Si intitola Ciao America il nuovo album di Dargen D’Amico (Island Records) ed è proprio il caso di dire che il disco ha anticipato il brano sanremese, Onda Alta. L’album – composto da 13 tracce e con i featuring di Gué, Rkomi, Beatrice Quinta e Vincenzo Fasano – è infatti uscito il 2 febbraio, mentre per Sanremo manca ancora qualche giorno. Tutto – però – è collegato e sembra più che per Dargen sia importante presentare al Festival una fotografia e una disanima sociale degli ultimi anni, indipendentemente dall’esito della gara. In questa fotografia si inserisce sia la cover sanremese – l’omaggio a Morricone con la BabelNova Orchestra – sia Edicola Dargen, un luogo a Sanremo in cui sarà possibile parlare, con ospiti, di tutto ciò che Dargen D’Amico ha messo in musica.
«Ciao America è un titolo cumulativo. – ci dice subito Dargen – Quando lavoravo ai brani di questo disco, ho notato che c’era una tendenza nella scrittura a riferirmi molto ai legami familiari. E Ciao America per me rappresenta un capitolo importante della mia gioventù. All’epoca, soprattutto quando ero in vacanza in Sicilia, si parlava dei nostri parenti emigrati trattati con moltissimo rispetto da chi è rimasto qui. C’era l’occasione di leggere estratti delle loro lettere e quel momento, con una certa leggerezza e faciloneria, lo etichettavo come il momento Ciao America. Ma è anche la sintesi di ciò che faccio, musica italiana che si approfitta di alcuni stilemi musicali degli USA senza che lo stilema prevalga sulle scelte musicali. E poi mi sembrava riassuntivo di questo momento che il mondo sta vivendo, con il passaggio dello scettro da Occidente a Oriente».
Dargen D’Amico, Onda Alta e l’immobilismo italiano
Un album apparentemente molto politico, ma del resto Onda Alta affronta il tema non semplice dei migranti. «Nel 2023 sono arrivati 500mila migranti. – dice Dargen – Eppure la mia famiglia ha sempre raccontato l’immigrazione come parte imprescindibile della vita». E c’è anche una critica a quell’immobilismo che «caratterizza l’Italia da 30 anni. Dalla privatizzazione». Non è un caso, forse, che sulle musiche di Morricone – nella serata delle cover – Dargen canti il brano Modigliani, presentato (e rifiutato) a Sanremo nel 2015. «Modigliani parla di un migrante italiano che andava in Francia. – spiega Dargen – Il movimento fa parte di noi, nessuno geneticamente è nato qui. La legge del primo che arriva è una lettura istituzionale, ma io ho una lettura umana e credo nell’approccio diverso ai problemi. L’Italia ha bisogno di crescita e sviluppo e ogni occasione è buona per parlare del futuro di questo paese».
«Io sono di questo paese e non più giovanissimo. – continua il cantautore – Sono sensibile ai temi sul futuro e ai giovanissimi che non riesco a vedere come elementi territoriali. Oggi la questione è solo sulle forze economiche, gli equilibri si spostano e vedo che c’è una grandissima confusione perché non vogliamo considerare che i problemi sono globali. Bisogna allargare i seggi di chi può decidere insieme a noi sui problemi che ci riguardano. In proiezione sono problemi che riguarderanno i giovanissimi tra 40 anni. In Italia invece parliamo di questioni politiche per abitudine, senza previsione. Un paese come il nostro molto creativo e basato sulla risoluzione dei problemi che non risolve più problemi è la fotografia di un tramonto. Sono molto nazionalista e sono cresciuto convinto che si potessero fare cose su questo territorio, ma prendo atto dell’immobilismo e lo comunico».
Il secondo Sanremo di Dargen D’Amico
Onda Alta, le note di The Crisis e i testi di Modigliani e Dove si Balla «per raccontare più in profondità il tema». Concetti altissimi che riusciranno comunque a scatenare l’Ariston. «Non sono uno che crede molto ai limiti del mercato musicale italiano. – ci dice in questo Dargen – Le cose accadono e si avvicendano anche sensibilmente. Un paio di anni fa è iniziata questa ondata di riscoperta della musica italiana veicolata attraverso ritmiche non italiane. Una cosa che reputavamo impossibile in Italia, invece è successo. Ci sono limiti numerici, ma se posso andare io a Sanremo vuol dire che veramente tutti possono fare questo mestiere».