Genovese classe 2001, Olly ha staccato il suo biglietto per il palco dell’Ariston con il brano L’Anima Balla ed è pronto per Sanremo 2023. Nato nell’alveo del rap di cui conserva metodo e approccio, il giovane artista si muove unendo melodia, elettronica, pop e cantautorato con una personalità che vuole lasciare il segno. E con Polvere si pone un obiettivo chiaro: far ballare il teatro della canzone italiana come del resto è evidente nella scelta della cover. Nella serata di venerdì 10 febbraio, Olly duetta con Lorella Cuccarini sulle note dell’iconica La notte vola.
Da L’Anima Balla a Polvere: raccontami questo tratto di strada che ti porta al festival.
Sono state settimane piene. C’è poco tempo per pensare, c’è tanto tempo da utilizzare nelle cose proprio propedeutiche a Sanremo. Io vedo tutti gli step come step giusti, nel senso che L’Anima Balla è stato giusto per Sanremo Giovani e mi auguro che Polvere sia lo step giusto per Sanremo. Come dico spesso, non sto andando a proporre il brano sto andando a propormi io, quindi ci sarà tutto un mondo da vedere attorno al brano. A partire dall’esibizione fino alla musica che uscirà durante la settimana perché uscirà il repack dell’EP (‘Gira, il mondo gira’ esce il 10 febbraio, ndr) con altri brani.
Rispetto, quindi, alle altre tracce del disco, perché hai scelto Polvere? Ti rappresenta più degli altri?
No, devo essere onesto. Tutti i brani dell’EP mi rappresentano in modo uguale, sono sfaccettature della stessa cosa, della stessa persona e dello stesso personaggio in qualche modo. L’ho scelto perché dovevo proporre due brani per passare da Sanremo Giovani e questi due pezzi mi sembravano adatti per riuscire a essere diverso da quello che già c’è. Nel mio progetto ci sono brani in chiave più cantautorale che sarebbero arrivati in mezzo ad altri della stessa matrice, quindi non sarei riuscito a far capire realmente qual è la mia direzione in toto.
“Per la mia esperienza, quando scrivi le canzoni è difficile che hai in mente a cosa ti sta riferendo”, rivela Olly a proposito della fase creativa. “Di solito arriva dopo, soprattutto se hai una memoria fotografica come la mia. Le cose ti rimangono dentro e prima o poi escono nella loro forma”.
Aspettative, dunque?
Mi aspetto che Polvere, come è stato con L’Anima Balla, sia un pezzo un po’ più di rottura perché un po’ fuori dal contesto, in qualche modo strani. E questa cosa mi fa felicissimo perché vuol dire che stiamo andando a portare qualcosa di nuovo che spero venga compreso. Anche se non fosse così, è comunque un qualcosa di positivo. Vorrei almeno fosse uno spunto di conversazione e di dialogo: vuol dire che stiamo lasciando un segno. Non considero la classifica, quella non mi interessa ma sono curioso di sapere in che modo vengono ascoltati i brani. Per noi che facciamo musica parlare di livello è difficile. Non mi metterei mai sullo stesso livello di un Mengoni o di una Giorgia. Io non la vedo neanche come una sfida e se dovessi arrivare ultimo direi che ha pure portato fortuna negli ultimi anni, quindi quasi lo spero! La certezza è che non voglio rimanere indifferente a nessuno, cioè o ti piaccio tanto o proprio mi detesti. Io voglio raggiungere questo.
Entrando nel merito del testo, la polvere di cui parli è ben altro dal materiale inerte di cui si vuole solo sbarazzare. Diventa anzi una sorta di opportunità… è così?
La scrittura è uno di quei pochi momenti nella mia vita in cui non penso, nel senso che mi lascio andare. Sono felice che tu abbia capito in pieno che cosa volevo trasmettere. Non vedo la polvere come un peso ma come un filtro con cui guardare le cose. Nel mio caso, è ciò che mi rende quello che sono quindi il claim del brano non è assolutamente levare la polvere o dire che su di me c’è solo polvere in un modo triste. Quel ‘ma’ avversativo, quando dico ma su di me solo polvere potrebbe sembrare che sia qualcosa di pesante, che mi dà fastidio. Però con la produzione che c’è sotto e il sorriso con cui lo dirò sul palco si capirà che è la mia condizione e io ci sguazzo dentro. Questo è un po’ l’obiettivo che voglio trasmettere. Poi, come dico sempre, la musica non va raccontata ma ascoltata e va preso quello che si vuole prendere. Ognuno prenderà quello che vuole.
