Esce il 26 maggio ‘MATERIA (Prisma)’, ultimo capitolo della trilogia con cui Marco Mengoni si è raccontato in musica approfondendo riflessioni su quello che siamo e che rischiamo di diventare.
‘L’ultima canzone’ del progetto ‘MATERIA’ arriva con ‘Prisma’, terzo capitolo della trilogia musicale iniziata da Marco Mengoni con ‘Terra’ e proseguita con ‘Pelle’. L’artista, che sta vivendo un periodo quanto mai intenso, si racconta con l’entusiasmo e la soddisfazione di chi sta raccogliendo frutti importanti. E non nasconde una certa stanchezza che passa però in secondo piano di fronte a quello che rappresenta il completamento di un discorso amplissimo, divenuto via via più coraggioso nei temi e nella forma.
In ‘MATERIA (Prisma)’, Mengoni attraversa e si lascia attraversare da pensieri, riflessioni, frustrazioni, rabbia e pacificazione da equilibrista facendo versare lacrime di sudore e pianto. Un po’ come la vita. E i riflessi cromatici diventano occasione di altrettanti momenti che si fanno pensieri in suono. “In questo disco c’è molto l’accento sulle ritmiche – racconta il cantautore – e i pezzi includono il mondo della batteria e delle percussioni. Come fa il prisma, ho cercato di dare colori diversi alla mia voce passandola per la prima volta in plug-in che ancora non avevo sperimentato per dare paste e colori diversi. In molti pezzi resta naturale e cruda, ma ho voluto giocare mettendo un prisma anche alla mia voce”.
“E a proposito di tribale – prosegue l’artista – il pezzo che ci ha messo più tempo a nascere e crescere è The Damned Of The Earth, ispirato al saggio di antropologia psichiatrica di Frantz Fanon. Contiene tantissimi spunti e messaggi, riflessioni e parole sulla società che vivo e sulla storia che abbiamo vissuto. E che qualcuno ha studiato ma qualcun altro mi sa di no…”. Il brano, con il suo incedere, trascina e fa pensare, guardando attorno a ciò che ci circonda dal presente al passato e ritorno.
Paure ed evoluzione di una società
“Il problema o la bellezza di questo pezzo, avendolo voluto fortemente scritto, è che ci siano parecchi spunti, dal caporalato al pensiero di Fanon per il quale non c’era un assolutismo per curare delle persone. Ho voluto riprendere questo concetto per portarlo ai giorni nostri, è come se ci fosse un assolutismo per tutto. Un filo chiaro per affrontare certi temi come diritti, libertà ed evoluzione della società. Mi riferisco alla storia, perché c’è l’uomo che ha certamente conosciuto un’evoluzione verso l’essere libero di esprimere la propria pelle, il pensiero, la sessualità. Ma quanto cammino ancora dobbiamo fare”.
Temi su cui Mengoni solleva il velo in diverse tracce di ‘MATERIA (Prisma)’, affrontando le tante paure del presente. “Ho paura per il mondo nel quale siamo per come si stanno affrontando certi temi nel nostro paese. Volevo fare una similitudine tra il presente e le cose del passato, come il discorso di Nelson Mandela di cui riporto un passaggio. C’è un po’ di tutto e ogni volta rimango io stesso sorpreso per quante cose, forse troppe, ho messo dentro. Ma credo sia importante che ci siano tanti cori e voci che che urlano. Ci sono tantissime parole, una batteria che martella, perché credo sia giusto continuare a martellare su certi temi”.
“Che la donna sia libera di usare il proprio corpo come vuole e che ognuno sia libero di esprimersi”, continua Marco Mengoni. “E io lo affermo usando un confronto con il passato e ricordando le battaglie che si sono combattute per conquistare la possibilità di essere uomini liberi. Ma c’è ancora tanto da camminare e quello che posso fare io è cercare di urlarlo perché ho paura dei passi indietro. La società va veloce e forse, delle volte, certi messaggi che si lanciano senza troppe spiegazioni entrano nell’abitudinario. Non vorrei che non si desse loro la giusta attenzione di cui invece necessitano”.
