Tra gli artisti che in questo 2024 tornano al Festival di Sanremo c’è anche Irama che all’Ariston ha sempre portato brani capaci di distinguersi per intensità emotiva e scrittura personale. Dopo la primissima partecipazione tra i Giovani, Filippo Maria Fanti ha calcato il palco dell’Ariston nel 2019 con La ragazza con il cuore di latta, nel 2021 con La genesi del tuo colore e ancora nel 2022 con Ovunque Sarai. Questa volta tocca a Tu no (Warner Music Italy), ballad in cui pianoforte, orchestra e voce si supportano a vicenda per raccontare un bisogno che si fa grido.
Al centro un’assenza che lacera e che, verso dopo verso, rivela la necessità di un presenza a cui Irama affida il suono del silenzio squarciato dalla voce. Un’impresa che l’artista tenta di compiere sia nella struttura metaforica e sinestetica del testo sia nella stessa modalità di canto che spinge ed esalta le sue doti canore e interpretative.
Che cosa ti ha convinto a tornare al festival proprio con Tu no?
È stata la mia unica scelta. Quando anche in passato ho avuto la possibilità di partecipare a Sanremo, ho sempre presentato una sola canzone a cui tengo in maniera particolare. Tu no, per altro, è la prima che ho fatto nel nuovo anno e rappresenta assolutamente una parte delle sonorità del nuovo disco con un po’ di soul e country. L’ho subito immaginata bene su quel palco. A livello tecnico è una canzone che ha molte dinamiche, parte molto bassa e poi si alza. Non è costante e ha dei picchi sempre diversi. Ma io amo le sfide e, come dicevo, anche a livello emotivo Tu no mi fa aprire molto. Non è mai del tutto facile scavarsi dentro ma è il mio lavoro. Se con Ovunque sarai è stata dura, questa lo sarà altrettanto.
In un anno con molti pezzi up-tempo, scegli una ballad.
Tu no è un brano molto diretto, che sputa in faccia il senso di distanza e di mancanza. Spero che questo arrivi al pubblico. È una canzone dinamicamente molto diversa rispetti ai miei brani precedenti proprio perché in questo album in generale sto cercando di mantenere un’organicità di suono. Vorrei che ci fosse lo spazio per le parole e per la musica suonata, con suoni meno artefatti. Con l’orchestra, ovviamente, cambierà leggermente live ma non mi piace snaturare troppo un pezzo. Poi in futuro sono sicuro che ne nasceranno arrangiamenti diversi. A Sanremo mi interessa riuscire a raccontare la canzone e sto cercando di studiare per prepararmi al meglio proprio perché anche a livello emotivo è impegnativa.
Come sarà, allora, l’album in arrivo?
Ci sto lavorando tanto. Ogni disco per me è un nuovo inizio e ogni canzone è un pezzo di un puzzle nel percorso dell’artista. Quindi mi piace sempre affrontarlo come una sfida nuovo e stimolante. È sempre nuova avventura e alza l’asticella sia personale sia a livello professionale per raccontare nuove sfumature. Il progetto è nato in varie città e qualcosa in America, ma la Puglia sta diventando l’ombelico del mondo. Ci vado spesso e mi aiuta ad allontanarmi da una realtà più artefatto. Credo molto nelle energie e mi piace pensare che nei posti in cui l’uomo ha fatto la storia ci sia una forza umana diversa. L’uomo ha perso il rapporto con la natura, in passato riusciva anche a capire quando sarebbe piovuto mentre oggi dobbiamo guardare le del meteo. Quando sono in Puglia è come se ritrovassi quella connessione e mi aiuta a portare fuori le emozioni.
Sta cambiando, quindi, il tuo approccio al fare musica?
