Trentamila biglietti staccati a poche ora dall’apertura delle prevendite. Un numero da record che spazza via ogni insicurezza della vigilia che rendeva dubbioso Gabry Ponte. Sarà infatti lui il primo dj a far ballare San Siro con uno show evento il 28 giugno 2025 che trasformerà il Meazza in un’enorme dancefloor. E al momento di annunciare la data, Gabry non nascondeva quel più che condivisibile timore che ogni prima volta porta con sé.
Ma il popolo intergenerazionale della dance non si è fatto attendere, rispondendo all’appello della prevendita così come successo lo scorso inverno coi palasport. Conferma del fatto che la scena è più viva che mai e il dj italiano più ascoltato al mondo può scrivere un nuovo capitolo. Con buona pace della (in)stabilità del terzo anello.
Hai riempito i palazzetti e ora rilanci con l’annuncio di San Siro nel 2025. Parto intanto proprio dall’esperienza nei palasport: che viaggio è stato?
È stato un viaggio pazzesco e inaspettato, perché era partito da una data evento al Forum poi è diventato un tour sold out ovunque. Proprio questo, anzi, ha ispirato l’idea di una data a San Siro: non tanto e non solo per i numeri, che sono stati molto importanti per un DJ, ma proprio l’atmosfera che si respirava. È stata la celebrazione di un genere musicale e di un movimento che ci ha uniti per tanti anni. Alla fine, io e i miei fan siamo cresciuti insieme perché ho iniziato a mettere musica che avevo la stessa età di quelli che stavano di fronte a me nelle discoteche.
Adesso ai concerti ci sono quelli della mia età che portano i figli e tutte le generazioni… nei palazzetti c’era proprio l’atmosfera di una famiglia che balla in una discoteca enorme. È stato un film bellissimo da parte mia e, ho visto, anche da parte del pubblico. Come se fosse stato l’evento che mancava. E allora ho pensato che potevano farne ancora, pensando di fare qualcosa di ancora più grande.
E qui arriva San Siro. Da tifoso o comunque da spettatore, che cosa rappresenta per te?
In realtà non seguo tanto il calcio, quindi non l’ho frequentato tanto però, certo, nell’immaginario collettivo San Siro rappresenta il calcio e la musica. L’idea di andare a fare un evento a San Siro ti mette comunque molto in soggezione già adesso, mi viene la pelle d’oca… non oso pensare quando metterò piede su quel palco.
Pensi, o ti auguri, che possa essere un primo passo per aprire gli stadi ad altri tuoi colleghi anche internazionali?
Lo spero perché vorrebbe dire che la nostra musica è in gran forma se questo dovesse succedere. Già dopo la tournée nei palazzetti ho visto che anche Gigi D’Agostino ha fatto un grossissimo evento in Fiera, poi c’è stato il DEEJAY Time al Forum. Quindi vuol dire il movimento c’è…
E riparte in qualche modo dai padri e non dai giovanissimi. Come mai?
Diciamo che c’è stato poco ricambio generazionale nel nostro mondo per quanto ci siano un sacco di produttori giovani che fanno tanta buona musica. Forse il motivo è legato al fatto che oggi i ragazzi più giovani ascoltano più musica trap rispetto alla dance di quando noi avevamo la loro età. Allora era il genere il genere musicale più ascoltato dai ragazzi… Però, come ti dicevo, alle mie serate ci sono sia giovani sia gente più grande, e tutti quanti si divertono. Quindi non credo che sia una questione di età.
Considerando che il terzo anello non sta messo benissimo in termini di solidità, che cosa stai già iniziando a preparare? Stai pensando a coinvolgere degli ospiti?
Guarda, questo questa è una domanda a cui non ho ancora una risposta. Proprio per il fatto che una cosa del genere non è mai stata fatta prima, abbiamo passato gli ultimi mesi a mettere in piedi tutta quella che è la parte burocratica dell’evento. Non abbiamo ancora iniziato a pensare allo spettacolo, al palco, a cosa succederà e quindi non ho ancora ben chiaro quello che sarà ma arriveranno più avanti altre notti insonni.
