Per Olly è ‘Tutta vita’, il nuovo album: «Un disco animale in cui lasciamo parlare le canzoni»

Entusiasta in maniera disarmante e schietto come pochi altri artisti della sua generazione nel pop. E non solo perché non le manda a dire (in questo condivide lo spirito del miglior rap) ma perché non teme di raccontarsi, che la telecamera sia accesa o spenta. Olly non ci pensa due volte a farti ascoltare il primo abbozzo registrato di Devastante – oggi a quota Doppio Platino – con il testo ancora sgangherato.

Federico è esattamente come lo ascolti, non nasconde la polvere (per usare un termine familiare nella sua discografia) sotto il tappeto semplicemente perché non lascia proprio che si accumuli. Pensieri ed azioni, errori e rimorsi, deragliamenti sentimentali, fallimenti e corse sferzante, il genovese li mette tutti sul piatto. E ci scherza sopra, con una dose di ironia e autoironia difficili da trovare in musica, soprattutto in un pop che si prende sempre molto sul serio.

Ironico, dicevamo, ma non certo superficiale. Tutt’altro, perché la chiave con cui Olly si è aperto un percorso personalissimo nella musica è fatta di stratificazioni di significato per cui ogni canzone – dalle ballad agli up-tempo – concede diversi livelli di lettura. Così, un verso insegue l’altro giustapponendo i pensieri mentre la battuta che si insinua tra le sue ‘sporche’ spiazza chi ascolta. 

Cover da Ufficio Stampa

Da qui una sintassi curiosa, per nulla scontata, che costruisce un coinvolgimento divertito e divertente, chiamando sempre in causa l’ascoltatore. Quasi a stuzzicarne l’attenzione. Ora, dopo una serie di singoli di successo, arriva ‘Tutta vita’ sempre insieme al sodale partner in crime musicale JVLI, con Olly firma un album che rischia di creare dipendenza al primo ascolto. “Volevamo uscire con questo disco tempo addietro – racconta il cantautore ligure – ci eravamo settati per consegnare molto prima ma alla fine abbiamo deciso di arrivare un po’ dopo imponendoci a un certo punto di non cambiare più niente. Altrimenti diventava impossibile! Come il non finito di Michelangelo…”

“Alla fine è stato soprattutto un lavoro sui suoni e magari sulle intenzioni di qualche brano o strofa – prosegue – E ci sono anche tanti brani di cui abbiamo tenuto la prima registrazione mai fatta proprio perché io scrivo al microfono. Solo da piccolino ho avuto la fase in cui mi mettevo a scrivere in cameretta ma poi, da quando ho conosciuto lo studio, è tutto per me. I pezzi nascono, crescono e muoiono in studio mentre tutte le esperienze sono fuori”.

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“Credo tanto in quello che faccio – confessa quindi l’artista – e voglio tanto bene alla mia musica però è difficile che ne parli bene perché la vivo fino in fondo. E vedo anche tutte le cose che mi fanno male nel farla. Anche quando si tratta di storie inventate. Ma penso che l’abilità di chi scrive canzoni consista anche nel riuscire a descrivere le storie d’altri che si sentono in maniera forte, quasi fino a riviverle in prima persona. Diciamo che quando sento questo album sono in pace con me stesso perché ogni brano per me ha un motivo di esistere. È un momento che descrive in maniera chiara. Le canzoni che scrivo raccontano non solo la parte che sono, ma anche la parte che vorrei essere”.

In studio con Olly: l’ascolto di ‘Tutta vita’

A pochi giorni dalla pubblicazione del disco (di cui abbiamo consumato tutti gli ascolti disponibili in anteprima…), incontriamo Olly e JVLI nello studio di registrazione che ha sentito nascere il progetto. Sotto il microfono campeggia la scritta-slogan È festa che è anche il titolo della prima traccia. “Si apre con È festa, che aprirà anche i prossimi concerti perché voglio subito che si senta l’anima corale del disco e del nostro modo di raccontare le cose”, ci dice Olly. “Vorrei, quindi, che fin dalla prima canzone il pubblico salti in aria, per quanto non sia un disco pensato solo per quello, anzi proprio in realtà non è neanche stato pensato, è uscito così com’è”.

