Per Francesca Michielin Sanremo 2025 ha il sapore di una ripartenza che si lascia alle spalle più di una ferita. La nostra intervista.
L’edizione 2025 del Festival di Sanremo vede il ritorno tra i Big di Francesca Michielin, in gara con il brano Fango in Paradiso. A nove anni dalla prima volta all’Ariston con Nessun grado di separazione che la portò all’Eurovision Song Contest, la giovane cantautrice calca nuovamente il palco musicale più osservato della tv italiana dopo la partecipazione nel 2021 in coppia con Fedez e nel 2022 nel ruolo di direttrice d’orchestra. E il 2025 promette di essere davvero speciale per Francesca che, alla vigilia della partenza per la kermesse, ha voluto celebrare i primi dieci anni de L’amore esiste pubblicandone la versione reloaded prodotta da okgiorgio.
Terza volta al festival, nove anni dopo il debutto su quel palco. Che Francesca vedremo?
All’epoca avevo 20 anni, quasi 21, e ora invece ne ho quasi 30 e li festeggerò con un momento speciale a cui stiamo ancora lavorando. Che Francesca troverete? Credo che sarò la Francesca che forse voglio finalmente essere. Quindi molto diretta, che se la gode, perché quel palco fa tanta ansia, però bisogna anche goderselo, perché è una gioia, un motivo di gratitudine. Sono molto grata di poter essere su quel palco e quindi voglio esprimere tutta questa gioia di vivere. Anche se poi il pezzo è un brano con cui un po’ di gente si deprimerà, tanta gente piangerà, tanta gente dirà ‘no’, però è comunque un brano energico. E quindi voglio trasmettere questa energia.
Ci racconti la canzone, Fango in Paradiso?
Nella sua forma è una ballad ma è piena di contrasti, in stile Taylor Swift – che per me rimane la ‘reference’ per eccellenza – e anche Harry Styles. Però il testo non è un testo da ballata sanremese, proprio per niente. Volevo giocare su questi contrasti, raccontando una storia che è finita e solo pochi giorni fa mi sono resa conto che è la canzone tecnicamente più difficile da cantare che abbia mai cantato. E credo che sia perché, dopo tutto quello che mi è successo nell’ultimo anno e mezzo, ho fatto un lavoro molto faticoso su me stessa, anzitutto a livello mentale per elaborare il trauma.
Ma ho dovuto lavorare molto anche sul mio corpo, che di base non sentivo più mio. Mi chiedevo quando sarebbe tornato come prima, se mai sarei tornata come prima. Quando avrei sentito di nuovo il mio diaframma sbloccarsi, quando sarei riuscita di nuovo a cantare… E questo è stato un momento di grande sofferenza.
Considerando proprio questa tua riscoperta del corpo, che significato ha per te tornare al Festival?
Questa partecipazione per me ha, ovviamente, un peso importante proprio per quello che hai appena detto. Cioè il fatto che arrivi dopo un momento di dolore, di accettazione e di integrazione con me stessa. Perché poi, quando si vive un disagio fisico, senti il tuo corpo che cambia e ti chiedi se tornerà come prima. È ovviamente un momento di grande difficoltà. Però questa canzone arriva proprio per lenire tutte le ferite e per sentirmi di nuovo forte. Spero che tante persone, che magari hanno vissuto una cosa simile alla mia, capiscano che alla fine il dolore passa e ce la possiamo fare.
Il brano, invece, quando è arrivato?
Era fine luglio e in quei giorni ricordo che non riuscivo neanche ad alzarmi dal letto da quanto stavo male. Ho scritto a Davide Simonetta, con cui mi ero trovata in studio a fare qualche esperimento nei giorni precedenti. Gli ho detto: “Vorrei scrivere una ballad strappalacrime, non so se ti va”. Ricordo di avergli mandato un giro di accordi da cui è poi nato tutto, in un paio d’ore, come un fiume in piena. Mi sono accorta che è la mia canzone più ‘fisica’: non ho risparmiato nulla a livello di fiato, di corpo, di braccia e di muscoli.
