Il parere di un giovanissimo talento musicale sul recente Festival di Sanremo 2020: un evento che ha saputo coinvolgere gli italiani marginalizzando, tuttavia, la competizione tra i cantanti, alcuni dei quali decisamente interessanti, come Levante e i ‘Pinguini bergamaschi’
Iulia Greco è una cantante e una modella. Molto dotata sin da bambina, ha vinto il ‘Funny Festival’ nel 2014 ed è giunta seconda al concorso nazionale ‘Tuscia’s foto Talent’. Ha inoltre all’attivo partecipazioni in spettacoli di moda e musica molto impegnativi come ‘Art is movement’, di Bici&Baci. Nel 2015 ha aperto la prima edizione di ‘Dedicato’, un evento contro la violenza sulle donne con la regia di Franco Miseria e la partecipazione di numerosi artisti e ospiti di primo piano, fra cui Renato Balestra, Anna Tatangelo, Barbara De Rossi e altri. Crescendo, si è trasformata in una cantautrice vera e propria, cominciando a ‘masticare’ una versatilità artistica molto interessante, che la sta via via trasformando in una vera e propria esperta musicale, seppur ancora molto giovane. In pratica, ha saputo mettersi a ‘studiare’, riascoltando e rianalizzando, anche criticamente, il percorso dei cantautori italiani del passato, comprendendo più profondamente la loro ricerca verso ‘orizzonti più pensosi’. Ecco perché abbiamo voluto consultarla intorno al recentissimo Festival di Sanremo 2020: un evento che, a parere di molti, ha avuto un buon esito nel suo complesso, ma ha un poco marginalizzato la ‘gara canora’ vera e propria, la quale dovrebbe vivere un più sano senso della competizione tra i vari artisti e i loro brani in concorso.
Iulia Greco, ma a te è piaciuto il Festival di Sanremo 2020?
“Come ogni anno, il festival di Sanremo ha scatenato varie critiche. D’altronde, la critica è alla base del business musicale. Guardandola dalla parte commerciale e socioculturale, è stato un buon festival”.
La coppia Amadeus-Fiorello ha funzionato? Tu che ne dici?
“Io adoro Fiorello: lo trovo un grande professionista e un vero showman. Amadeus, sono sincera, non lo seguo molto, ma penso che, senza una ‘spalla’ come l’amico Rosario, non avrebbe reso altrettanto bene”.
I monologhi delle co-conduttrici: quale ti è piaciuto? E quale, invece, no?
“Ho adorato il monologo di Rula Jebreal: ha trattato un tema delicato e importante in maniera sincera ed emozionante. Mi sono emozionata insieme a lei, mentre ripercorreva la tragedia della madre e di migliaia di donne ogni giorno nel mondo. Non ho gradito molto il discorso della ‘bellissima’, Diletta Leotta. L’ho trovata superficiale, narcisista, costruita e anche un po’ ridicola nel dare lezioni di ‘bellezza naturale’…”.
La spettacolarizzazione dell’evento ha marginalizzato le canzoni?
“Purtroppo, viviamo un periodo quasi totalmente ‘avvinghiato’ al ‘trash’. Sanremo, in qualche modo, ci riporta indietro alla nostra cultura nazionalpopolare, ma deve anche mantenersi al passo con i tempi. Alcuni ‘stacchi’ sono stati troppo lunghi e ‘forzati’. Anche se, tutto sommato, il susseguirsi dei vari interventi ha reso il tutto molto scorrevole. Purtroppo, quel che rimane è solo la ‘bufera’ e non la musica: su questo, sono d’accordo”.
La polemica Morgan-Bugo: cosa ne pensi? E cosa hai pensato, la sera della loro squalifica? Se lo meritavano?
“Ovviamente si: hanno meritato la squalifica. Ma fondamentalmente era anche ciò che cercavano, altrimenti sarebbero passati inosservati. Morgan, in varie interviste ha dichiarato di aver reso Bugo famoso, ma io penso che questa vicenda abbia giovato a entrambi, rendendoli in qualche modo protagonisti distogliendo, per l’ennesima volta, l’attenzione da quello che doveva essere il vero obiettivo: la musica italiana”.
Lamentarsi per la scarsa qualità professionale di alcuni cantanti o protagonisti è un mero esercizio retorico? Siamo noi a essere ipercritici?
“Più si va avanti, più le qualità canore dei cantati declinano, poiché il mercato discografico attuale non le richiede obbligatoriamente: a nessuno importa come canti, ma quanto vendi. È giusto essere ipercritici, altrimenti ci ritroveremo, nel tempo, con il palco di Sanremo strapieno di ‘anticaglie’ e burattini ‘lobotomizzati’…”.
La canzone più bella? E quella che proprio non si poteva sentire?
“Anche se, al primo impatto, l’avevo trovata un po’ ‘retrò’, ascoltandola meglio mi sono innamorata della canzone di Diodato. Tifavo per lui e sono felice che abbia vinto, poiché è uno dei pochi che ha cantato veramente, interpretando il brano in maniera emozionante: ero certa che, in finale, sarebbero arrivati lui e Gabbani. I ‘pezzi’ che proprio non si potevano sentire erano svariati. Per esempio, la canzone di Riki l’ho trovata insensata, tanto quanto lui”.
Un giudizio su Achille Lauro: è il nuovo Bowie italiano? “Paragonare Achille Lauro a Bowie è blasfemia. Ho apprezzato lo show che ha portato in scena, ma ha completamente distolto l’attenzione dalla canzone. E le sue qualità vocali sono alquanto scarse. Mi è piaciuto molto nella serata delle ‘cover’, durante la quale, anche grazie alle qualità vocali di Annalisa, ha saputo rendere giustizia alla nostra carissima Mimì”.
A noi sono piaciuti solo Levante e i Pinguini bergamaschi: cosa ne pensi? Sono giudizi da amanti del genere ‘easy listening’?
“Io adoro Levante: la seguo sin dai suoi primi passi nel mondo della musica. E mi è piaciuta molto la sua canzone: era tra mie preferite e lei è una vera interprete. I ‘Pinguini tattici nucleari’ non rispecchiano il mio gusto personale, ma ne riconosco le qualità. Inoltre, hanno saputo comunicare grande entusiasmo. Vediamo, in futuro, come si evolveranno…”.