“Dopo aver fatto il primo tour – prosegue – abbiamo capito veramente cosa significava e a cosa serviva fare musica. Quello che conta è quando la gente ti ricanta in faccia le canzoni e leggi la loro storia dagli sguardi. Quindi voglio che i concerti siano da subito una festa gigante. Il messaggio di questo brano direi che è abbastanza chiaro: ricordarsi sempre che c’è bisogno di festeggiare le cose, di far casino. Il nostro modo di lavorare agli album è fare musica e poi far parlare le canzoni, quindi decidiamo in base a cosa ci dicono i brani qual è la direzione che stiamo prendendo. Non ci siamo messi a tavolino e anche per questo son contento del fatto che, nonostante sia un disco meno ballabile a un primo impatto e senza la cassa dritta in tutti i brani, è molto adrenalinico e istintivo. È un disco animale”.

Foto di Andrea Bianchera da Ufficio Stampa

Nel complesso, esattamente entro le pareti in cui siamo, “questo album è nato a cavallo della chiusura dell’ultimo disco e, se non erro, Il campione – che è l’ultima traccia – è in realtà la prima che abbiamo scritto”, ricordano Olly e JVLI. “Il disco racconta un pochino tutta la vita che c’è stata in questi due, tre anni nei quali ci sono state storie di convivenza andata bene e andata male, amici, famiglia e i risultati del lavoro. Abbiamo cominciato in modo amatoriale, quasi casereccio, per poi arrivare adesso a farlo in un modo decisamente più serio. Però abbiamo sempre mantenuto lo stesso approccio, ovvero la voglia di mettere tutti noi stessi in modo che la musica sia vera. E ci sia veramente qualcosa di autentico da raccontare, di sostanzioso e sostanziale”.

Da qui, dunque, l’imprinting di ‘Tutta vita’ che ricalca nel titolo “anche un modo di dire che si usa quando si fa la ca**ata più grande del mondo… quando si fanno errori e cose da sfigati come può capitare. Non a caso sulla copertina sono spiaccicato in un albero. Ma è anche  un disco che – prosegue Olly – secondo me, acquista interpretazioni totalmente diverse se ascoltato da soli o ascoltato in gruppo. Almeno, questo è l’effetto che ha fatto a me avendolo già sentito tipo 75.000 volte… ci sono canzoni che in gruppo si cantano col sorriso e da soli, nel momento sbagliato, si fa fatica quasi a digerire per quanto mi riguarda”.

Fra le altre tracce che ascoltiamo c’è anche Quei ricordi . “È uno dei brani a cui sono più legato perché mi sono reso conto dopo di quanto significhi per me. Racconta l’altra parte del fare questo lavoro: quando si trasforma la passione in un lavoro è vero che significa non dover lavorare, ma allo stesso tempo significa non avere più una passione. È una contraddizione interna molto forte che vivo tutti i giorni pensando che banalmente torno a Genova sempre meno e vedo sempre meno la mia famiglia e i miei posti. Tutto cambia molto più velocemente ma ho anche la consapevolezza di non perdere tempo nel frattempo e di impegnarmi in quello che mi piace, sapendo il tradeoff di cosa perdo e cosa guadagno cosa. Il tutto con qualche nota nostalgica…”.

E poi ecco A noi non serve far l’amore. “Nel pezzo dico di tradire per amore ma giuro che non ho mai tradito nella realtà, per questo non so onestamente cosa significhi. Credo, però, che in una relazione umana qualsiasi – che sia d’amore, d’amicizia o in famiglia – si possa avere quella sensazione di dover provare qualcos’altro per mettere alla prova il proprio sentimento. Diciamo che per me è proprio difficile mantenere una relazione (sorride, ndr).. ci ho provato più volte ma sono un disastro, non è il mio. Ci arriverò piano piano. E poi ho già JVLI che è la mia ragazza, il mio psicologo, il mio medico, il mio allenatore!”

Foto da Ufficio Stampa

E poi c’è la musica “che è un’amante: ogni tanto c’è, ogni tanto se ne va perché ci sono le volte che non si fa trovare e non riesci a scrivere. Ti senti inesistente… Quindi, ecco questo pezzo nasce un po’ dal dall’urgenza di spiegare uno stato d’animo di difficoltà emotiva che non sapevo come spiegare altrimenti. L’immagine che per me descrive questa storia struggente è il fatto che ci sia ancora una pizza nel congelatore. È la rappresentazione di quella mancanza dentro le mura di casa”.

