Dopo il Circo Massimo, Renato Zero torna in tour nei palazzetti con lo show ‘Zero a Zero’ che ha presentato alla stampa in una conversazione con licenza di totale e rivendicata libertà.
Come ogni ripartenza, tutto si azzera e comincia una nuova partita. È così che, dopo i grandi festeggiamenti al Circo Massimo, Renato Zero dà inizio a un nuovo campionato, questa volta nei palasport. Zero a Zero – Una sfida in musica è, infatti, il nuovo viaggio live dell’artista che calca i palchi dei palazzetti di tutta Italia a partire da Firenze. E come racconta bene anche la locandina, il confronto è anzitutto con se stesso, Renato che guarda Zero, Zero che guarda Renato.
“Questo rintocco dei 72 anni mi costringe ad andare sempre dritto, anche con una certa spavalderia e con senso responsabilità verso il mio pubblico”, esordisce l’artista. “Affettuoso, vicino e generoso; è la mia cartina al tornasole, per me non c’è delimitazione tra il palcoscenico e la strada”. A condividere il palco con Zero, l’Orchestra Filarmonica della Franciacorta. “Ho sempre sostenuto la sua presenza”, spiega. “Per avere un’orchestra devi avere una prospettiva e funziona anche in momento musicali non strettamente pop o ballad”.
“Lo dico con orgoglio – prosegue Zero – ho registrato l’orchestra in video e in audio. Staranno sempre con me come angeli custodi. Sono veri professionisti, utilizzati poco e male”. In merito allo show, l’artista regala qualche anticipazione annunciando che come negli show precedenti ci saranno in scaletta anche alcuni brani inediti. “Ho scartato l’ipotesi di portare lo spettacolo del Circo Massimo in giro, per onestà professionale e perché sono fatto a modo mio”, racconta ancora. “Dopo quel tipo di riscontro meraviglioso, mi sembrava il caso di chiudere quella parentesi con la volontà di fare un tour vero”.
“Ho deciso di cambiare rotta e ho riscritto uno spettacolo dove mi metto nella condizione di analizzarmi perché mi piace farlo. Anzi, è un esercizio che consiglio a tutti. Ci sono delle buone ragioni per fermarsi dal frastuono attorno per parlare con il piccolo essere dentro di noi. Il miglior esercizio per stare sul palco tre ore e mezzo è starci coi sentimenti. Ed è una polizza che mi gioco tutte le volte. Cosa succederà? Non anticipo troppo, ma fra Zero e Renato succederà qualcosa di importante”.
“Quando abbiamo un ospite a casa – afferma Renato Zero – ci abituiamo a lui e a un certo punto ti trovi a un bivio e ti chiedi: devo sopportare ancora o posso farne a meno? Non aggiungo altro ma sono felice di rimettermi in gioco, con un nuovo spunto musicale per raccontarmi”.
Durante il tour, l’artista si augura di poter avere più di un ospite sul palco. “Devi fare mente locale e capire quali sono gli artisti con i quali ti puoi coniugare e trovare un rapporto. Siccome il più grosso vantaggio della musica è che non vuole passaporti e carte d’identità, si omologa da sola presso gli artisti. Abbiamo visto che, anche per quanto riguarda il Circo Massimo, da J-Ax a tanti altri c’è stata una scrematura molto vivace e di diversa natura. Quindi io mi auguro che questo avvenga anche per il prossimo tour. Io ci sto già evidentemente lavorando”.
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E aggiunge, poi, esprimendo il rammarico di non poter portare lo spettacolo in alcune regioni per problemi logistici e di spazi. “Mi riprometto in un futuro prossimo di poter anche accarezzare il mio Sud che ho nel cuore: la Puglia, la Basilicata, la Calabria, la Campania, la Sicilia e la Sardegna. Quindi mi ripropongo di fare per loro un omaggio speciale, andando magari anche nelle piazze ad esibirmi. Perché purtroppo bisogna denunciare ancora una volta la carenza di strutture in questa Italia che è quella che ha sorretto l’economia per tanti anni (e i grandi industriali del Nord lo sanno). Un’Italia che adesso disconosce una maternità alla manodopera che è fondamentale. Le parole e i progetti aerei nulla promettono se non il solito spudorato nepotismo”.
Renato Zero a ruota libera
L’incontro per presentare il tour Zero a Zero è l’occasione per raccontarsi a tutto tondo, non lesinando commenti sugli argomenti più diversi, da Sanremo ai suoi ‘epigoni’ sino alla fede. Del resto, come ribadisce più volte lo stesso artista, arrivare a un’età matura concede la libertà impagabile di dire davvero tutto ciò che si pensa. E allora ecco i pensieri di Renato Zero in ordine sparso, con qualche sassolino nella scarpa levato.
Il rapporto con la solitudine. “Quando finisce un tour e chiudiamo il botteghino, per noi artisti saranno probabilmente due o tre anni di silenzio. La fine di un tour è la chiusura un capitolo, anche di energie, di afflato, di questa comunicazione con il pubblico. È anche vero che io personalmente sono sempre molto ricordato, nel senso che anche la strada mi offre questo campanello. Frequento la vita e le persone per cui l’assenza del pubblico mi pesa meno. Forse mi manca il camerino perché è la mia sagrestia, prima dello show faccio training autogeno mentre mi trucco. Sto lì e non voglio vedere nessuno, mi chiudo dentro questo sarcofago come lo chiamerebbero gli egizi, e rifletto. Mi piace svuotarmi completamente e prepararmi poi per dare agli altri qualcosa di me”.