Impossibile, dunque, alla luce di questo, non chiedere della decisione di portare la Pride Progress Flag sul palco di Eurovision. “Mi è venuto davvero all’ultimo, quella bandiera dell’inclusività ha tantissimi colori al suo interno. Tutte quelle che alcuni chiamano minoranze non sono altro che quelle che compongono la nostra società. L’Italia non deve fare passi indietro. Dobbiamo essere allineati, dobbiamo urlarlo e in quel contesto avevo la possibilità di farlo. E volevo anche ricordare all’Europa che tanti la pensano come me qui in Italia.
“Ad alcuni non è andata bene? Finalmente ho avuto dei commenti negativi, vuol dire che è qualcosa che dà ancora fastidio. Significa che muove delle riflessioni. Le persone possono avere dei vissuti e dei pensieri completamenti diversi dai miei e per me, per il mondo in cui vivo, certe cose sono anacronistiche. Ma è giusto ascoltare e capire anche quel tipo di giudizio. Ecco, io vorrei comprendere cosa porta a un pensiero così diverso dal mio”, conclude.
L’amicizia e la collaborazione con Elodie ed Ernia
Nel coro di voci in ‘MATERIA (Prisma)’ ci sono anche quelle del giovane Jeson, di Elodie e di Ernia. E proprio il duetto Pazza Musica accompagna in radio la release dell’album. “Elodie la ritengo un’amica – spiega Mengoni – siamo molto in sintonia su tantissimi discorsi che facciamo e da tempo avevamo in mente di fare qualcosa insieme. È nato questo pezzo un po’ in controtendenza perché, pur andando incontro all’estate, non abbiamo messo dentro suoni latinoamericani. Spero che sia accolto bene dal pubblico con il suo messaggio che è quello di sorvolare sopra le paure e l’ansia. È qualcosa che abbiamo in comune dato che questo lavoro ti porta ad avere paura, quindi speriamo che questa ‘pazza musica’ ci aiuti a uscirne fuori”.
In Fiori d’orgoglio, invece, Mengoni ritrova Ernia, con il quale aveva già duettato in Tutti hanno paura nel disco del rapper ‘Io non ho paura’. “A mio parere Matteo ha scritto uno degli album più belli degli ultimi dieci anni e, quando ho sentito quel brano, ho voluto far parte in qualche modo di quel progetto, volevo esserci. Questa volta, quindi, ho chiesto a questo nuovo amico di partecipare a questo capitolo così importante per me. Nella traccia, ci sono tante reference a partire dalla produzione che si rifà a quelle di Kendrick Lamar, con un’elettronica che viene dal tribal e non necessariamente o esclusivamente di matrice europea”.
Oltre al duetto, Fiori d’orgoglio chiude la tracklist dell’album in formato CD in versione solo. “Questo pezzo, in fase di scrittura, è nato come pezzo totalmente mio, a una voce – spiega Marco Mengoni – ma volevo provare con l’aggiunta di qualcosa in più. Per sua natura melodica non è rap ma è comunque molto serrato, veloce e con tantissime parole. Dato che la mia voce tende a melodicizzare anche le melodie serrate, volevo vedere la seconda parte fatta da un rapper. In verità, Ernia, inizia con una strofa molto più melodica: quando me l’ha inviata, quasi ci sono rimasto male. Ma che, da(v)vero? (ride, ndr). Ne è uscito un bel mix, credo”.