La collaborazione con Enrico Nigiotti

Oltre al duetto con Angelina Mango, ai vertici delle classifiche, ‘Tutta vita’ contiene anche la collaborazione con Enrico Nigiotti nel brano Sopra la stessa barca. “L’anello di congiunzione è stato JVLI – ricorda Olly – Eravamo in vacanza in Sardegna, due anni fa, e passava in radio L’amore. Ce la siamo suonata e cantata tutta ed è diventata un po’ la canzone della vacanza. Il produttore del brano è Enrico Brun, resident di Sony, e JVLI lo ha contattato per fare musica insieme. Mi piace dire che Nigiotti è proprio uno come noi, una persona coi piedi per terra oltre che essere un abilissimo cantautore. È il Tarzan di Livorno”.

“Nel complesso devo dire che in questo disco tutte le collaborazioni che sono uscite sono vere, insieme a persone con cui poi è venuto tutto naturale”, specifica l’artista. “Non c’è stato bisogno di altro che guardarsi in studio e fare una canzone. Il brano con Nigiotti, tra l’altro, è l’ultimo arrivato quando il disco era praticamente chiuso. Ma quando abbiamo lavorato al pezzo ho voluto fortemente che la traccia fosse nell’album, quindi ho pregato Enrico di lasciarmelo perché trovavo giusto e bello. Insomma penso che ne valga la pena. Si sente che doveva essere suo in origine, anche perché nel primo minuto e mezzo c’è solo lui ma è proprio questo che mi piace. Il fatto che, nonostante sia il mio album, sia molto aperto come a dire ‘questo è il tuo momento’.

“Se devo disegnarlo con una linea, è un brano che parte già alto ma alla fine, quando ci uniamo, da una cupezza che può essere quella della pioggia su una barca in mezzo al mare, diventa un temporale di coriandoli. Non so, mi dà sta vibe e alla fine è una festa piena nonostante un linguaggio palesemente malinconico. Anche per questo non vedo l’ora di suonarla assieme a lui. Lo inviterò tutte le date!”, conclude.

Le sporche e l’ironia

A caratterizzare i brani di Olly quei versi in controcampo che raccolgono lo spirito autorionico dell’artista. “Il suono di JVLI, non essendo pulitissimo, si unisce bene al mio sporco, se così possiamo chiamarlo. È vero che facciamo del pop ma cerchiamo sempre di tenerlo sporco in modo bello, cosicché risulti giovane e non preciso né perfetto. Anche proprio tecnicamente, le chitarre non vengono pulite né vengono messe schematicamente a tempo proprio per conservare quello spirito istintivo originario. Questo si aggiunge al fatto che i testi sono tutti scritti da me e ci sono anche dei ganci che proprio JVLI mi lancia e mi aiutano a fare altri collegamenti. Mi dà l’assist giusto, come fossimo lui Cassino e io Pazzini”, sorride.

E aggiunge: “Mi sono reso conto che le sporche, in questo album in particolare, hanno acquisito un ruolo totalmente diverso rispetto al solito. Per me sono anche un modo di prendermi in giro da solo, come se fossero Olly che canta e Ico, la mia parte più infantile, che fa le sporche. Usando spesso la metafora dell’amore per raccontare le mie esperienze. Lavoriamo praticamente a braccio, tutto nasce in studio mentre i sono al microfono, e le sporche mi servono anche per andare a riequilibrare rendendo il racconto più vero, alla portata di tutti anticipando anche quello che magari è il pensiero di chi mi sta ascoltando. Un’altra cosa che JVLI mi sta insegnando è il piacere di lasciare delle pause per dare più importanza a quello che dico, quando lo dico”.

Foto di Emiliano Cabona da Ufficio Stampa

Quindi, sull’ironia, aggiunge. “Attorno vedo tutti molto seri. E attenzione, aggiungo che le sporche della versione finale in un brano sono selezionate perché se le sentissi tutte capiresti quando dico che arrivano in maniera molto spontanea! Funziona così: prima facciamo la canzone e poi JVLI mi dice ‘adesso le sporche’, e mi manda al microfono. Facciamo magari due o tre take su tutto il brano in cui mi prendo in giro. Dopodiché teniamo quelle venute un po’ meglio anche a livello di volume. E alla fine ci troviamo con tipo cinque versioni dello stesso brano”.

