Se c’è una parola che Jeson ripete spesso in questa nostra intervista è tempo, un termine sempre più raro al giorno d’oggi soprattutto nell’industria musicale. Idee chiare, percorso che mira alla solidità e nessuna velleità di seguire i trend: l’artista romano è ben consapevole di aver scelto una strada in salita. Ma proprio per questo anche meno esposta ai venti volubili degli ascolti liquidi.
Il primo mattone dell’edificio che Jeson sta costruendo è l’EP ‘Solo un uomo’ (Epic Records/Sony Music), già disponibile su tutte le piattaforme digitali. Sei le tracce del progetto, di cui due brani inediti e sei canzoni pubblicate nel corso dei mesi precedenti in un mix di pop, rap, cantautorato, r&b e gospel. Ne parliamo con lo stesso Daniele.
Qual è stato il percorso che ha portato a questo lavoro?
In realtà questo EP è nato un po’ per caso, nel senso che ho cominciato a lavorare a un percorso artistico dopo il Covid. Mi sono chiuso in studio a cercare di trovare una personalità che prima facevo fatica ad avere, seguendo determinate ispirazioni e cercando di distaccarmi mondo del rap che pure continuo a seguire. Quindi sono nati dei singoli che abbiamo cominciato a lavorare piano piano e, unendo questi puntini, siamo arrivati a costruire questo EP. Contiene i brani che avevamo fatto uscire durante l’anno, più due pezzi inediti di cui uno è la focus track Solo un uomo.
Quali sono state le difficoltà maggiori nel trovare la tua cifra artistica?
Praticamente io ho iniziato a fare rap, è così che mi sono approcciato alla musica. Però, poi, ho capito che del rap mi piaceva il fatto che potevo dire quello che volevo, sfogarmi, ma sentivo che non era del tutto quello che volevo fare. Piuttosto, lo volevo inglobare in un mio percorso per il quale sentivo di poter fare di più. Quindi, ho cominciato a prendere lezioni di canto per incrementare quello che avevo costruito fino a quel momento, dedicandomi al pop ibrido. Il rap fa parte di me, perché è proprio l’inizio della mia carriera ma nella mia musica ci sono anche sfumature di cantautorato italiano e influenze derivanti dal gospel, che è un una cultura che mi affascina molto. Ci sono varie sfaccettature che ho assemblato in un unico progetto con cui mi presento nel panorama musicale. Ecco, questo è Daniele.
A maggior ragione per un esordiente, scegliere i primi brani da pubblicare è fondamentale per costruire il pubblico. Come li hai selezionati negli scorsi mesi?
Il percorso che mi sono mi sono scelto non è un percorso facile, lo so, perché il mio obiettivo non è inseguire a tutti i costi o il successo. Il mio obiettivo è costruire qualcosa che possa durare nel tempo, qualcosa in cui io mi riconosca e in cui la gente riconosca me. Quindi, ho cercato di trovare quella personalità artistica che mi potesse distaccare da tutto il resto e rendere riconoscibile. Per questo motivo abbiamo iniziato con un brano molto intimo, Il mio posto che è stato il primo singolo e rappresenta per me un inizio.
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Nella canzone dico che la musica è la mia vita ed è il mio posto il nel mondo, cercando di far capire che è uno strumento con cui ho superato tanti limiti. Vorrei che fosse un primo input alle persone per capire di cosa voglio parlare. Ed è, appunto, un viaggio molto introspettivo nella mia persona per cui non faccio altro che raccontare, attraverso la voce di Jeson, la persona che è Daniele cercando di arrivare alle persone per quello che scrivo, per come lo canto e per come lo interpreto.
Mi rendo conto che non è facile anche perché, oggi, ci sono cose che sono più virali e seguono un po’ più la moda mentre il mio percorso, secondo me, ha bisogno di tempo per essere capito e assimilato. Mi sto prendendo quel tempo, poi comunque durante tutto questo ho avuto la fortuna anche di lavorare con Marco Mengoni, una cosa bellissima a maggior ragione perché è stata inaspettata. Ho condiviso una bella esperienza con lui.
Certo, ha rappresentato un bel boost. Come avete lavorato a Lasciami indietro?