Marco Mengoni continua a correre: dopo Sanremo ed Eurovision, il ritorno negli stadi
Se nel 2013 Mengoni si diceva ‘Pronto a correre’, oggi quella corsa continua a ritmo più frenetico che mai. Da un anno e mezzo a questa parte, l’artista di Ronciglione non si è mai fermato. “Non so neanche io come io riesca ancora a parlare e fare frasi di senso compiuto”, scherza (ma neanche tanto). “Ne sto anzi parlando molto con la mia psicologa perché a volte mi sembra di non riuscire più a condividere niente. Sono tantissime le cose che sto facendo e sono un iper fortunato a fare tutto questo, ma è anche stancante. Al prossimo che mi dice ‘tanto tu canti’ lo abbraccio però gli tirò un’occhiata che lo incenerisco!”.
“Questo è un lavoro che passa per un’emotività fortissima e mette tanta pressione addosso”, prosegue. “Per quanto tu possa essere cresciuto e pensare a respirare e meditare, è molto stressante. Nell’ultimo anno non ho avuto una vita, gli amici mi reclamano ma delle volte non ho ce la faccio proprio. È bellissimo condividere tutta quest’energia e l’affetto attorno, ma quando torni a casa e resti solo con te stesso quasi non hai più voglia di vedere nessuno. Quello è il mio momento di stacco che mi serve, altrimenti non riuscirei a essere concentrato e soddisfatto delle cose che faccio”.
“Non penso siano scindibili Marco e Mengoni”, riflette ancora. “Certo, in questo periodo Marco non sa più chi sia Mengoni e Mengoni non sa chi sia Marco, né Marco Mengoni conosce Mengoni Marco e viceversa. In questo disco ci sono momenti di vita mia, intima e privata. C’è rabbia personale, c’è frustrazione, c’è gioia. Quindi, credo che non ci sia una divisione tra il Marco che sta a casa e bacia le piante e il Marco che sale sul palco, non si possono dividere. Il disco è quello che sono anche a casa: confuso, triste, gioioso, felice o arrabbiato, tanto anche. Arrabbiato perché vorrei un mondo diverso mentre le cose vanno in un altro modo. Perché le persone non entrano completamente in connessione con quello che credo sia il mio bene. E quindi, questa volta, grido tanto”.
Una corsa fatta di pieni e di vuoti e, ora che esce ‘MATERIA (Prisma)’, la sensazione dell’‘ultima canzone’ si fa un po’ più forte anche se ogni fine diventerà un nuovo inizio. Così la vede oggi Marco, che con questo enorme progetto – da perfezionista quale è – ha potuto tenere aperto un discorso da limare strada facendo. “Cosa ho imparato? Che non farò mai più una trilogia! È un lavoro su stessi incredibile ma è stato un bel viaggio, di quelli che ti ricordi perché stancante e perché ne hai viste tante. Mi sono svegliato all’alba, ho preso barche, ho portato zaini pesantissimi ma ho visto animali che non avevo mai visto prima. Per questo deve rimanere un’opera unica: è il sogno che avevo desiderato, un progetto in cui lasciare la finestra aperta. Per me è stato fondamentale”.
Ora, la corsa continua con il tour negli stadi e con la tappa speciale al Circo Massimo. “Saranno concerti diversi ma in pratica è un tour che continua”, spiega Mengoni. “Tanto cambierà grazie a ‘Prisma’ ma anche proprio per volontà mia. Non riesco a fare la stessa cosa per troppe volte…”. E poi, del dopo, Marco ha paura? “Beh, quella paura un po’ c’è anche solo per contrappeso al pieno di oggi, ma prolungo un po’ con gli stadi e poi il tour in Europa”.
“Poi si vedrà, perché comunque se non vivi non puoi neanche avere un’idea per un disco. Mi sento di aver bisogno di vivere all’estero per due mesi, perché credo di avere la necessità di essere cittadino nel mondo e di attraversare modi diversi di vita. L’ho fatto in passato, vivendo per un po’ a Miami e a Madrid ma con il Covid non ho più potuto. Ecco, mi piacerebbe respirare altri mondi, respirare tutti. Perché è così che capisci meglio gli altri”.
Foto di Andrea Bianchera da Ufficio Stampa W4Y