La musica, a maggior ragione un live, la si concepisce sempre più come un’esperienza che va oltre i suoni. In questo senso, quanto conta la parte visual, l’immaginario che si costruisce, anche rispetto al passato e ai tuoi esordi?
Beh per me tantissimo. Un cantante riempie la scena molto più di un dj che deve stare fermo, è statico è dietro una console. Non può uscirne, non va in giro sul palco e non ha una passarella. Quindi, in realtà lo spettacolo deve essere costruito tutto intorno proprio partendo da visual, effetti speciali, luci e laser. Tutto questo negli anni è ha contribuito a costruire uno show e tieni presente che, quando ho iniziato a fare musica nei primi anni ’90, non c’era questo problema. C’erano i cantanti che si esibivano e facevano i concerti mentre gli arrangiatori se ne stavano in studio; non c’era la figura del DJ producer che faceva i dischi.
Siamo stati noi la prima generazione così, quando sono arrivate le prime hit che hanno scalato le classifiche, ci si è trovati nella condizione di dover rappresentare quella musica. E come la rappresenti? Ti inventi uno show. Rispetto ai festival rock, infatti, i festival dance sono molto improntati sullo show, sui palchi, sulla scenografia con effetti speciali e visual. Quindi sì, è assolutamente una parte importantissima, imprescindibile, di uno spettacolo di musica elettronica.
La scorsa estate è diventato virale il video di Bob Sinclar affranto dopo uno show in cui ha visto schierati di fronte smartphone e non volti. Ti è mai successo di trovarti in una situazione analoga o come la vivresti?
Sì mi è successo. Diciamo che solitamente, la mia esperienza è che nei primi 15-20 minuti la gente è concentrata più nel fare i video che a ballare. Perché c’è la curiosità, ti aspettano e giustamente fanno i video appena arrivi. Poi partono i primi effetti… quindi la prima parte è sempre un pochettino più mediatica. Poi, dopo quell’inizio, succede che la maggior parte dei telefoni finiscono in tasca e la gente è lì che salta.
Cosa ne penso dei telefonini a un concerto? Penso che penso che non ci sia un modo giusto o sbagliato e ognuno è libero di godersi – o non godersi – lo spettacolo come vuole. Se paghi un biglietto per andare a vedere un concerto, puoi decidere di stare lì seduto fermo a guardarlo, di ballare e cantare, di fare il video. Puoi decidere di farti selfie e ognuno si gode la propria esperienza come meglio crede. Quindi non me la sento né di né di condannare né di e di applaudire.
In avvicinamento a San Siro, ci saranno nuove release?
Ah beh sì, sono uno che pubblica un sacco di musica; solitamente ogni due settimane esce un pezzo nuovo. Poi, accanto a progetti un po’ più grossi, per me resta importantissima la serata nel club. Magari suoni 3-4 ore e quello è il posto in cui provo la musica nuova e amo il feeling che nasce con il quel tipo di pubblico. Resta un banco di prova importante anche per quello che produco in studio.
E pubblico di continuo pezzi club anche perché il percorso è molto più veloce di una volta quando facevi uscire due dischi. Oggi, ormai, la promozione sono i social dell’artista che comunica direttamente con la sua fanbase e poi il disco si muove con le proprie gambe. Non c’è più bisogno di aspettare così tanto, almeno io sono di quest’idea. Ho la necessità di far sentire alle persone che mi seguono quello che faccio e quindi, facendo tanta musica, ne pubblico tanta.
Ma dopo San Siro, come per i palazzetti, c’è la possibilità che le date si moltiplichino?
Sarebbe un’ottima notizia! (sorride, ndr) Direi che è molto più difficile rispetto ai palazzetti anche solo per una questione prettamente numerica. Però, insomma, speriamo che sia l’inizio di qualcosa di inaspettato.
I biglietti (quelli che restano…) sono disponibili su Ticketone, Ticketmaster, Vivaticket e punti vendita abituali.
Ascolta la SpotyFunweek dedicata a Gabry Ponte
Abbiamo chiesto a Gabry Ponte tre brani per prepararsi a San Siro Dance: scopri quali sono e la playlist completa che Funweek gli ha dedicato.
Immagini da Ufficio Stampa