E se oggi canto in questo modo, forse è perché era l’inizio di una guarigione per me, da tutti i punti di vista. Portarla ora sul palco più adrenalinico mi commuove anche un po’. Mi sento fortunata a riprendere questo lungo percorso, non sentendomi inferiore a prima, ma sentendomi meglio di prima. Con questa canzone mi sento viva di nuovo. Tornare a fare musica dopo un periodo così difficile è una sensazione unica.
Se dovessi scegliere un verso manifesto, quale sarebbe?
Beh, proprio quando mi chiedo se c’è fango in paradiso, è il cuore della canzone. Il fatto è che a volte abbiamo bisogno di chiederci, e che qualcuno ci dica, che anche nelle relazioni perfette, che noi immaginiamo ideali, ci sono difetti, ci sono difficoltà. Non vogliamo vederli, e anzi, se ci sono delle difficoltà, pensiamo che la relazione non possa funzionare. Invece, una cosa che ho imparato è che il dolore si affronta, e si dovrebbe affrontare insieme. Quindi, anche nel paradiso può esserci un po’ di fango. Possiamo concederci questa imperfezione, questo disagio che esiste ovunque, anche lì.
Per quanto riguarda, l’arrangiamento invece come avete lavorato?
Sono una persona che si interroga molto su che tipo di artista voglia essere nello scenario musicale italiano. Non perché faccia chissà quali calcoli, ma perché ho sempre cercato, in tutti i miei dischi, di fare qualcosa di diverso, qualcosa di originale. Non per forza alternativo, ma qualcosa di nuovo, di innovativo. Questo brano potrebbe sembrare strano, proprio perché è classico. Però nella vita ho sperimentato tanto, ho fatto cose più elettroniche e sovrastrutturate. In questa canzone, avevo bisogno di tornare all’essenzialità, anche a livello di arrangiamento. È una canzone in cui suona tutta l’orchestra al massimo della dinamica. E credo che sarà un momento molto emozionante, a prescindere da tutto. Non so quale sarà la vita di Fango in Paradiso ma è sicuramente la canzone giusta per me, in questo momento.
La sporcatura di cui parli è anche nella copertina.
Sì, c’è l’edera che è l’elemento centrale. Tecnicamente dovrebbe essere edera vera, perché l’edera finta rappresenta un concetto importante di questa canzone. La vedo un po’ come quella superficialità che a volte le persone hanno. L’edera finta rappresenta chi non ha voglia di prendersi cura delle cose e di farle crescere. Poi, c’è questo cartello giallo che rappresenta quei famosi cartelli che si mettono sui pavimenti bagnati. È un modo per dire ‘attenzione, pavimento bagnato’, ma io l’ho sempre trovato un po’ inutile, perché tanto ci cammini sopra comunque. Quindi è proprio una commistione di vari concetti che caratterizzano il brano.
Nella serata cover, invece, hai scelto Rkomi anche lui in gara a Sanremo 2025.
Ho avuto il piacere di lavorare con Mirco a X Factor e da allora sognavamo di collaborare insieme, ma ci sono stati sempre degli ostacoli. Finalmente, adesso, abbiamo lavorato su questo progetto. E ne è uscita una nuova versione del brano New York, New York, che celebriamo con un omaggio a Ginger Rogers, uno dei più grandi miti di cui ricorrono i trent’anni dalla morte. Ho sempre amato il suo stile, da piccola avevo persino fatto in modo che mia madre mi confezionasse un vestito da ballerina che la richiamasse. Stiamo preparando una versione più moderna del brano, con il nostro tocco, ma sempre rispettando la sua memoria. E anche il look sarà un omaggio al suo stile.
Francesca, tornerai da Sanremo soddisfatta se…
Se avrò cantato il pezzo bene. E con ‘bene’ non intendo perfettamente, perché, appunto, deve esserci un po’ di Fango in Paradiso. Ma se sarò riuscita a vivermela, cosa che sembra strano, ma penso di meritarmi proprio di godermi quel momento sul palco, dopo tanto tempo. Quindi, voglio tornare soddisfatta se mi sarò goduta al 100% questo momento.
Foto di Alessandro Treves da Ufficio Stampa