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È un nuovo inizio per Ermal Meta questa 66esima edizione del Festival di Sanremo. Il cantautore – autore di brani celeberrimi per grandi interpreti (da Marco Mengoni a Francesco Renga) e frontman de La fame di Camilla, con cui ha pubblicato tre album sbarcando nel 2010 anche sul palco dell’Ariston – non fa tuttavia del suo bagaglio un vanto: quando gli faccio ironicamente intendere che è bizzarro vedere il suo nome tra le Nuove Proposte, mette le mani avanti: “Sono comunque una nuova proposta” precisa infatti sorridendo, e poi aggiunge che si tratta dell’inizio “di un nuovo percorso”, con tanto di album a corredo.

“Questo nuovo percorso volevamo iniziarlo bene ovviamente, con un po’ di risonanza in più. – aggiunge Ermal – Sanremo è un palco importante e siamo spinti anche dal fatto che Carlo Conti è uno molto attento ai giovani. Già il fatto di farli suonare in apertura e non in chiusura è stato uno stimolo in più”. Quindi “grazie Carlo”, dichiara il cantautore, che sulla competizione non si fa troppe paranoie, affrontando il palco con un “come va, va”. La speranza è chiaramente che tutto vada il meglio e il destino è nelle mani (si fa per dire) del brano Odio le favole. “Sanremo è una passerella, devi avere degli abiti comodi. – mi spiega Ermal quando gli chiedo come mai ha scelto proprio questa canzone tra le tante scritte – Quando hai a che fare con un mostro sacro come il Festival, la canzone è ciò su cui devi puntare. Qualcuno diceva ‘Non si può andare in scena con le scarpe scomode’. Io però penso che oltre alle scarpe comode, devi avere anche una canzone comoda”.

Ermal Meta, il nuovo album

Il vero banco di prova sarà però l’album, che uscirà proprio nel corso della settimana sanremese e che sarà “eterogeneo”: “C’è una fortissima componente cantautorale che mi appartiene. – prova a spiegarci – Nel contempo però ho cambiato alcuni dettagli a livello di suono, è un album molto energico con momenti di sospensione aerea molto dilatati. Ha una paletta di colori molto ampia, c’è tutta la gamma sonora possibile, dalle chitarre ai fiati, con un utilizzo dell’elettronica predominante. Il disco l’ho scritto, prodotto, arrangiato e in gran parte suonato, è importante che chi ascolterà l’album sappia che è esattamente ciò che volevo, senza intermediari. Dal produttore al consumatore, come quando compri i pomodori bio in campagna (ride, ndr). Ecco, questo album l’ho coltivato”.