Dal 25 ottobre è disponibile il primo EP di Matteo Romano che in questa chiacchierata ci ha raccontato il suo rapporto col tempo, con la gentilezza e con la musica.

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Alle spalle ha già svariati singoli e soprattutto una partecipazione al Festival di Sanremo (era il 2022, in gara selezionato tra i Giovani con Virale) ma solo ora arriva il primo EP ufficiale. Matteo Romano, in controtendenza con certi meccanismi in rincorsa dell’industria discografica, si è concesso il tempo di fare musica secondo i suoi ritmi. Ma non solo. Dopo un esordio tutti gli effetti ‘virale’, tale da inebriare chiunque, ha deciso di non mettere in pausa la sua vita inseguendo le classifiche. Ora, a un passo dalla laurea, questo EP – ‘Finta Nostalgia’ – fa il punto di un viaggio vissuto secondo i suoi tempi e guarda ai prossimi passi da compiere.

“Per me questo progetto rappresenta un po’ un punto di chiusura di tutto il percorso degli ultimi tre anni”, ci spiega. “Ma rappresenta anche un punto d’inizio. Sto finendo l’università, ho compiuto un percorso di crescita, personale e artistica, di scoperta… Sento di essere al momento giusto per far sentire questa parte di me e far ascoltare quello che sono fino ad adesso. Per mandare anche un messaggio di ciò che voglio essere, di dove voglio andare”.

Matteo Romano
Cover EP da Ufficio Stampa

“Quando ascolto i vecchi brani, come Concedimi e Virale mi rendo conto di quanto sono cambiato ma allo stesso tempo son sempre io”, prosegue Romano. “Il mio modo di vedere le cose e il mio punto di vista sono sempre rimasti gli stesso. Per quanto io sia cambiato, e mi rendo conto di essere una persona che cambia costantemente idea, è rimasto sempre molto polarizzato e polarizzante. Ho sempre avuto delle idee molto precise e molto molto chiare nonostante, in primis, non le avessi chiare come persona! Quindi sento che il mio filo conduttore, nel momento in cui scrivo qualcosa è bello nitido e preciso. E ascoltando l’EP ”.

Titolo curioso ‘Finta nostalgia’. “È anche un po’ una provocazione forse. Sono cambiato tantissimo perché sono passati tre anni e, per me, anche solo due settimane sono tantissime. Mi sento un’altra persona rispetto a quello che ero prima però è come una nostalgia finta perché, riguardando indietro, mi rendo sempre conto che è solo parte di un percorso. Tutto quello che mi ha portato da Concedimi ad oggi fa parte di un processo e mi piace anche il contrasto tra queste due parole che di per sé sembrano lontane. Come può la nostalgia essere qualcosa di finto? In realtà è finta perché non mi sento di essere cambiato nel modo in cui mi approccio alla musica, quello l’ho lasciato sempre simile ed è un po’ il filo conduttore”.

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“Sto cambiando io ma soprattutto sto crescendo, che è la cosa che mi piace. Quindi, ‘Finta nostalgia’ per me è proprio ripercorrere tutto il percorso a ritroso”, ci spiega Matteo. “Poi io sono una persona che vive di nostalgia, spesso e volentieri vive nel passato e ho difficoltà ad accettare il cambiamento. Ecco la mia ‘finta nostalgia, non saper staccarsi dal passato”.

Gentilezza non è ingenuità

Tra gli aggettivi che più di frequente Matteo Romano sente attribuirsi c’è gentile, in tutte le sue derivazioni. Ma a questo proposito puntualizza. “Ascoltando questi brani sento un Matteo cresciuto, un Matteo che ha più modo di raccontarsi e si sente anche più sincero forse. Non che prima non lo fosse ma ora ha più consapevolezza dei mezzi. Per me la scrittura e la musica sono sempre state istinto e pancia al 100%; piano piano sono diventate sempre più pancia consapevole. La mia musica parla sempre di ciò che io sento dentro e di ciò che mi colpisce ma, soprattutto guardando agli inizi, vedo la mia ingenuità che era la cosa bella del me di 18 anni”.

“Ora di bello vedo l’aver accettato che sto cambiando e che sto crescendo costantemente”, ci spiega. “Ci sono anche dei momenti in cui bisogna mettersi in discussione ed è quello che secondo me ho fatto. Se in passato c’era ingenuità oggi quella gentilezza che mi riconoscono è una gentilezza consapevole. È il rendersi conto di quanto la gentilezza possa essere potente secondo me, in un mondo come quello di oggi in cui sembra scomparsa. Credo sia importante prendere posizione nell’educazione e nella gentilezza, senza passare per ingenui”.

Matteo Romano
Foto da Ufficio Stampa

E a proposito di cambiamenti, Romano ci dice che quello più difficile da affrontare è stato “accettare di avere dei sentimenti e aprirmi un po’ all’ascolto, sia mio che delle persone attorno a me. Sono sempre stato molto in superficie, molto razionale, molto inquadrato e alle emozioni non davo così tanto peso. Lo canto anche in un brano come Apatico in cui parlo della mia difficoltà a cogliere le emozioni. Ora mi sento molto più empatico e mi sono scoperto molto più vulnerabile e molto più insicuro di quanto ammettessi. È bello, ho solo accettato le mie vulnerabilità”.

Il tempo di crescere

Ma come preservare il lato più istintivo e genuino del fare musica senza rimanere incastrati nei meccanismi della discografia? “Personalmente mi sono preso i miei tempi senza a quelli dell’industria perché, se dovessimo stare questi, io dovrei scrivere tutti i giorni. Questo chiede l’industria: mettersi a scrivere per tirar fuori il meglio. Io, purtroppo o per fortuna, non credo tanto in questa cosa e resto fedele all’istinto. Voglio scrivere, e scrivo, quando sento di doverlo fare. Non è che vado in studio per costruire il brano estivo o la traccia per quella situazione precisa. Credo più nel tirar fuori qualcosa che sento, quando lo sento dentro”.

“Poi a me si manifesta tutto nella pancia – sorride – quando ho il nodino lì so che è il momento di scrivere una canzone. E cerco di conservare quella cosa, che negli ultimi anni mi sta un po’ preservando nonostante anche io mi faccia prendere dal lavoro. Guardandomi indietro, il me performante e perfezionista dice avrei potuto fare di più. Però, dall’altra, il me umano e non robot pensa che ho fatto bene a non spingere perché semplicemente non ero pronto nel modo in cui volevo. Penso che ci sia un tempo per ogni cosa e penso che il tempo che mi sono permesso e che mi sono dato mi abbia preparato al meglio per poi ciò che arriverà”.

Guardando, allora, al futuro e a al percorso live, Matteo conclude: “Io non ho fretta. So solo che se sono qua e ci sono per rimanerci. Voglio che ogni cosa arrivi al momento giusto ed è giusto godersi il percorso. Mi rendo conto di quanto, a volte, bruciare le tappe sia sbagliato. Se l’ho fatto è stato giusto in quel momento, perché mi è servito e mi ha dato modo di prendere tanta consapevolezza. D’altra parte, però, è anche giusto sapersi prendere i propri tempi e viversi le cose per come vengono. Senza non forzarle”.

Immagini da Ufficio Stampa