Chiediamo, quindi, cosa sia rimasto fuori dalla tracklist definitiva. “Tra idee e pezzi finiti saranno rimaste fuori una decina di idee, anche qualcosa di più. Ci sono poi i brani proprio abbandonati, e quelli sono tanti, perché abbiamo un unico difetto: o una canzone ci gasa o la parcheggiamo. Quindi abbiamo un sacco di inizi brani, di strumentali o robe che se non ci hanno toccato rimangano lì”.

“Poi magari, un giorno, ci svegliamo e le andiamo a recuperare come è stato per I Cantieri del Giappone che per un po’ l’abbiamo lasciata lì, impanicati perché non capivamo che cosa farci”, prosegue Olly. “Soprattutto perché il disco stava prendendo un altro volto: era aprile e volevamo pubblicare ma eravamo in alto mare. C’era tutto ma non c’era niente ai nostri occhi; ecco, è bastato un click e tutte le cose sono andate al loro posto. Ci succede ogni volta: tendenzialmente quando siamo in autostrada andiamo su WhatsApp a riascoltiamo i file salvati. Succede che becchiamo demo di mesi prima… cosa che è successa, tra l’altro, due settimane fa! Ecco ci siamo mangiati un po’ le mani per un pezzo che abbiamo dimenticato di mettere nel disco. Vedremo…”

Le prossime date live

Da fine novembre, dopo  gli appuntamenti instore, Olly riparte in tour nei club di tutta Italia che ha già in calendario due date al Fabrique di Milano. “Con Milano ho abbastanza fatto la pace. O meglio adoro lavorare a Milano perché è un ambiente dove c’è gente reattiva. Avevo una testa che probabilmente andava troppo veloce per Genova ma va ancora un pochino lenta per Milano. Non è detto che io mi voglia per forza omologare ai ritmi di questa città perché mi piace stare fuori dai binari”.

Grafica da Ufficio Stampa

“E sono contento di tornare al Fabrique – aggiunge – perché devo ammettere che l’anno scorso l’ho un po’ sottovalutato. Non tanto la situazione, che poi mi son goduto a pieno, ma perché ero troppo concentrato e quei tre di distanza tra il palco e la gente li ho sentiti tutti. Mi è sembrato un chilometro! Quindi quest’anno sto chiedendo dei modi per ficcarmi in mezzo alla gente perché non ce la faccio stare così distante”.

Sullo show, infine, promette che “come nel disco sono tanti momenti che sono parlati, la cosa che mi gasa è che sono sicuro che i concerti parleranno in 3000 insieme. In alcuni live anzi la gente canta le sporche ed è una cosa che mi dà una soddisfazione assurda, vuol dire che percepisce i vari livelli di ascolto”.

Di seguito le date in programma:

Lo rifarò, lo rifaremo tour 2024

  • 28 novembre – Nonantola (MO), Vox Clyb DATA ZERO SOLD OUT
  • 02 e 03 dicembre – Milano, Fabrique SOLD OUT
  • 05 dicembre – Firenze, Teatro Cartiere Carrara SOLD OUT
  • 9 e 12 dicembre – Venaria Reale (TO), Teatro Concordia SOLD OUT
  • 13 dicembre – Padova, Hall SOLD OUT
  • 14 e 16 dicembre – Bologna, Estragon SOLD OUT
  • 17 dicembre – Padova, Hall SOLD OUT
  • 19 dicembre – Pozzuoli (NA), Duel Club SOLD OUT
  • 20, 21 e 22 dicembre – Roma, Hacienda SOLD OUT

Lo rifarò, lo rifaremo tour indoor 2025

  • 22 maggio 2025 – Padova, Gran Teatro Geox
  • 4 maggio 2025 – Venaria Reale (TO), Teatro Concordia 
  • 7 maggio 2025 – Bologna, Estragon
  • 13 maggio 2025 – Roma, Atlantico
  • 16 maggio 2025 – Molfetta (BA), Eremo Club
  • 19 maggio 2025 – Firenze, Teatro Cartiere Carrara.

Immagini da Ufficio Stampa