Stephen Sanchez: «Crooner sì, ma pop»

Stephen Sanchez arriva live a Milano nel bel mezzo della Fashion Week con le sue melodie doo-wop e un immaginario anni ’50 cristallino. Lo dimostra ampiamente il suo album di debutto, Angel Face, uscito il 22 settembre: le 13 tracce sono totalmente ispirate agli anni ’50 e ’60 e, tra queste, spicca la hit Until I Found You, certificata RIAA 3 volte platino. Il brano è risultato virale su TikTok e, anche in Italia, ha raggiunto la posizione numero 9 della Top 200 Spotify Viral Italia. Un successo, a detta dello stesso Stephen, completamente inatteso. «È una sensazione incredibile, lo è davvero. – ci dice a poche ore dall’inizio del live – Sono emozionato già per il fatto che sia io che la band siamo in Italia e migliaia di persone entreranno in una stanza per cantare le nostre canzoni».

«Penso che sia un’esperienza universale per chi crea. – commenta poi il cantautore sulla sua repentina notorietà – Non c’è mai un momento in cui hai aspettative mentre fai qualcosa che potrebbe piacere a qualcuno. Figuriamoci a persone al di là dell’Oceano, che provengono da ogni parte del mondo. Per me il fatto che la mia musica piaccia è una cosa incredibile e inattesa. Ho sempre voluto essere in una band sin dal liceo, ma non sapevo come farne una carriera. Ora io e la band vestiamo i panni dei nostri eroi e suoniamo sul palco in posti in cui non pensavamo saremmo mai andati».

Stephen Sanchez: la dimensione live e il lavoro in studio

Il live di Stephen Sanchez – «uno show unico», sintetizza – prevede un’intera band, balli e outfit tipici degli anni ’50. Ma come nasce questo immaginario nell’universo del cantautore? E come è nato l’album Angel Face? «Credo che il nuovo album sia venuto fuori in modo inatteso. – ci risponde – Quando ho scritto Until I Found You avevo questa idea in testa. Scherzavo con me stesso pensando a come sarei se fossi un crooner degli anni ’50 e ’60. Stavo provando a scrivere una canzone che potesse confrontarsi con quelle degli artisti che amavo di quel periodo. Ed è nata Until I Found You, ma è stata una casualità. È che amo la musica di quel periodo così tanto che ho voluto provare a farla da solo. E poi l’abbiamo rifatto con Evangeline e, quando è uscita, abbiamo capito che potevamo fare un disco intero così. E che sarebbe stato bellissimo».

Anche il lavoro in studio ha in parte replicato modalità e stili degli anni ’50. «Di solito iniziamo in studio con la chitarra o con il pianoforte e la batteria. – racconta Stephen Sanchez – Abbiamo sfruttato molto le voci e lo stile di quel periodo, cercando di implementarli il più possibile nella musica. All’epoca c’era un’orchestra o una band molto semplice con qualche corista. Non potevi registrarti troppe volte. Noi abbiamo voluto replicare quello schema. In alcuni giorni, ci siamo persino vestiti in stile anni ’50 per immergerci in quel periodo. Abbiamo registrato intorno a un microfono e una chitarra. Abbiamo fatto il possibile, ma viviamo pur sempre in tempi moderni e io amo la musica contemporanea. Forse il mio stile è un mix: sono un crooner pop».

I videoclip

Il fascino degli anni ’50 è in mostra anche nei videoclip di Sanchez e nei video musicali cinematografici di Death Of The Troubadour e High, diretti da Charlie Rees. «Amo lo stile dei video, è senza tempo e bellissimo. Come un dipinto in movimento. – dice il cantautore – Abbiamo sempre cercato di far sembrare i videoclip senza tempo, così che il pubblico possa sempre trovarli bellissimi. Nascono dalla stessa ispirazione che mi ha spinto a lavorare a questo disco, e credo fungerà anche da influenza per le cose future perché ora so come farlo». E, se i live hanno insegnato a Sanchez a creare un’esperienza per il pubblico più che per se stesso, la sua musica ha indubbiamente infranto le barriere generazionali: «La musica è per il mondo. – dice infatti – Per ogni persona e ogni luogo. Io non voglio che qualcuno si senta escluso, perché io amo la musica e sarebbe brutto non poterla condividere. Il mio desiderio è che chi mi ascolta non abbia motivi per spegnere le mie canzoni».

Foto: Brian Higbee