I Santi Francesi ci raccontano l’EP ‘Potrebbe non avere peso’: musica suonata, libera, per veicolare messaggi «con gentilezza».
Potrebbe non avere peso: questo il titolo che i Santi Francesi hanno scelto per il nuovo EP, in uscita l’8 novembre su etichetta Numero Uno/Sony Music Italy. Un metatitolo – potremmo dire – potentissimo, che per il giovane duo rappresenta «un concetto su cui ragioniamo da tempo e che riguarda non solo la musica, ma una certa idea, condivisa da entrambi, della vita». Da questa idea nasce poi un brano (la title track), venuto alla luce tuttavia dopo la scelta del titolo stesso. È forse stata l’unica e benevola forzatura nell’impostare un concept, che è di fatto venuto in realtà da sé. «Abbiamo scritto il brano Potrebbe non avere peso come fosse un dialogo tra noi due. – dice Alessandro De Santis – È una canzone verso l’interno, da cui escono una serie di concetti. È un brano che non ha una struttura vera e propria, è un climax dall’inizio alla fine con uno scream finale di 7 secondi che si mette in ginocchio ripetendo però lo stesso concetto del principio».
A contraddistinguere questo lavoro dei Santi Francesi – più delle tematiche – sono infatti le sonorità ampie, destrutturate, libere. «È stato tutto molto naturale. – ci spiega Mario Francese – I brani suonano più aperti perché ci sono strumenti veri. Siamo entrati in una casa che abbiamo affittato vicino Parma e, per sette giorni, l’obiettivo è stato chiudere pezzi che avevamo già scritto. Abbiamo preso in mano gli strumenti che avevamo accantonato: le chitarre, le batterie, i bassi. Ci diverte suonare queste cose. Abbiamo cercato di ascoltarci il più possibile e di fare quello che ci piaceva». «Non c’era nessuna mira, neanche a livello di genere. – aggiunge Alessandro – Il suonato per noi è sempre una zona di comfort. Naturalmente siamo ritornati a qualcosa che ci apparteneva quando eravamo più piccoli». Il rock dei primi anni 2000, ad esempio, anche se questa impostazione alla creazione da parte del duo ha generato molte più forme musicali.
I Santi Francesi raccontano Potrebbe non avere peso
Cose da piangere, ad esempio, in principio è minimale. Quasi acustica. «Volevamo far capire come una cosa si possa dire con le stesse parole suscitando due sensazioni opposte. – dice Alessandro – I ritornelli suonano energici e positivi. Alla fine, però, c’è il trick di passare da maggiore a minore con le voci che suonano ai lati. Risulta quasi inquietante: sembra una minaccia, mentre sono frasi molto dolci. Poi cambia ancora, con l’effetto del jack staccato per lasciare la sensazione di trovarsi in una stanza in silenzio». Insomma, ogni brano ha il suo abito, «senza pensare a quale fosse il vestito più adatto», dice Mario. «Spesso abbiamo scelto la prima stesura, tranne per Gatti. – dice Mario – Le altre canzoni sono frutto di un flusso di coscienza. Non sono collegate, ma si sono collegate in maniera autonoma perché sono state tutte registrate nella stessa stanza. È naturale che suonino simili».
Facciamo notare ai Santi Francesi che un album simile potrebbe risultare in controtendenza di questi tempi. «Eppure i pezzi non durano tantissimo. – ci risponde Mario – Per questo diciamo spesso che non stiamo facendo prog rock. È musica pop e basta poco per ascoltare interamente il disco. Basta avere coscienza per fermarsi e ascoltare tutte le canzoni». «Sicuramente – aggiunge Alessandro – è esemplificativo di ciò che facciamo da sempre. Cerchiamo di vivere in punta di piedi, senza rompere le scatole a nessuno. Con educazione e gentilezza. Dobbiamo farlo in quanto artisti, ma anche da fan. Senza pretendere e senza essere violenti e volgari, assecondando quello che un artista sta cercando di dirci. È ciò che chiediamo anche noi». Si complimentano con l’ultimo album de La Rappresentante di Lista («Anche se non ci conosciamo in modo approfondito», precisano con ironia), e commentano che forse «sta succedendo qualcosa. Vogliamo provare a dire cose e i messaggi partono anche se non vuoi».
I live
C’è comunque una volontà precisa di essere artisti al di là del contesto. Non è già questo, in parte, in controtendenza? «Devi tornare a casa e, se passi davanti a uno specchio, non puoi girarti dall’altra parte. – dice Alessandro – Negli ultimi mesi, per la prima volta, stiamo capendo quali compromessi fare e dove non vogliamo essere. Stiamo capendo cosa non vogliamo sembrare. Sta aumentando la consapevolezza e ci sta portando in una direzione che fa diminuire una serie di cose che, però, riguardano più i numeri. Quindi amen».
Ora c’è il live, in parte rappresentato anche dal video di Ho paura di tutto. «Stiamo preparando la scaletta senza lasciare niente al caso, ma con una buona dose di improvvisazione. – ci spiega Mario – Ci sarà un chitarrista in più per non mettere le chitarre in base. Faremo anche un paio di cover. Ci piacerebbe che si cominciasse a pogare sul pop».