“Quando fai molto e lo fai con passione e serietà, qualcosa ti sfugge sempre perché non è di questo mondo la perfezione. Per me chiudere i conti con una somma che quadri è il fondamento un po’ della vita, proprio per quella trasgressione che mi è stata imputata. E che io ho accettato come abito non da cerimonia ma da lavoro. Questo è un lavoro meraviglioso, che nella bellezza di essere così amato ti crea anche tanta solitudine. Il mondo non ha sempre gli occhi aperti e non lascia sempre le luci accese. Il mondo non è sempre in grado di ascoltarti. Non voglio essere cantante, io sono un interprete della vita, dei sentimenti, delle paure, dei dolori, dell’amicizia”.
Il Covid e la riscoperta della fede. “Il Covid mi riportato attenzione sulla fede, ho sentito il bisogno di affrontare questo aspetto, una questione delicata che serve promuovere. Dio è una scelta non una costruzione. Ma lavorandoci e avendo dei bei rimbalzi da amici che ho coinvolto (come Aldo Cazzullo e Marco Travaglio) mi è rimasta questa testimonianza. Solo uno si è astenuto dal rispondere alla mia sollecitazione, e mi ha anche preso in giro in radio… un tale Cattelan (Alessandro, ndr), evidentemente si sente al di sopra. Alla mia età si tirano i remi in barca e gli amici diventano Dio egli amici, la gioia diventa spensieratezza e con gli amici si ritorna bambini”.
La dittatura dello spettacolo. “Noi abbiamo tanti artisti che non stanno lavorando per colpa un po’ del fatto molti impresari si sono creati degli imperi nei quali si arriva solo a determinate condizioni. È qualcosa che va detto, detta perché siamo qui anche per questo e il bello di arrivare a 70 anni è anche poter dire quello che vuoi. Siccome dobbiamo in qualche modo ricrederci in noi stessi, nel paese, nel futuro, queste cose bisogna dirle. È arrivato il momento di mettere in tavola le carte. Secondo me questo è anche un concetto che riguarda Zero a Zero in cui tiro le somme. In passato avevamo una miriade di impresari, oggi sono rimasti pochi, quindi significa che anche nello spettacolo la democrazia sta languendo….”
“È una dittatura dello spettacolo. Dovessi rinascere oggi mi troverei imbarazzato pure a scendere in piazza perché stanno tutti allo stadio”.
Sanremo e C’è posta per te. “L’insinuazione è il virus di questo periodo. Io francamente sono stato interpellato da Amadeus, il quale mi ha chiesto se avrei avuto piacere di partecipare come ospite a Sanremo. Venivo dall’accoglienza straordinaria del Circo Massimo e andavo verso la composizione di questo tour. Quindi. Onestamente, non è che mi mancasse da lavorare o da impegnare il mio tempo. Ho creduto opportuno rinviare l’appuntamento con Sanremo. La questione di Maria De Filippi è una questione che riguarda sostanzialmente una partecipazione amichevole e assolutamente non impegnativa”.
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“Se uno va a Sanremo deve preparare il carro armato, l’artiglieria mentre se tu vai da Maria ti metti una scarpetta lucida e vai col tango. Ora, perché che Mediaset abbia deciso di mandarmi in trincea e questo l’ho trovato – lo dico proprio con tutto il rispetto per Maria De Filippi e per la rete – trovato un pochino fuori posto. Se mi avessero almeno avvisato, forse avrei avuto l’opportunità di fare una scelta”.
I giovani artisti di oggi e i sosia di Zero. “Oggi ci si dimentica valore di una persona, una volta il difetto diventava la forza e il carattere dell’artista che faceva di quel difetto la sua prerogativa. Frequentando non assiduamente i social ma solo in particolari momenti, vado scoprendo di avere un numero di sosia che è veramente impressionante. La popolazione italiana si riduce sensibilmente di fronte alla formazione dei miei soci, che cominciano a diventare un popolo anche di elettori potenziali. Penso che ci debba essere l’opportunità di uscire da queste abitudini o stratagemmi. Sappiamo tutti che l’originale è necessario e vince sempre. La creazione di altre personalità deve essere facilitata dai collaboratori, produttori e autori”.
“Il mio consiglio ai giovani di essere il più possibile supportati a trovare una propria strada da percorrere e un’identità da indossare definitivamente. Come in passato è stato fatto per Renato Zero o Claudio Baglioni”
P.S. Il caso Rosa Chemical. “Ritengo non sia colpa di Rosa Chemical ma sia piuttosto una défaillance, una distrazione di chi ritiene che la musica sia una velleità. Che sia in fondo un mestiere improvvisato o comunque non così importante da rappresentare il futuro e finché c’è questa mentalità io assolvo questi ragazzi. Mi rendo conto che non riuscire a trovare un’identità è un fatto grave e che dovrebbe in qualche modo far riflettere di più. La mia missione non è Il triangolo ma è più alta. È il cielo, è fissare punti sostenibili… Il triangolo e Mi vendo sono solo elucubrazioni divertimenti in libertà, ma per quello che succede oggi è che i ragazzi devono essere più pronti prima di venire promossi e mandati allo sbaraglio sul palco. E poi, concludo, dicendo con l’assunto che l’originale vince sempre e resta valido”.
Foto di Roberto Rocco da Ufficio Stampa GOIGEST