con alcuni, vedi Fibra, ho scoperto che, nonostante un trascorso burrascoso, erano 10 anni che aspettavamo l’occasione per collaborare».
Il realismo di Musica Eterna
E arriviamo ai temi di Musica Eterna. Un intero dissing – potremmo dire – ad alcune pratiche dell’epoca contemporanea. «Del resto – dice Grido – vengo dalla generazione del keep it real. Anche mia madre mi ha sempre detto che è meglio una brutta verità di una bella bugia. Quando scrivo, faccio questo. Preferisco essere serio e vero. È una scelta in controtendenza anche nel rap, per molti anni sembrava che se volevi fare il rapper contava più il personaggio del contenuto. È un cortocircuito: non giudico i ragazzini di oggi che vivono questo, ma condanno chi fa finta. Non lo capisco».
È una critica al sistema, in cui «ci siamo inabissati e ci crogioliamo. Ma il sistema è fatto dalle persone che hanno paura di cambiare, perché è controproducente. Basterebbe mettere fuori la testa, a mio avviso. Io mi son tolto i sassolini dalle scarpe. Ho una missione che si traduce in tutto, anche quando faccio i dischi».
Senza presunzione, precisa Grido, pur mantenendo «la speranza che qualcosa di buono resti». Ad esempio, un brano come Social Detox «non critica i social, ma l’uso che se ne fa e la disattenzione alla dipendenza che creano. Il dibattito non è alto, ma più profondo». Un album che di sicuro anni fa non poteva nascere. «Avevo bisogno, anche come persona, di vivere certe esperienze e maturare. – conclude Grido – Se sento un ragazzino che spacca a rappare, mi viene in mente la punchline: quello è ancora il Grido 16enne. Ci sta, fa parte di me. Nel mondo di oggi che a 40anni ti fa aging io voglio invecchiare e diventare come Jack Black. È faticoso vivere nel mondo di oggi, ma sono felice e gasato».