Il brano è partito da zero per il disco di Marco ma è comunque un pezzo che si associa molto al mio tipo di percorso. È stato bello proprio perché abbiamo fuso le nostre anime in quella canzone in maniera molto armonica, non è stato forzato. È un pezzo che mi rappresenta, a partire dal sound gospel in cui Marco è un fenomeno. Lui, poi, coinvolge spesso il coro nei suoi concerti ed è qualcosa che non è facile portare culturalmente nella musica italiana.
Ogni volta che racconto come è nata la collaborazione, la gente fatica a crederci ma davvero è stato come fossimo due amici che vanno a prendere un caffè al bar. Io stavo lavorando a un suo brano solo come autore e a lui quel brano piaceva molto. Tra l’altro era un periodo in cui era molto impegnato quindi nella chat di WhatsApp praticamente parlavo da solo! Però, puntualmente gli mandavo i provini che sviluppavo in studio e quindi portavo avanti il brano piano piano.
Anche in quell’occasione mi sono preso il tempo per manipolare quello che lui scriveva sulla nota condiviso che avevamo in cui Marco ogni tot scriveva i suoi pensieri in modo che io estrapolassi quello che scriveva per metterlo in rima e farlo diventare una canzone. Devo dire che già questo tipo di approccio mi è piaciuto molto perché, anche se abbiamo lavorato a distanza riusciva mentalmente a darmi tutti quegli input che mi permettevano di seguire una strada. E il brano è nato praticamente che già era di tutti e due anche se ancora non lo sapevamo.
Quindi, la proposta del duetto come è arrivata?
Succede che, finalmente, in giorno gli mando il provino e, quando Marco ha sentito il brano, ha detto: “Sai che ti dico? Ti andrebbe di farlo con me?”. Ho accettato subito, non c’era neanche da chiederlo, era un onore per me! Da lì ci siamo visti in studio in studio e ho registrato la mia strofa. C’è stata tanta spontaneità in quello che facevamo, sembrava che ci conoscessimo da anni ed è stato molto alla mano con me. Credo che ci siamo trovati ed è uscito un brano veramente non pensato o ragionato a tavolino, ma nato dalla voglia di cantare insieme. Con quel tocco di gospel che dà un andamento epico e dà forza al messaggio. Ripeto, è stato bellissimo ed è una delle esperienze più belle che sicuramente mi porterò sempre dietro.
Torniamo a Solo un uomo e agli inediti che contiene, partendo proprio dalla title track.
Si ispira a una frase di Giustizia privata, film con Gerald Butler, in cui si racconta un aneddoto legato a Marco Aurelio. L’imperatore era abitualmente accompagnato da una persona che aveva un ruolo preciso: lo accompagnava per Roma e, ogni volta che la gente lo riempiva di lodi, gli sussurrava nell’orecchio che era soltanto un uomo. Ecco, in questo brano parlo alla mia vita come fosse una cara amica e alla realtà che ho introno, cominciando così Cruda realtà busso alla tua porta con le nocche insanguinate, con il volto pieno di lividi. Come se dicessi che quella vita ha provato a mettermi in dubbio, a buttarmi giù diverse volte però io sono qui. Quello che vorrei spiegare nel brano è che possiamo diventare chiunque e possiamo anche salire su un piedistallo guardando gli altri dall’alto verso in basso ma alla fine rimaniamo solo persone.
Riferendomi anche all’incontro con Mengoni: a volte ci facciamo mille paranoie pensando a come sarà una persona che siamo abituati a guardare da lontano ma quando la conosciamo da vicino ci accorgiamo di quanto sia uguale a noi. In Solo un uomo il mio messaggio è che Jeson è soltanto la voce con cui sta parlando Daniele. Con questo EP voglio far arrivare alle persone quello che sono; un uomo in carne rossa che parlo dei suoi sentimenti, delle sue emozioni, del suo percorso tra difficoltà e limiti da superare. Voglio mandare ai giovani un messaggio positivo di coraggio e forza dell’essere se stessi.
Pensi che i social, da questo punto di vista, tendano ad allontanare le persone invece che ad avvicinarle?
Sì assolutamente, distaccano molto dalla percezione della persona ma anche gli artisti alla fine sono persone. Questo è il primo input che vorrei dare al mio percorso dicendo che con la mia musica voglio trasmettere la mia persona capito. La mia musica è molto introspettiva e non c’è differenza tra Jeson e Daniele.