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In un passaggio del testo dici davo peso alle parole, poi mi sono accorto che mi coprivano dal sole: quali erano queste parole?
È il giudizio degli altri, degli altri esseri umani che hanno poca voglia di andare fino in fondo. Sono sempre stato, e lo sono in qualche modo tutt’ora, una persona che dà peso a quello che dicono gli altri. Mi sono accorto che più in là mi coprivano dal sole, come il nuvolone della prima strofa, mentre più in là il sole c’è… Quindi queste parole sono da prendere per quello che sono e non dare loro troppo peso. Ovviamente io do peso alla parola ma quando la parola è mia o comunque è costruttiva gli do il giusto peso. Invece, se sono parole buttate a caso solo per far male, non voglio più che siano parte della mia vita e sto imparando a farlo. Ecco, questa occasione di Sanremo è sicuramente un’opportunità per crescere da questo punto di vista.
“Per me, che sono sempre stato uno molto severo con me stesso, è un modo per crescere e lo voglio sfruttare in questo modo. Non vedo Sanremo come un obiettivo, lo vedo come un passaggio, una fermata di metro in una direzione in cui non sono mai stato. Vediamo dove mi porterà”.
Che rapporto hai con Genova e quanto è stata ed è importante nel tuo processo creativo?
A livello artistico devo tutto a Genova. Ovviamente a Milano le cose vanno più veloci, il mondo gira molto più velocemente quindi Genova resta il posto in cui voglio tornare e in cui voglio costruire nel momento in cui avrò qualcosa da dare. Se scrivo nel modo in cui scrivo e compongo nel modo in cui compongo è sicuramente grazie a Genova.
E l’incontro con l’orchestra come è andato?
Fighissimo. Facevo parte di un’orchestra quando ero piccolo, al conservatorio, e quindi era un ricordo lontano. Tra l’altro ho incontrato una ragazza che studiava con me e farà parte dei fiati. Mischiare la mia musica a quel tipo di orchestrazione e di accompagnamento è particolare, è strano. È un contrasto forte e, non a caso, contrasto è la parola chiave dei miei progetti anche a livello di comunicazione e immagine. Deve esserci sempre contrasto, quindi non vedo nulla di più giusto. Poi ci sarà il ritornello di cassa dritta in cui saranno tutti fermi e questa cosa sarà assurda. Voglio andare a fare quello che non ti aspetti.
Rispetto al cast, c’è qualche artista che fa parte dei tuoi ascolti o che ti incuriosisce conoscere? Chi sono i tuoi riferimenti musicali?
Ce ne sono tanti, io vengo da rap come ascolto e anche come matrice di scrittura solo dopo è subentrato il cantautorato. Quindi non sono uno di quei genovesi cresciuti troppo a pane e cantautorato. I miei mi hanno sempre fatto fare esperienze di vario tipo, dal conservatorio al primo iPod con i Black Eyed Peas dentro. Quindi c’è un po’ di tutto e questo mi permette di divertirmi in studio e di fare quello che voglio con la musica senza darmi troppe regole. Io, poi, tendo a non ispirarmi troppo ad altri quanto più a cose nella vita quotidiana, le cose semplici che non si considerano. Tipo uno scatolone su uno scaffale mi ha fatto scrivere Polvere quindi puoi capire benissimo di cosa sto parlando.
E dopo Sanremo?
Ci sarà il tour! Abbiamo già un bel sold out ai Magazzini Generali di Milano (6 aprile) per cui abbiamo aggiunto una doppia data (5 aprile). E poi abbiamo una data a Roma (16 aprile, Largo Venue). In più sto facendo in modo che si trovi un posto dove suonare a Genova il prima possibile, perché ne ho proprio la necessità.
Foto di Mattia Guolo da Ufficio Stampa W4Y