In questo nuovo lavoro sto cercando di essere molto presente e vicino, per ottenere una produzione organica e sto puntando a una presenza maggiore dell’orchestra. Ho cercato di disegnare tutte le linee melodiche. Il suono ha sempre fatto parte di me e in questo album, anche dal punto di vista della produzione e degli arrangiamenti, sarà fondamentale per il racconto. In generale, ci sono mille modi di fare musica e l’ispirazione può arrivare dalla cronaca o dall’esperienza personale. Io tendenzialmente cerco di raccontare in maniera onesta e senza filtri quello che ho provato.
In Tu no, per esempio, racconto molto di me a livello personale però quello che mi interessa trasmettere è soprattutto il senso di mancanza che ho vissuto e ho cercato di raccontare in maniera schietta. Poi resto sempre dell’idea che le canzoni non vadano raccontate troppo e mi piace che le persone si riconoscano con il proprio vissuto.
Il cambiamento, del resto, non ti ha mai spaventato o sbaglio?
Ho sempre cercato di cambiare e credo, anzi, che la metamorfosi sia naturale in un artista. Per me è ciò che lo rende interessante, penso a Prince per esempio. All’inizio per me è stato un po’ difficile, dopo una grande hit (anche se non amo questa espressione) leggera, farmi conoscere con canzoni più profonde. Ma quando brani più intensi sono diventati hit, si sono spezzate le catene. Penso che se un artista è sincero e racconta davvero quello che sente, come succede nella vita, può raccontare più cose. Ci sono leggerezza e profondità. Io ho sempre cercato di raccontare la musica per quello che era, cercando di renderla sempre in maniera autentica.
Nella serata dedicata alle cover sarai affiancato da un artista del calibro di Riccardo Cocciante con cui duetterai in Quando finisce un amore. Come mai questa scelta?
È un onore poter cantare con Cocciante, la sua presenza non è per nulla scontata. Sono contento che abbia accolto il mio invito: so che sarà bellissimo ma difficile perché è una sfida essere accanto a un tale gigante. Di certo sarà un momento che ricorderò per sempre. Quando finisce un amore è un’altalena di emozioni che condivideremo in maniera fluida e rispettosa. Sentendo il brano ho capito che è quello che avevo da raccontare e mi sembrava giusto coinvolgere il maestro dell’emozione. Era perfetto poter gridare musicalmente insieme a lui.
Quest’anno siete in trenta all’Ariston: hai aspettative particolari?
Sì, ci sono tanti artisti che sono amici fra l’altro, tanti che mi piacciono e altrettanti che non conosco proprio. Sono curioso di vedere che cosa canteranno. Dalle mie partecipazioni precedenti, se c’è una cosa che ho imparato è che Sanremo è sempre imprevedibile. Bisogna cerca di seguire questo gigantesco percorso e concentrarsi sulla canzone.
E se ripensi al tuo primo festival nei Giovani, cosa ricordi?
Ho un ricordo nitido, chiarissimo. Fui eliminato nel confronto a due con Ermal Meta. Ci rimasi male perché quando sacrifichi tutto è difficile accettare una sconfitta. E allora, lo ricordo come fosse ieri, uscii sul balcone e mi ripromisi che un giorno sarei tornato su quel palco per raccontare la mia musica tra i big. Non sempre le cose vanno come vorresti ma se lavori coi piedi per terra prima o poi le cose arrivano. E io ho ancora le maniche rimboccate.
Dopo Sanremo, il nuovo album e poi?
Ci sarà un tour, e ci stiamo già lavorando. Il live è quello che ancora oggi mi stimola di più in assoluto e sono contento che in questo periodo sia tornata più forte di prima. La gente ha voglia di sentir cantare e suonare, mi piacerebbe continuate coi palazzetti e sarà un’evoluzione de Il giorno in cui ho smesso di pensare. E prima ancora sarò sul palco di un evento speciale (15 maggio, all’Arena di Verona; ndr) che racchiuderà la mia carriera. Non vedo l’ora.
I biglietti per il concerto evento a Verona sono in vendita online su Vivo Concerti da venerdì 2 febbraio alle 15 e nei punti vendita autorizzati da giovedì 7 febbraio alle 15.
Foto da Ufficio Stampa