Non pensi che, allora, il nome d’arte possa creare un filtro? Perché lo hai sentito necessario?
Non credo cambi nulla secondo me. Gli amici e le persone che mi conoscono sanno benissimo che sto parlando di Daniele, se gli altri pensano che stia parlando di Jeson è uguale. Il problema non è il nome d’arte ma capire la mia personalità per questo dico che ‘Solo un uomo’ è un EP in cui io mi presento. In queste tracce sto spiegando le varie sfaccettature della mia personalità e che sia Jeson o Daniele è uguale. Resto sempre e solo un uomo.
Per quanto riguarda, invece, la copertina come è nata?
Quella luce in viso mi fa volare! Guarda, in realtà è in maniera casuale facendo degli scatti col proiettore come altre foto che ho pubblicato recentemente sui miei profili. Non c’è un significato specifico, mi piaceva stilisticamente per quell’aspetto un po’ mezza futuristico che mi ricorda Tron Legacy con i LED.
E dopo questo EP cosa dobbiamo aspettarci? Stai già lavorando ad altro?
Non ho mai smesso di lavorare. Questi pezzi li ho scritti un anno e mezzo fa ma, per fare uscire le cose nella maniera giusta, serviva il tempo giusto. Se fosse per me chiuderei un brano e lo pubblicherei il giorno dopo, però non voglio nemmeno buttare via le cose che faccio perché ci credo e voglio spiegare per bene il progetto. Sto già lavorando ad altro di cui non parlo perché nemmeno io so ancora cosa ne verrà fuori e ci sono momenti anche in cui non mi viene da scrivere. Per esempio, mi sono preso un periodo in cui non ho scritto nulla perché nonostante ci provassi non ci sono riuscito ed ero anche po’ esausto. Mi ero reso conto che stavo scrivendo più per lavoro che per necessità personale.
Faccio l’autore anche con altri artisti ed è un lavoro, ma quando scrivo i brani per me voglio sentire ancora quella fame. Se la perdessi non avrebbe più senso la mia musica, quindi ho aspettato un po’. E devo dire qualche giorno fa ho scritto un brano di getto, l’ho registrato e mi ha dato molto soddisfazione. Sono uscito dallo studio con una sensazione che non avevo da un po’ di tempo e ne sono contento perché abbiamo sempre qualcosa da dire, bisogna aspettare soltanto il momento giusto per dirle. Mi sento rinato… ora ho la maturità per capire che ci sono dei periodi in cui devo stare zitto, in silenzio. Devo stare fermo per immagazzinare quello che mi succede intorno per poi esplodere in quello seguente e fare uscire tutto ciò di cui ho bisogno.
Ci sono appuntamenti live in vista?
È l’obiettivo primario che ho. Vorrei portare questo EP dal vivo durante l’estate perché per me il live è una cosa importantissima e ci conto molto. Sento che posso fidelizzare il mio pubblico attraverso mi sto già attrezzando fare un po’ di date nei prossimi mesi.
A proposito di pubblico, ti sei fatto un’idea di come si stia formando il tuo?
Non so di preciso ma, delle volte, ho la percezione di dover trovare il momento per captare l’attenzione giusta. A un certo punto, però, me ne frego anche perché alla fine non sono io che devo stare appresso a loro, al massimo sono loro che devono stare appresso a me se vogliono seguire il mio percorso. Per questo, ultimamente sto facendo meno caso a queste cose, ai like o ai commenti. Io faccio il mio e sono convinto del mio percorso, perché credo che se la gente si prende il tempo di ascoltarmi si affezionerà al progetto. E perché questo succeda occorre tempo, non succede dall’oggi al domani.
Ho grande pazienza e penso di potercela fare, voglio cercare di mettere le basi. Non sto cercando il brano funzionale a un trend, sto cercando un percorso per cui, se un giorno diventerò qualcuno – ed è il mio obiettivo – questo percorso che mi sono creato sarà riconducibile solo a me. Non sarò mai la copia di qualcun altro, voglio essere me stesso e sto cercando di lavorare proprio su questo con la mia musica. Senza mai dimenticarmi di divertitimi.
Foto da Ufficio Stampa